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Resistenza Mapuche: la lotta di un popolo millenario che difende la propria terra

# LE MALETESTE #

13 dic 2022

Brani da un'intervista a Juana Antieco, infermiera ed educatrice Mapuche/Tehuelche.
di ANNALISA PENSIERO

Attraverso la tristemente conosciuta ‘campagna del deserto’, tra il 1869 e il 1884, ovvero la campagna militare che ha macchiato di genocidio la genesi dello Stato argentino,

le popolazioni locali furono sterminate, imprigionate e schiavizzate nei vigneti, nelle piantagioni o nelle case delle famiglie per il servizio domestico. Gli indigeni vissero il tragico allontanamento dalle loro terre e la soppressione compulsiva delle loro abitudini di vita, mentre lo Stato argentino si affrettava a spartire quelle stesse terre tra gli esponenti della borghesia agraria locale.


Il tutto giustificato dalla teoria pseudo-scientifica del darwinismo sociale dell’epoca, che ubicava la società europea alla cuspide della linea evolutiva, collocando l’indigeno nello scalino più basso. La borghesia europea, denunciando il ‘ritardo’ dei popoli non europei nell’evoluzione della vita umana, forniva una scusante al colonialismo e alla schiavitù, considerati semplici effetti collaterali e acceleratori di un lineare processo evolutivo. Ma allo stesso tempo, di fronte alla resistenza delle popolazioni locali, non si esitava a uccidere.

Il tutto messo in mostra negli zoo umani di diverse città europee, dove gli indigeni potevano essere osservati in gabbie o recinti a riprova della condizione di semi-umanità primitiva.


Per indicare un parallelo familiare, in Italia le ricerche ‘scientifiche’ di Lombroso ‘dimostrarono’ l’inferiorità congenita dei meridionali, nonché il determinismo biologico della condizione criminale dei briganti. La stessa pseudo-scienza, successivamente, giustificò le leggi razziali del ventennio fascista e ancora oggi persegue molte altre forme di discriminazione…


I popoli Mapuche e Tehuelche originariamente vivevano a ridosso della Cordigliera Andina, una zona ricca di risorse naturali, corsi d’acqua e biodiversità che nel tempo si è trasformata nella linea di frontiera fra Argentina e Cile. Gli indigeni hanno abitato tali luoghi prima ancora che la concezione moderna di Stato ne permettesse l’usurpazione e addirittura da ben prima che quel pezzo di mondo prendesse il nome di ‘Argentina’.

E allora ben si coglie la portata dell’art.75, comma 17, della Costituzione Argentina del 1994, che ripropone alcune delle proposte del Convegno 169 dell’OIT ratificato nel 1992 e che impone al Congresso di: “Riconoscere la preesistenza etnico-culturale delle popolazioni indigene argentine. Garantire il rispetto della identità di tali popolazioni e il diritto ad un’educazione bilingue e interculturale; riconoscere la personalità giuridica delle loro comunità e il possesso e la proprietà comunitaria dei territori che come da tradizione occupano; regolamentare il conferimento di altri terreni adatti e sufficienti per lo sviluppo umano; nessuna di tali terre sarà alienabile, trasmissibile, né soggetta a gravami o sequestri. Assicurare la partecipazione di tali popolazioni alla gestione delle proprie risorse naturali e delle altre cointeressenze che le riguardino.


A discapito di quanto sancito dalla Carta, tuttavia, la politica dei governi nazionali che si susseguono da decenni sembra orientata a mercificare queste terre, delegando lo sfruttamento delle risorse naturali a imprese multinazionali straniere e violando uno dei diritti sanciti dal Convegno 169, il quale impone la consultazione previa e informata degli abitanti di quei territori in ogni decisione che li riguardi.


Da qui nasce la resistenza delle popolazioni autoctone, fino ad arrivare allo scontro con le istituzioni statali. Più acceso che mai è il conflitto generato nella comunità Mapuche/Tehuelche dalle forze di polizia nazionali e locali delle Province di Rio Negro e di Chubut, nel Sud dell’Argentina, dove recentemente 250 agenti hanno proceduto allo sgombero della comunità di Villa Mascardi, culminato con l’arresto di sette donne Mapu.






Dall'intervista a Juana Antieco, infermiera ed educatrice Mapuche/Tehuelche:


"Qui in Argentina abbiamo una lunga storia di violenza da parte dello Stato e non solo contro il popolo Mapuche Tehuelche, ma contro tutte le popolazioni indigene (che sono all’incirca una quarantina), le quali preesistono allo Stato Argentino.

Il popolo Mapuche sta portando avanti da più di trent’anni un progetto di riorganizzazione delle comunità, di recupero delle nostre abitudini, delle nostre consuetudini, della nostra cultura e della nostra filosofia di vita, dopo essere sopravvissuto a uno dei maggiori genocidi della storia. Tuttavia non abbiamo ricevuto una risposta da parte dello Stato Argentino, il quale non ha dato attuazione a tutte le leggi che contemplano i nostri diritti, riconosciuti anche dalla Costituzione e dai numerosi trattati ratificati dal governo argentino, anche sotto compagini governative differenti. Ecco che allora abbiamo deciso di iniziare a recuperare direttamente i nostri territori, dai quali lo Stato ci ha cacciati e allontanati, dividendo e smembrando le nostre famiglie e provocando una sorta di diaspora da quelle aree ancestrali che storicamente abbiamo abitato.



Il 4 ottobre di quest'anno (2022, NdR) alle 7 del mattino, 250 agenti sono intervenuti con un equipaggiamento composto da camion, idranti, armi laser che eseguono rilevazioni da molti km di distanza, droni, cani addestrati, elicotteri… tutto questo per introdursi negli spazi abitati dalla comunità.

In quel momento non c’è stata grande resistenza perché nelle case c’erano le donne con i bambini, mentre gli uomini erano fuori a fare il lavoro che gli consente di vivere.


Il pretesto per compiere questa operazione (cui è seguito l'arresto di 7 donne, compresa la Machi -massima autorità spirituale mapuche, NdR) è sempre il medesimo: si accusano i Mapuche di essere terroristi e di appartenere alla RAM (Resistencia Ancestral Mapuche), di ricevere finanziamenti illeciti dall’Inghilterra e di attentare alla sovranità nazionale. È proprio per questo che si è formato il Comando Centrale. Ma in verità l’unica cosa che noi chiediamo è l’attuazione della Costituzione nazionale, secondo la quale lo Stato deve regolare l´occupazione di terre idonee e sufficienti per la vita dei popoli indigeni, principio che in 25 anni di vigenza di questo articolo costituzionale non è mai stato onorato.





(...) Il popolo Mapuche non ha strumenti di difesa, al massimo possiamo lanciare qualche pietra, ma non abbiamo armi di altro tipo; la nostra sola arma per difenderci dall’autorità è la conoscenza del territorio.

C’è ovviamente una situazione impari con l’autorità che ha tutta la tecnologia per fronteggiare un popolo armato soltanto di pietre.



(...) Al momento tre donne sono state liberate, mentre altre quattro sono ancora detenute insieme ai loro figli, ma al contempo gli uomini sono rimasti nello stesso territorio e lo difendono; sono terre che conoscono meglio del palmo della loro mano, anche in piena oscurità.



(...) La Patagonia, che è divisa in province, è un territorio molto ricco di risorse e famosa in tutto il mondo per la diversità di paesaggi naturali. Quando parlo di ricchezza territoriale non mi riferisco a una prospettiva economica, ma ai boschi, ai laghi, alle fonti d’acqua. Una cosa è vederla in fotografia e un’altra è venire qui e toccare con mano quello che sto descrivendo. Ma la Patagonia è quasi tutta espropriata dai latifondisti stranieri. La proprietà terriera di Benetton è localizzata a pochi km dagli insediamenti della mia comunità. Benetton detiene 900.000 ettari ripartiti tra le Province di Chubut, Santa Cruz e Rio Negro, fino a lambire il sud della Provincia di Buenos Aires. L’Azienda Benetton, oltre a essersi appropriata del territorio Mapuche Tehuelche, ogni 5/10 anni espande i propri confini andando a conquistare porzioni sempre maggiori del territorio, ma siccome i possedimenti terrieri sono sterminati, nessuno controlla perché è impossibile controllare un’azienda con questo potere economico.

C’è poi un altro personaggio, un inglese amico di Mauricio Macri, che possiede addirittura un lago intero e una pista di atterraggio dentro la sua proprietà e che ha messo le mani su zone di frontiera invendibili. Da 15 anni si conduce una battaglia giuridica, che ancora non si riesce a vincere, per difendere quel territorio e per garantire al popolo argentino il libero accesso al lago. Alla fine è il sistema capitalista che domina l’economia del mondo: gli ultimi tentativi di usurpazione arrivano da esponenti del Qatar e degli Emirati Arabi Uniti.





(...) Noi abbiamo sempre chiesto un dialogo con i rappresentanti del governo, ma questo dialogo deve essere serio e i funzionari devono essere all’altezza delle circostanze e delle istanze che storicamente perseguiamo: la nostra richiesta principale è la restituzione del territorio e il riconoscimento delle nostre terre come proprietà della comunità, con la garanzia che nessuno venga a privarci di questo diritto. Le relazioni però si sono incrinate per via della nostra pretesa che lo Stato nazionale riconosca il genocidio su cui si è fondato il Paese. Fino a quando non ci sarà riconoscimento del genocidio indigeno che ha determinato lo sterminio di molti popoli originari di questa zona e fino a quando non verrà fatta giustizia, noi continueremo a patire le conseguenze della ‘Conquista del deserto’ perpetrata dallo Stato Nazionale.

Tuttavia, ogni volta che lo Stato vuole trattare manda funzionari che non possono prendere decisioni politiche importanti.



(...) Chiediamo agli amici italiani che hanno a cuore queste istanze di interessarsi della vicenda, di coinvolgere l’Ambasciata Argentina in Italia. Sappiamo tutti della gravità della violazione dei diritti umani nel mondo e siamo convinti che possiamo cercare di invertire la rotta attraverso azioni concrete di mobilitazione. Questa è la storia dell’umanità: la conquista dei diritti è avvenuta lottando, manifestando per le strade con il sacrificio di vite umane, è costata dolore e violenza e per questo i diritti ottenuti vanno difesi strenuamente, nel rispetto delle persone che sono morte per la lotta.




Testo e intervista a cura di ANNALISA PENSIERO

Intervista a Juana Antieco, infermiera ed educatrice Mapuche/Tehuelche

in: pressenza.com - 9/10 dic. 2022




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