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NAPOLI e il sottobosco di Scampia che primeggia sul distaccamento dell'Università "Federico II"

# LE MALETESTE #

16 ott 2022

L’Università arriva a Scampia, ci sono voluti quasi vent’anni. Intanto il quartiere si è formato da solo e dal basso: da 16 anni il centro Mammut organizza un’Università di strada, chiamata L’A.PE, e sono nate altre realtà di base

Adriana Pollice


NAPOLI

Anno 2003, la Vela H di Scampia viene abbattuta. Al suo posto lo studio Vittorio Gregotti progetta il centro nazionale della Protezione civile: circa 12mila metri quadri di superficie, l’iter è avviato dall’allora sindaca Rosa Russo Iervolino. Nel 2006 cambio di destinazione d’uso: l’Università Federico II prevede di farne la sede di Scienze della Nutrizione. Terzo cambio in corsa, domani inaugurerà dopo quasi venti anni la sede Scampia di Medicina, si comincia con i corsi di laurea in Professioni sanitarie: 48 aule per 330 posti complessivi, un’aula magna, studi medici e laboratori, uffici e servizi alla didattica, consultori e ambulatori (aperti alla cittadinanza) per una platea di circa 2.500 studenti e un investimento di 50 milioni messi dalla regione più 7 dal comune di Napoli.


All’inizio però partiranno solo i corsi dei primi due anni, per laboratori e ambulatorio si dovrà attendere.«IL POLO DI SCAMPIA è una nuova palestra di sperimentazione della didattica in sanità – spiega Maria Triassi, presidente Scuola di Medicina della Federico II -. Questa sede è l’occasione per applicare nuove metodologie didattiche e formative ai primi anni dei corsi di laurea, che saranno i primi a partire. L’obiettivo è creare in questo quartiere un polo didattico altamente tecnologico in cui gli studenti possono apprendere le abilità pratiche integrando le lezioni frontali con l’utilizzo di attrezzature di ultima generazione».

Il quartiere adesso attende che il trasporto pubblico (scarso) renda veramente interconnessa alla città l’area di Scampia, che si trova lungo l’asse che collega la zona ospedaliera con l’hinterland a nord di Napoli. Non hanno, tuttavia, solo atteso.


DA 16 ANNI il centro territoriale Mammut organizza un’Università di strada chiamata L’A.PE – Liberazione attraverso la pedagogia: un’università fatta di incontri di formazione e co-ricerca secondo valori, strumenti e metodologie della pedagogia attiva e della «ricerca azione» per «modalità di insegnamento apprendimento non autoritarie e basate sull’attualizzazione di maestri come Dewey, Freinet, Montessori, Steiner». Si tratta di un lavoro, spiega Giovanni Zoppoli, che si rivolge a bambini, ragazzi e adulti e a Napoli ha una lunga storia: «Dall’Arn di Fabrizia Ramondino all’esperienze della Mensa dei bambini proletari e poi al Damm di Montesanto e alla Madonna Assunta di Bagnoli. Una scuola non istituzionalizzata, dove non ci sono permessi, crediti formativi né retribuzione, una formazione ispirata nel Movimento di cooperazione educativa degli esordi. Il fulcro è Scampia ma tiene dentro altri quartieri della città e si relaziona con esperienze analoghe, ad esempio, di Modena, Verona o i piccoli comuni della Basilicata».


L’INAUGURAZIONE di domani sarà un evento, presente la ministra uscente della Ricerca Cristina Messa, in linea con la filosofia di riqualificare il quartiere anche con i grandi eventi. Come il Red Bull 64 bars, il live che si è tenuto l’8 ottobre con i principali rap della scena italiana e partenopea in piazza Giovanni Paolo II, l’ex piazza Grandi eventi. Suolo pubblico transennato, ingresso 15 euro, sold out ma visibile in rete on demand post concerto. Nel materiale pubblicitario campeggia l’immagine delle Vele: i palazzoni progettati da Franz Di Salvo, icone del Brutalismo diventati simbolo di malessere sociale tanto che gli abitanti ne hanno sempre invocato l’abbattimento. Adesso però, anche grazie alle fiction, sono un brand.


(...) È SUCCESSO CHE A MAGGIO si è aperto un tavolo con le realtà del territorio «per lasciare qualcosa al quartiere»: panchine, un po’ d’ombra per rendere vivibile una piazza immensa, attrezzature per i bimbi. Ma in 5 mesi non è stato fato niente, poi però in 8 giorni sono state messe transenne e inferriate, allestito e smontato lo spettacolo. E il quartiere? Fa da sé come sempre. «Le panchine e lo scivolo davanti al Mammut li abbiamo fatti noi con i volontari, i bambini che vengono a fare la scuola popolare e i loro genitori utilizzando il legno di riciclo – racconta Zoppoli -. Pure il giardino l’abbiamo progettato noi mentre intorno c’è erba alta e nessuna attenzione». E sul live: «Qui è il tempio della cultura hip hop e del rap prima che diventi merce. Siamo al settimo anno di Scampia Summer jam: battle autorganizzate, nessuno ci mette il cappello. La piazza è segnata da questa cultura: ci sono i graffiti, a terra c’è la pista per le sfide e non è certo l’unico posto nel rione dove si esprimono».


PRIMA DEL GRANDE EVENTO c’è stato un altro live, il 6 giugno si sono esibiti gli alunni dei licei musicali della regione. «Quando è arrivata la notizia – racconta Martina Pignataro del Gridas – le associazioni ci sono rimaste male anche perché non era stata invitata Musica libera tutti, l’orchestra giovanile di Scampia. Ma alla fine ci siamo detti facciamo sentire benvenuti i ragazzi. Invece abbiamo trovato tutto transennato: dentro il palco e le sedie per i familiari, il quartiere fuori tra erba alta e immondizia». Il verde è un altro parametro per misurare il rapporto tra Scampia e le istituzioni.


DAL 2015 LE REALTÀ del territorio hanno creato il Progetto Pangea: spazi verdi recuperati dal basso in un’area di 400 metri quadrati. «Erano sei discariche abbandonate davanti allo stadio Antonio Landieri, difronte l’Arci – spiega Pignataro -. Alle spalle il Parco Corto Maltese, un’area di 2mila metri quadrati riqualificato dagli abitanti: hanno cominciato i Pollici verdi di Scampia e poi hanno coinvolto tutti i condomini». L’area abbandonata è diventata un progetto sociale su sei aiuole: «Aldo Bifulco del circolo La Gru pensò di fare il giardino dei 5 continenti e della nonviolenza, la sesta aiuola dedicata al Mediterraneo e affidata a Chi rom e… chi no. Ogni associazione ne cura una in sinergia con una scuola. Tutto autofinanziato. L’ultimo sabato del mese si lavora tutti insieme. Intorno a questo ci sono percorsi di formazione alla nonviolenza, sullo sfruttamento del lavoro minorile, sulle differenze di genere e diritto allo studio».


IL 2 OTTOBRE l’associazione di Brescia Kaki tree for Europe ha piantato nell’aiuola Asia un albero di Kaki nato da un seme della pianta che ha resistito alla bomba di Nagasaki. «Altri spazi verdi sono stati riqualificati, come al rione Monte Rosa insieme alla scuola Morante – spiega Pignataro -. C’erano le piante della macchia mediterranea, un olivo arrivato da Gaza che i giardinieri del comune prima hanno fatto seccare e poi sradicato. A febbraio hanno tagliato la macchia mediterranea, un cistus e 4 melograni. Abbiamo protestato, ci hanno detto che l’affido era scaduto: un giardino a tema realizzato con i ragazzi non lo radi al suo causa burocrazia. Adesso quando arrivano i giardinieri con i trattori il quartiere si mobilita per fermali».


E POI C’È IL GRIDAS – Gruppo risveglio dal sonno, la memoria storica dell’attivismo di Scampia, sempre sotto sfratto. Martedì nuova udienza del processo civile: «A luglio il comune ha annunciato la soluzione con un immobile da dare in permuta all’Acer, da allora però non è successo niente e la causa va avanti. Intanto siamo noi che contendiamo gli spazi alla camorra, educhiamo i ragazzi, curiamo il quartiere».



da: ilmanifesto.it - 16 ott. 2022

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