🧧 LE MALETESTE 🧧
31 dic 2024
A Jenin si consuma la rottura tra palestinesi e Autorità Nazionale. Da due settimane la polizia di Abu Mazen compie raid in città, in stile Israele, per indebolire i gruppi armati - ELIANA RIVA e MICHELE GIORGIO
di Eliana Riva
31 dicembre 2024
Decine di giornalisti, uomini e donne, alcuni giovanissimi, hanno partecipato a Jenin, nella Cisgiordania occupata, ai funerali di Shatha al-Sabbagh, la reporter palestinese di 21 anni uccisa nella tarda serata di sabato da un colpo di pistola alla testa. Il corteo funebre ha seguito il corpo della giovane, coperto dal giubbotto antiproiettile con la scritta Press.
SHATAH È LA SESTA palestinese di Jenin a essere stata uccisa dall’inizio di dicembre, quando le forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) hanno lanciato l’operazione «Proteggi la patria». Lo scopo dichiarato è «riportare l’ordine» nella città della Cisgiordania dove la resistenza armata palestinese è più organizzata.
Il bersaglio principale sono i combattenti della Brigata Jenin, legati al Jihad islami. Lo stesso dei militari israeliani, che hanno effettuato nell’ultimo anno decine di incursioni con centinaia di mezzi, droni e uomini armati, distruggendo strade e infrastrutture. Dal 7 ottobre 2023 sono più di 63 le persone uccise a Jenin dall’esercito su un totale di 729 nell’intera Cisgiordania.
Certi espedienti usati dalle forze di sicurezza dell’Anp di Mahmoud Abbas riprendono le tecniche di accerchiamento e raid di Tel Aviv. L’Anp ha circondato il campo profughi, interrompendo la fornitura di acqua e di elettricità, in un assedio collettivo che ha colpito tutti i residenti. Gli scontri con i combattenti sono andati avanti per giorni, anche se a intermittenza: cinque membri dei servizi di sicurezza sono stati uccisi, uno dei quali sarebbe stato bruciato vivo dal lancio di bombe molotov.
L’89enne Mahmoud Abbas, presidente palestinese dal 2005 e leader del partito Fatah che controlla l’Autorità nazionale, sarebbe inamovibile sulla necessità di imporre l’autorità delle proprie forze di sicurezza e sottometterne la resistenza armata.
FORSE È QUESTA l’Anp «efficiente e rivitalizzata» che chiedevano gli Stati Uniti programmando un nuovo, seppur vecchio, interlocutore palestinese da coinvolgere nel governo del dopoguerra a Gaza.
E non sono poche le analisi che leggono nelle tempistiche e nei toni dell’operazione di Jenin il tentativo di Abu Mazen di dimostrarsi ancora capace di governare la Cisgiordania con le regole di sicurezza dettate da Tel Aviv e Washington, superstiti, insieme a poco altro, degli Accordi di Oslo. E di dimostrarlo ora, prima della nomina ufficiale di Trump alla Casa bianca che avverrà il 20 gennaio.
Ma la collaborazione con Israele nonostante i 45mila morti di Gaza e le confische senza precedenti di terra palestinese in Cisgiordania, attirano sull’Anp, già a corto di consensi e simpatie, ulteriori e selvagge critiche. I video che mostrano gli abusi perpetrati dalle forze di sicurezza ai danni degli oppositori politici fanno il giro dei social.
Un filmato mostra un giovane con le mani legate gettato in un bidone della spazzatura e poi picchiato. Un altro riprende due uomini bendati e ammanettati, con la faccia rivolta verso il muro, costretti a giurare fedeltà al presidente Abu Mazen.
Il portavoce dei servizi di sicurezza, Anwar Rajab, ha dichiarato che indagherà su eventuali comportamenti scorretti da parte del proprio personale, ma le segnalazioni si moltiplicano. Ieri alcuni paramedici della Mezzaluna rossa palestinese hanno raccontato ai giornalisti di un’aggressione da parte dagli uomini dell’Anp che li hanno accusati di essere «mercenari iraniani».
NONOSTANTE lo stesso Rajab abbia negato il coinvolgimento dei suoi uomini nell’omicidio della giovane giornalista Shatha al-Sabbagh, scaricando le responsabilità sui combattenti da lui definiti «fuorilegge», la famiglia non ha dubbi su ciò che è accaduto. Il cognato di Shatha ha raccontato che la ragazza era per strada insieme a sua madre e ai suoi nipotini di uno e tre anni quando è stata colpita intenzionalmente e senza alcuna ragione evidente.
L’area, affermano i familiari e i testimoni, era sotto il controllo delle forze di sicurezza dell’Autorità nazionale, che sostavano proprio in un edificio vicino la casa della reporter. Shatha avrebbe avuto, inoltre, uno scambio acceso con alcuni membri della sicurezza che pretendevano che non filmasse gli striscioni dedicati ai combattenti di Jenin uccisi da Israele. Tra domenica e lunedì uno sciopero generale ha tenuto chiusi i negozi della città ma le operazioni delle forze di sicurezza non si fermano.
di Michele Giorgio
21 dicembre 2024
Si chiama «Wefaq» ed è l’iniziativa che esponenti della società civile, sindacalisti, attivisti di tutta la Cisgiordania hanno lanciato per tentare di porre fine a quella che chiamano «la crisi di Jenin» e ristabilire l’unità nazionale palestinese.
Pochi però credono che riusciranno a convincere i comandi delle forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) di Abu Mazen a cessare l’operazione «Proteggere la patria» lanciata all’inizio del mese «per riportare legge e ordine ed eliminare il caos a Jenin e nel suo campo profughi», che ha nel mirino in particolare la Brigata Jenin braccio armato locale del Jihad islami.
«I POLIZIOTTI (dell’Anp) non esitano ad aprire il fuoco e lanciano gas lacrimogeni. Un comandante della Brigata Jenin è stato ucciso e tra i feriti c’è un bambino, colpito da un proiettile alla testa, per fortuna di striscio – dice Malek Jabriyeh, un reporter – È il proseguimento dell’offensiva lanciata da Israele la scorsa estate contro Jenin (Campi estivi, ndr), l’unica differenza è che la polizia dell’Anp non possiede, quindi non può usare, i bulldozer come avevano fatto gli israeliani, per il resto è lo stesso». Altri parlano anche di due civili uccisi.
La popolazione del campo profughi di Jenin – uno dei simboli della resistenza palestinese all’occupazione e teatro di incursioni distruttive dell’esercito dello Stato ebraico che hanno ucciso decine di combattenti e numerosi civili negli ultimi anni – continua le proteste contro l’Anp con manifestazioni non solo di giovani. Da giorni viene attuato uno sciopero generale, revocato per alcune ore mercoledì e giovedì per permettere alla popolazione di rifornirsi di cibo. I poliziotti agli ordini di Abu Mazen però non si ritirano, restano in assetto antisommossa e a bordo di veicoli blindati.
«Hanno allestito posti di blocco attorno alla città e all’esterno del campo profughi e lanciano raid alla ricerca dei nostri combattenti. Si comportano come jawasis (collaborazionisti)», protesta Tareq del quartiere di Jabriyat, uno dei più presi di mira dall’esercito israeliano e ora dall’Anp. Con la Brigata Jenin è schierata la maggior parte della città, solo pochi difendono l’azione dell’Anp perché, affermano, «la militanza armata attira le rappresaglie israeliane».
Danno il loro appoggio anche altre formazioni palestinesi come Hamas e Fronte popolare. Proteste, con scontri tra poliziotti dell’Anp e giovani, sono avvenuti anche in altre città della Cisgiordania, tra cui Tubas e Tulkarem.
(...) Per l’analista Hani al Masri, la tempistica dell’operazione segnala che l’Anp «vuole dimostrare di avere il controllo della situazione mentre cerca di mantenere il suo ruolo in Cisgiordania, preparandosi nel contempo a un possibile ruolo futuro a Gaza». Altri analisti sottolineano come l’attacco sia seguito al cessate il fuoco in Libano, alla caduta di Bashar Assad in Siria e all’elezione di Donald Trump negli Stati uniti.
«L’Anp, che soffre da anni di una profonda crisi di consenso interno, guarda al ritorno di Trump alla Casa bianca e intende smentire l’accusa israeliana di non avere il controllo delle aree della Cisgiordania sotto il suo controllo», spiega Ghassan al Khatib, docente di scienze politiche all’Università Bir Zeit.
AD ALIMENTARE l’accusa di tanti palestinesi ad Abu Mazen di aver ristabilito pienamente la cooperazione con i servizi segreti di Tel Aviv nonostante la distruzione di Gaza da parte di Israele e l’uccisione oltre 45mila palestinesi, è stata anche la notizia che l’esercito occupante – su pressione dell’amministrazione Biden – aumenterà la collaborazione con le forze di sicurezza palestinesi alle quali potrebbe trasferire equipaggiamento militare. Un passo che ha provocato lo «sdegno» della parte più estrema del governo di destra di Benyamin Netanyahu che considera l’Anp una «organizzazione terroristica».
Da parte loro le formazioni militanti palestinesi avvertono che non si lasceranno disarmare. «Gli attacchi (dell’Anp) al campo di Jenin non hanno giustificazione, lo stiamo difendendo dal nemico israeliano», dice il vicecomandante del Jihad islami, Mohammed al Hindi. Un leader di Hamas, Mahmoud Mardawi, ripete: «Le operazioni di resistenza in Cisgiordania non si fermeranno».
Fonte: ilmanifesto.it - 21 e 31 dic. 2024
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