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THE MILKY WAY, il docufilm (2020) - 4 Video Trailer




LOGLINE

Sulle Alpi tra Italia e Francia ogni giorno decine di persone provano a superare una linea immaginaria chiamata confine. In mezzo alla neve, tra piste da sci e turismo, il racconto di una storia dove nessuno si salva da solo.

 




SINOSSI

Le Alpi occidentali tra Italia e Francia sono state nel corso dei secoli una frontiera naturale, così come un luogo di passaggio e incontro. I suoi colli costituiscono terra di connessione, mediazione tra popoli e culture differenti. La storia più recente ci racconta come negli ultimi 200 anni siano stati gli italiani ad attraversare clandestinamente il confine per andare a cercare lavoro in Francia, mentre oggi è diventata una rotta utilizzata anche dai migranti di origine africana.

 

Le recenti politiche di chiusura dei confini interni europei hanno spinto le persone migranti alla ricerca di strade meno battute per lasciare l’Italia e proseguire il viaggio oltre il confine con la Francia, spingendoli a passare tra i sentieri di alta montagna come quelli che costeggiano gli impianti del comprensorio sciistico “La via lattea”,  proprio sul confine tra Claviere (IT) e Monginevro (FR). Durante il giorno le piste da sci sono luogo di divertimento, sport e svago; di notte, si trasformano in un teatro di paura, pericolo e violazione dei diritti umani: i migranti, poco preparati e mal equipaggiati, imboccano i sentieri sfidando il buio, il freddo e i controlli delle autorità francesi, rischiando la vita.

 

The Milky Way è un film corale che, attraverso il racconto di attivisti, degli abitanti delle montagne, la ricostruzione storica in graphic novel animata dell’emigrazione italiana degli anni ’50, le storie dei migranti messi al sicuro dai solidali sui due lati del confine, getta luce sull’umanità che riaffiora quando il pericolo imminente riattiva la solidarietà, con la convinzione che nessuno si possa lasciare indietro, nessuno si salva da solo.

 




IL CONTESTO

Quello alpino è da sempre un sistema che invia migranti sui due versanti delle montagne. Se negli ultimi 200 anni sono stati gli italiani ad attraversare clandestinamente il confine per venire a cercare lavoro in Francia, negli ultimi decenni lo hanno fatto anche i profughi durante la guerra dei balcani ed ora, almeno dal 2015, è una rotta utilizzata anche dai migranti di origine africana. La “nuova” rotta alpina dei migranti, di nuovo non ha nulla. Quasi 70 anni fa la chiamavamo “della speranza”, ora non più. La chiusura dei confini interni europei, in particolare quello tra Ventimiglia e Mentone avvenuto nel 2015, ha portato i migranti alla ricerca di rotte meno battute.

 

Di fatto il passaggio non è mai stato bloccato, bensì reso solo più difficile, pericoloso e costoso. Questa situazione ha portato prima centinaia, poi migliaia di persone, ha decidere di tentare di oltrepassare il confine attraverso i valichi alpini, con tutto quello che comporta in termini di pericolo per le vite delle persone. Ci eravamo abituati ad andare in Francia senza controlli. Oggi, chi ha la faccia da europeo continua a farlo. Gli altri invece rischiano di morire sulla frontiera. E vi muoiono. A cavallo tra la Val di Susa e Valle della Clarée, i migranti attraversano un territorio di alta montagna, tra piste da sci e turismo, una manciata di chilometri in linea d’aria che diventano interminabili se percorsi sulla neve.

 

Poco preparati e mal equipaggiati per un impresa del genere, imboccano i sentieri di notte, sfidando il buio, il freddo e i controlli delle autorità francesi. Nonostante questo, una parte non esigua di abitanti delle valli ha deciso di non abbassare la testa e di non girare lo sguardo di fronte a quanto accade lungo i sentieri delle proprie montagne. Le migrazioni non sono altro che un viaggio circolare dell’umanità.


 



NOTE DI REGIA

La prima volta che ho messe piede dentro la sala d’aspetto della stazione di Bardonecchia era quasi Natale. C’era un via vai frenetico visto il periodo di vacanza. Mentre tutto intorno scorreva, una mezza dozzina di ragazzi attendeva. Il loro obiettivo era passare il confine, andare in Francia o ancora oltre.

Ed è stato in quel primo contatto, quello in cui superi l’impasse e dici “tutto bene? Hai bisogno di qualcosa?”, è stato in quel momento che è nata questa storia. O almeno la necessità di raccontarla.

Il presente mediatico che viviamo, dipinge la questione migratoria attraverso una narrazione stereotipata e retorica, dove l’emergenza umanitaria e quella securitaria si sovrappongono all’interno del grande contenitore politico volto a indirizzare i sentimenti dell’opinione pubblica europea. Un racconto tossico dove il “migrante” diventa una categoria di spersonalizzazione e di negazione,  una minaccia dal punto di vista identitario, qualcosa che legittima un approccio poliziesco alla questione.

Da qui la scelta di decostruire (e ricostruire) partendo dal territorio e dalle sue caratteristiche storiche, sociali e geografiche, che in nessun modo possono essere scisse rispetto al rapporto con la frontiera. Siamo abituati a pensare alle montagne come una barriera fisica, un “confine naturale”. Non c’è nessun dubbio che effettivamente rappresentino un ostacolo all’attraversamento da parte degli uomini.

Ma c’è una seconda verità, più profonda, ed è quella che pone le Alpi come luogo da sempre abituato alle contaminazioni virtuose, cioè agli scambi tra il basso e l’alto, tra popolazioni con culture e stili di vita assai diversi.  Una cerniera dunque, non certo una barriera. Le comunità parte della stessa millenaria civiltà alpina, sono state nel corso dei secoli separate e schierate su fronti contrapposti da una nuova ed artificiale frontiera, riuscendo tuttavia a preservare forme comunitarie antichissime e pratiche di mutua assistenza.

La scelta è stata di partire dalle storie degli abitanti delle montagne, di chi oggi come ieri crede che nessuno si lascia indietro, che non c’è colore della pelle, pezzo di carta, lingua straniera, che possa determinare chi va soccorso e chi no.  Lo sa bene chi ogni sera calpesta la neve dei sentieri in cerca di qualcuno di mai conosciuto, di cui non si sa neanche il nome, ma che di fronte all’ennesimo viaggio pericoloso non deve essere lasciato solo, dimostrando così che il più virtuoso dei sentimenti umani, quello di chi mette a disposizione la propria vita per gli altri, non è seppellito in un passato nostalgico e lontano, ma vive oggi, qui e ora.

Eppure dalla frontiera del mediterraneo centrale a quella delle Alpi, non è più necessario aver commesso un reati o essere un presunti criminali, basta essere sospettati di essere umani per essere colpiti, criminalizzati, condannati.

In questo senso il recupero della memoria intrapreso nel percorso del film, non vuole essere un esercizio retorico (es. “quando gli immigrati eravamo noi”), bensì una sua riattualizzazione, attraverso i gesti e le pratiche che (sopra) vivono fino a noi.

In nessun modo si può scindere il rapporto tra la frontiera ed il territorio dove questa si da.

Nel corso del ‘900 l’economia dell’alta montagna ha subito un radicale processo di trasformazione. Le infrastrutture hanno reso la pianura più “vicina”, il tutto mentre il cemento divorava i pendii ed il turismo soppiantava l’economia agricola di queste zone.

Oggi la rotta migratoria delle Alpi occidentali attraversa il comprensorio sciistico de “La via Lattea”, 400 km di piste da sci che corrono lungo tutta l’area del confine tra Italia e Francia. In una storia dai contrasti forti, come sempre sono quelle che si svolgono sui confini, l’immagine del bianco delle piste su cui migliaia di persone sciano calpestando il confine, contrasta con il nero della notte, in cui i due paesi ormai svuotati di turisti diventano terreno di caccia per i gendarmi francesi: luogo dunque di pericolo, violazione dei diritti umani e violenze.

Una perfetta metafora della moderna civiltà, dove merci e profitti viaggiano veloci mentre le persone rischiano di morire (e muoiono) per il colore della pelle “sbagliato” sulle frontiere. Luoghi che non sono più solo linee punteggiate sulle mappe, bensì muraglie di eserciti e poliziotti, di cemento e mattoni, di leggi e persecuzioni.

I “migranti”, fantasmi erranti senza nome né volto sono solo un numero statistico. La negazione della loro esistenza è il pilastro su cui si fonda l’ordine sociale e lo stato di “normalità” di questi luoghi. Non ci sono migranti, non c’è confine.

Il dispositivo della frontiera esplicita il suo volto.

Perché non provare a sfidarla nelle sue contraddizioni, ovvero attraverso il privilegio di cui si nutre ed alimenta?

Il desiderio è l’anticamera della volontà, è il fondamento su cui si basa l’azione. Quando desideri qualcosa, vuoi realizzarlo a tutti i costi: ecco che il desiderio si trasforma in obiettivo. I desideri muovono gli uomini e fanno girare il mondo. Al contrario di quanto si pensa, non favoriscono l’illusione, non ci allontanano dalla percezione realistica delle cose: i desideri rispondono piuttosto al bisogno di credere possibile il cambiamento, anche in situazioni di realtà oggettiva complicata.

Ogni essere umano ha diritto ad un’esistenza libera e degna nel luogo che ritiene migliore, ed ha il diritto di lottare per restarci.

Bisogna far sapere a tutta quella gente che non è sola, che il suo dolore e la sua rabbia è visibile, che la sua resistenza è appoggiata.

Bisogna camminare insieme, perché nessuno si salva da solo, né qui né altrove.



SCHEDA TECNICA

Titolo: The Milky Way

Durata: 84 minuti

Formato: Full HD

Rapporto: 2:39:1

Anno: 2020

Regia: Luigi D’Alife

Direttore della fotografia: Nicola Zambelli

 Colonna sonora originale: Claudio Cadei in collaborazione con Luigi De Gasperi

 Montaggio: Angelica Gentilini, Luigi D’Alife

 Illustratore: Emanuele Giacopetti

 Direttore animazioni: Andrea Zanoli

 Animazioni: Isabella Urru

 Camera: Nicola Zambelli, Luigi D’Alife

 Drone: Fabio Ferrero

 Assistente regia e produzione: Angelica Gentilini, Marta Melina

 Presa audio diretta e post produzione audio: Claudio Cadei

 Color correction: Salvo Lucchese

 Supervisione di montaggio: Corrado Iuvara (A.M.C.)

 Voce narrante: Mirco Menna

 Team di produzione: Elisa Russo, Isabella Urru, Roberto Zinzi, Vasco Fondra, Giuliano Vento, Sara Barbuti, Carla Falzone, Michele Lapini

 Team di crowdfunding e distribuzione: Marta Melina, Silvia Veronesi, Andrea Paco Mariani

 Ufficio stampa e comunicazione: Arianna Monteverdi, Andrea Paco Mariani, Calogero Greco

 Traduzioni e sottotitoli: Roberto Zinzi, Marta Melina, Claudio Cadei, Giulia Delfini, Lina Abdel Samie, Emanuele Bergamaschi

 Musicisti: Carmen Lina Ferrante, Silvia Chiarini, Luigi De Gasperi, Pippi Di Monte, Daniele Cangini, Claudio Cadei

 Cast (in ordine di apparizione)

 Angelo Bonnet, Walter Re, Renata Bompard, Silvia Massara, Davide Rostan, Micaillou, Solange Lefol , Michel Rosseau, Pierre-Yves Dorè, Matheus, Seedy Ceesay, Amadu, Riad

 


ORGANIZZA UNA PROIEZIONE

The Milky Way è un film interamente realizzato attraverso una campagna di crowdfunding.Il percorso di distribuzione indipendente dell’opera, oltre a veicolare la storia che racconta, ci permetterà di chiudere la restante parte di spese di produzione del film.

 

Se vuoi organizzare una proiezione nel tuo territorio ti chiediamo di fare riferimento alla seguente griglia di costi:

 

– Se sei un circolo, uno spazio sociale o se organizzi una proiezione a ingresso libero ti chiediamo di sostenere il film con una quota di 200€ a proiezione.Ti invieremo inoltre gratuitamente un box con 10 copie DVD del film, da diffondere nel tuo territorio, gratuitamente o con una sottoscrizione di 10 a copia.

 

– Se sei un esercente, un programmatore o, in generale, se organizzi una proiezione a pagamento, ti chiediamo un compenso per un passaggio in sala del 40% dell’incasso della proiezione + IVA con una quota minima obbligatoria di 150€ + IVA, in caso di proiezioni con incasso inferiore.Son previsti accordi con scontistica da concordare in caso di permanenza in cartellone per più di un passaggio sala.Ti invieremo inoltre gratuitamente un box con 10 copie DVD del film, da diffondere nel tuo territorio, gratuitamente o con una sottoscrizione di 10 a copia.

 

SMK Factory è disponibile a presentare gratuitamente il film sia via Skype che con la presenza dell’autore in sala. Nel secondo caso, chiediamo la previa copertura delle spese di viaggio e di alloggio (su tratte dove richiesto il pernottamento).



da: milkywaydoc.com

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