top of page

La questione "zingara" durante il nazismo e i suoi riflessi contemporanei

CARCERE LE VALLETTE TORINO INTERNO.jpg

Le discriminazioni ai danni di Rom e Sinti (così come l’antisemitismo) non sono certo terminate con la fine della Seconda Guerra Mondiale.

# LE MALETESTE #

1 set 2021

“Asociale” era la definizione che i nazisti davano ai soggetti ritenuti pericolosi per la società tedesca, e questo era per loro lo “zingaro”: un individuo pericoloso perché geneticamente predisposto alla rapina, alla truffa e alla perversione. O queste almeno erano le conclusioni a cui era giunto lo psichiatra e neurologo Robert Ritter, insieme alla sua zelante assistente Eva Justin: è lei, infatti, a elaborare la teoria del gene Wandertrieb, dopo aver sottoposto a esperimenti 148 bambini di entia Rom, abbandonati in un orfanotrofio.


Le ricerche nei centri di igiene razziale vanno di pari passo con le prime deportazioni in campi di concentramento prima ancora dell’esistenza dello Zigeunerlager; Rom e Sinti venivano infatti etichettati come Asociali e ricevevano i numeri del campo, come accadeva per ebrei e prigionieri politici.



Prima ancora delle leggi raziali, era già emersa una “questione zingara”, con l’insorgere dei vari nazionalismi europei, tra cui quello tedesco, che si imponeva di definire i tratti di una razza ariana perfetta, per andare a estirpare tutto ciò che non rientrasse in questi canoni.



La “questione zingara” era questa: Rom e Sinti erano sì provenienti dal ceppo indoeuropeo ariano, ma erano geneticamente corrotti, in particolar modo a causa della presenza in loro del gene del Wandetrieb, portatore dell’istinto al nomadismo che, in conseguenza anche al mescolarsi con “altre razze” -in fondo essi erano portatori, in buona sostanza, di ogni perversione, così come lo erano gli ebrei- aveva cancellato ciò che di ariano era in loro, nei tratti fisici e soprattutto in quelli morali.



NEL 1940, NEI SUOI APPUNTI DI STUDIO, RITTER SCRIVEVA:

“la questione zingara potrà considerarsi risolta solo quando il grosso di questi ibridi zigani, asociali e fannulloni […] sarà radunato nei campi di concentramento e costretto al lavoro, e quando l’aumento di queste popolazioni sarà definitivamente impedito”.


Il 16 dicembre del 1942 Himmler decise di affidarsi evidentemente ai risultati della ricerca di Ritter e firmò l’ordine di internare tutti gli “zingari” nel campo di Auschwitz-Birkenau.

Nell’elenco di chi doveva essere deportato, figuravano anche gli ospiti di alcuni orfanotrofi, come quello di Mulfingen; 40 bambini fecero da cavie alle ricerche di Eva Justin. Terminati gli esperimenti, i bimbi furono caricati in un treno o una camionetta con direzione Auschwitz-Birkenau. Solo quattro di loro sono sopravvissuti.



PIERO TERRACINA, ebreo italiano sopravvissuto ad Auschwitz, era lì. E tra i suoi ricordi emerge anche quello di quella tragica notte:

“Io non avevo ancora 16 anni ed arrivai a Birkenau; quello era un Vernichtunglager (campo di sterminio) dove non è che si poteva morire, si doveva morire. Erano tutti settori separati che si distinguevano per una lettera che era stata loro associata e dall’altro lato del nostro filo spinato c’era il settore che era conosciuto come lo Zigeunerlager ovvero il campo degli zingari[…]. In quel campo c’erano tantissimi bambini, molti di quei bambini certamente erano nati in quel recinto […]. La notte del 2 agosto 1944, ero rinchiuso ed era notte e la notte nel lager c’era il coprifuoco, però ho sentito tutto. In piena notte sentimmo urlare in tedesco e l’abbaiare dei cani, dettero l’ordine di aprire le baracche del campo degli zingari, da lì grida, pianti e qualche colpo di arma da fuoco. All’improvviso, dopo più di due ore, solo silenzio e dalle nostre finestre, poco dopo, il bagliore delle fiamme altissime del crematorio. La mattina, il primo pensiero fu quello di volgere lo sguardo verso lo Zigeunerlager che era completamente vuoto, c’era solo silenzio e le finestre delle baracche che sbattevano”.


Le discriminazioni ai danni di Rom e Sinti (così come l’antisemitismo) non sono certo terminate con la fine della Seconda Guerra Mondiale -basti pensare alle sterilizzazioni forzate delle donne Rom nell’ex Cecoslovacchia che, seppur in minor quantità rispetto agli anni Settanta e Ottanta, sembrano essere proseguite fino al 2007- e l’antiziganismo, insieme alla tendenza sempre più a destra di diversi governi europei, è in forte aumento.


Per questo è importante far memoria di queste pagine tragiche della storia europea e mondiale, per questo è importante dare voce a una minoranza da sempre perseguitata violentemente e brutalmente; sembra banale continuare a ripetere che va fatto “perché non accada più” ma non lo è se, ripercorrendo la storia e i documenti, ci troviamo a constatare che gli stereotipi che hanno mandato a morte oltre 500.000 persone di etnia rom e sinti nel campo di concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau, sono ancora considerati, da alcuni, validi e veritieri.




brani da ELENA DE PICCOLI, intersezionale.com, 1 feb. 2021

bottom of page