Il nuovo governo appena insediato di Netanyahu è dominato dal razzismo messianico della destra estrema israeliana. Che controllerà sicurezza e frontiere: più oppressione per milioni di palestinesi, a difesa della «società pura».
di ZVI SCHULDINER e MICHELE GIORGIO
# LE MALETESTE #
30 dic 2022
30 dicembre 2022
Bibi Netanyahu è di nuovo alla guida del governo israeliano. Quali sono i suoi piani, come cercherà di entrare nei libri di storia? Brutte notizie per chi è convinto che questa sia l’«unica democrazia» nell’area mediorientale, per chi crede che il problema siano i palestinesi, l’islam, il terrorismo arabo: il progetto del grande Bibi è quello di evitare di finire in carcere per i suoi problematici casi di corruzione, ancora dibattuti nei tribunali. E il progetto fa anche parte del sogno nazionalista. Che significherà annettere i territori occupati nel 1967, ma senza diritti nazionali o politici per gli abitanti palestinesi.
ll progetto personale di Bibi ci porta a un governo corrotto, dominato dal razzismo messianico dell’ultradestra israeliana. Il problema non sono solo le forze che compongono il governo; è necessario capire che alcuni dei progetti sul piano personale e legale sono fondamentalmente volti a intensificare l’oppressione di milioni di palestinesi, a espropriarli di terre e proprietà, a cercare di cacciare da questo paese tutti quei palestinesi o richiedenti asilo o «clandestini» che disturbano il progetto di una società «pura».
DIVERSI MINISTERI vengono divisi per essere assegnati agli affamatissimi membri della coalizione. Ma alcuni di questi cambiamenti hanno un significato drammatico.
Il nuovo ministro della polizia non sarà più il ministro della sicurezza interna come i precedenti, ma il ministro della sicurezza nazionale. Pertanto, chiede – e ottiene – il comando dei reggimenti della già problematica polizia di frontiera, che si trovano nei territori occupati. E il nuovo ministro è il già famoso Ben Gvir. Quando aveva diciotto anni, le telecamere lo immortalarono mentre mostrava il distintivo dell’automobile del premier Yitzhak Rabin e dichiarava: «Come siamo arrivati all’automobile, possiamo arrivare a lui»… Rabin fu assassinato poco dopo le rivolte dell’ultra destra che protestava contro gli accordi di Oslo.
Poi Ben Gvir diventò adulto e si laureò in legge. Gli piaceva farsi fotografare in salotto sotto un’enorme foto appesa al muro: il suo eroe era Baruch Goldstein, il medico patriota dell’ultradestra israeliana che nel 1994 uccise 29 palestinesi nella moschea Abraham di Hebron. Rimosse l’immagine solo qualche anno fa, accorgendosi che avrebbe potuto nuocergli nella sua corsa elettorale.
DI RECENTE BEN GVIR ha avuto parole calorose per il suo maestro spirituale, il Meir Kahane, il quale negli anni 1980 aveva gettato le basi di un partito razzista che propugnava misure molto simili alle leggi naziste di Norimberga.Allo stesso modo, anche il «regno» nei territori sta cambiando. Il ministro delle finanze, Bezael Smotrich, diventerà anche ministro della difesa e sarà responsabile della cosiddetta «amministrazione civile», finora dominata dall’esercito e da un generale. Questa amministrazione regna sui territori, può confiscare terre e costruire nuovi insediamenti israeliani. Misure burocratiche vengono sempre riferite ai soli abitanti palestinesi della regione che «temporaneamente» (secondo la versione ufficiale israeliana) è sotto il dominio israeliano, «fino a un accordo». La neutralizzazione dell’esercito permetterebbe alla destra messianica di accelerare il processo di annessione dei Territori occupati e di trovare più fondi per la colonizzazione e motivi più adeguati per l’espulsione di abitanti «potenzialmente terroristi».
NEGLI ULTIMI GIORNI il premier Netanyahu ha smentito le interpretazioni sui possibili effetti di una nuova legge proposta dal partito di Smotrich e dei suoi compari: ovvero chi ha ragioni religiose adeguate potrebbe arrivare a rifiutare i suoi servizi a chi viola quei principi, per esempio un medico potrebbe non curare un omosessuale, o un nemico, o un eretico, seguace di un altro credo religioso.…
Sì, certo, in Israele siamo molto liberal ed è per questo che un omosessuale dichiarato è stato eletto presidente del Parlamento e il nostro premier ha già dichiarato che non permetterà alcuna discriminazione basata sull’identità sessuale… Ma la furia delle reazioni ha fatto dimenticare che anche palestinesi, musulmani e cristiani rientrano nel quadro della proposta di legge. Il giornale dell’ebraismo ortodosso Yatd ha pubblicato un violento editoriale contro quello che ha definito un razzismo che contraddice i fondamenti stessi della religione. La proposta dell’estrema destra non è diversa dalle leggi attuate in Germania nei decenni del nazismo.
IL NAZIONALISMO messianico, ora senza travestimenti né freni, sta assumendo posti di potere chiave. Eravamo tutti occupati con la guerra in Ucraina e abbiamo dimenticato la realtà violenta dei territori. Il governo «moderato» che ha preceduto quello attuale ha scatenato una violenta repressione che ha portato alla morte di più di cento palestinesi nell’ultimo anno; la violenza dell’occupazione potrebbe presto avvalersi di un’altra legge che libererebbe i soldati dalla responsabilità legale delle loro azioni.
VICTOR ORBÁN, i polacchi, gli estremisti di destra svedesi e l’élite fascista italiana possono dare il benvenuto al nostro nuovo governo che troverà in loro alleati, certo molto problematici.
In un contesto internazionale difficile – nel quale Stati uniti e qualche Paese europeo mostrano timori che si arrivi all’impossibilità di un processo di pace già fortemente compromesso – inizierà anche l’operato di un governo che cercherà di distruggere le basi istituzionali dell’attuale sistema giudiziario. Già nei prossimi giorni la Corte suprema dovrà decidere diverse questioni che saranno fondamentali per una possibile crisi di governo.
ZVI SCHULDINER
da: ilmanifesto.it - 30 dic. 2022
All’ultradestra Bibi dà finanze e polizia: palestinesi avvertiti
ISRAELE. Netanyahu presenta i 29 nuovi ministri israeliani, solo 5 donne. E la metà vanno all’alleanza estremista di Smotrich e Ben Gvir. Tre le priorità: Iran, infrastrutture e intese con i paesi arabi. Proteste fuori dal parlamento
GERUSALEMME
Il premier uscente Yair Lapid passando le consegne a Benyamin Netanyahu ha scritto nelle note consegnate al suo successore: «Tornerò nel 2024». Non si può escludere. Ora però è il momento del leader del Likud e della destra con il quale si sono subito congratulati Joe Biden e Vladimir Putin. Netanyahu guiderà Israele grazie a un governo oscurantista ed estremista che se da un lato genera forti timori nella porzione laica e liberale della popolazione israeliana, dall’altro è il frutto naturale della larga vittoria della destra alle elezioni del primo novembre e, quindi, della volontà della maggioranza dell’elettorato israeliano. Ieri la Knesset ha dato la fiducia al nuovo governo che dispone di 64 seggi su 120. Metà sono Likud di Netanyahu, l’altra metà fanno capo all’alleanza di estrema destra (Sionismo Religioso e Otzma Yehudit) e a due partiti religiosi ortodossi Shas e Unione nella Torah. I ministri sono 29, tra cui solo cinque donne: Gila Gamliel (intelligence), Miri Regev (trasporti), Idit Silman (ambiente) che con la sua defezione la scorsa primavera diede la prima picconata alla composita coalizione «anti-Netanyahu» rimasta al potere per un anno e mezzo, Orit Struck (missioni nazionali) e Galit Distel Etbarian (ministra nell’ufficio del premier). Al partito di maggioranza relativa sono andati sia il ministero degli esteri – affidato inizialmente a Eli Cohen e poi fra un anno a Israel Katz – che quello della difesa assegnato al generale della riserva Yoav Galant. Incarichi di rilievo sono andati anche ai due partiti religiosi ortodossi.
Alla Knesset, in un’atmosfera infuocata, fra gli applausi scroscianti dei suoi sostenitori e le proteste dei deputati dell’opposizione, mentre centinaia di manifestanti di sinistra fuori dal parlamento scandivano slogan contro il nuovo esecutivo che fa prevedere una deriva religiosa e restrizioni ai diritti Lgbtq+ e delle minoranze, Netanyahu ha detto che il suo governo si prefigge tre obiettivi: la «neutralizzazione» degli impianti nucleari dell’Iran (dove «neutralizzazione» potrebbe significare un attacco militare), lo sviluppo di infrastrutture nazionali e l’estensione degli Accordi di Abramo con i paesi arabi. Quest’ultimo punto è centrale nella strategia del premier, intenzionato ad impedire ai palestinesi di autodeterminarsi nella loro terra. Già due giorni fa Netanyahu, rifacendosi alla legge fondamentale del 2018 che proclama Israele-Stato della nazione ebraica, aveva sentenziato il diritto «esclusivo» del popolo ebraico di autodeterminarsi nella biblica Terra di Israele (più o meno il territorio della Palestina storica). Si attende un nuovo forte impulso alla colonizzazione della Cisgiordania occupata e del Negev popolato da beduini. Probabile anche legalizzazione di tutti o di gran parte degli avamposti israeliani sorti negli ultimi due decenni nei Territori palestinesi dove il pugno di ferro delle autorità militari e di polizia si abbatterà con più forza. A svolgere questi incarichi saranno i leader dell’estrema destra. Il ministro delle finanze Belazel Smotrich (Sionismo religioso) avrà competenze anche nel ministero della difesa per ciò che riguarda gli insediamenti coloniali e la gestione della vita quotidiana dei palestinesi attraverso la cosiddetta Amministrazione Civile affidata per decenni all’esercito. Il ministro della Pubblica sicurezza Itamar Ben Gvir (Potere ebraico), di cui si è scritto e detto tanto dopo il voto del primo novembre, alla luce dei suoi passati legami con il movimento razzista e anti-arabo Kach, avrà poteri aggiuntivi sulla polizia e terrà sotto il suo pieno controllo i duemila agenti della Guardia di frontiera, un corpo speciale impiegato in prevalenza in Cisgiordania e Gerusalemme Est. Gli stessi comandi della polizia israeliana, riferiva ieri Times of Israel, avvertono che decisioni avventate o provocatorie di Ben Gvir potrebbero riaccedere la miccia della sollevazione palestinese contro l’occupazione.
La popolazione di Cisgiordania e Gaza non ha mostrato alcun interesse per il nuovo esecutivo israeliano. Per i palestinesi un governo israeliano vale un altro, le politiche di occupazione sono sostanzialmente simili. Al contrario per l’Autorità nazionale palestinese (Anp) il ritorno al potere di Netanyahu è un dramma politico perché segna la fine delle possibilità residue di rianimare la moribonda soluzione a Due Stati. Mohammed al-Alul, il vice del presidente dell’Anp Abu Mazen, intervenendo alla direzione del partito Fatah, ha descritto il nuovo esecutivo israeliano «Un pericolo per Gerusalemme, per la moschea al-Aqsa, per i nostri figli e per il nostro futuro». Allo stesso tempo si è detto fiducioso che i palestinesi sapranno misurarsi «con questa sfida». Due giorni fa Abu Mazen ha chiesto al ministro della difesa uscente di Israele, Benny Gantz, di «mettere fine alle incursioni in Cisgiordania da parte dell’esercito e dei coloni». Richiesta che certo non sarà accolta dal governo Netanyahu.
MICHELE GIORGIO
da: ilmanifesto.it - 30 dic. 2022