# LE MALETESTE #
16 giu 2022
Il ventenne di Campobello di Licata che ha affrontato "il pregiudicato Sgarbi" con una telecamera, due amici e un pacco di volantini.
LA MIA TERRA LA DIFENDO. UN RAGAZZO, UNA PROTESTA, UNA SCELTA DI VITA: GIUSEPPE GATÌ. La rabbia e la speranza di un ragazzo innamorato della sua terra. Un viaggio nel cuore della Sicilia per riscoprire la storia di Giuseppe, il ventenne di Campobello di Licata che ha affrontato "il pregiudicato Sgarbi" con una telecamera, due amici e un pacco di volantini. Ventidue anni, pastore per vocazione, produttore di formaggi per mestiere, cittadino indignato per passione. Il volto di Giuseppe Gatì è salito agli onori delle cronache nel dicembre 2008 per la contestazione che ha scosso la città di Agrigento al grido di "Viva Caselli! Viva il Pool Antimafia!" Con l'aiuto degli amici e dei familiari di Giuseppe, Carlo Gubitosa e Kanjano hanno scoperto gli scritti, le esperienze e il grande amore per la terra di Sicilia di questo ragazzo, che ha lasciato una eredità culturale preziosa prima di morire a 22 anni per un incidente sul lavoro. Un racconto a fumetti (pubblicato nel 2012) che non cede alle tentazioni del sentimentalismo e della commemorazione sterile, per restituire al lettore tutta la bellezza di una intensa storia di vita che ha molto da insegnarci. "... quando mi è arrivata la lettera di Giuseppe, è stato come ritornare indietro nel tempo. Era tanto che non sentivo parlare di capre girgentane, ero quasi convinto che non esistessero più... che fossero tornate ad abitare nella mitologia da dove erano uscite per un breve periodo solo per venire a trovare me da ragazzino. Giuseppe ha scelto di seguire un sogno e lo ringrazio ancora per averlo voluto condividere con me". (Andrea Camilleri).
Aveva scelto di restare nella sua bella, ma inquinata terra, per la quale aveva sempre lottato. “Vivere a Campobello di Licata è dura, durissima – scriveva sul proprio sito personale – ma la Sicilia non è bella, è bellissima e voglio lottare per far sì che questa vituperata terra possa rinascere”. Uno dei quei rari fiori che il nostro paese non poteva permettersi di perdere è scomparso, l'ultimo giorno di gennaio del 2009. Giuseppe Gatì. L’Italia l’aveva conosciuto per quel coraggioso atto di contestazione nei confronti di Vittorio Sgarbi, impegnato a presentare il suo ultimo libro presso la Biblioteca comunale "La Rocca" di Agrigento lo pochi giorni prima, il 29 dicembre 2008. L’ultimo giorno di gennaio è stato anche il suo ultimo giorno di una onesta e valorosa vita. Ucciso da un filo scoperto della corrente elettrica di un’azienda agricola nella quale si era recato per conto del padre, titolare di un’impresa di latticini: l’ultima morte bianca di una striscia che ogni giorno, a fronte di regolamentazioni scadenti e disattese, purtroppo si fa sempre più lunga.
I suoi amici lo ricordano come “un ragazzo onesto, con saldi principi volti alla legalità e alla giustizia”. Un eroe per tanti giovani, un eroe che “aveva fatto di tutto per coinvolgere i dormienti concittadini, affinché si ribellassero contro questa società sporca e meschina”. Sul finire del 2008, aveva accusato davanti ad un folto pubblico l’attuale sindaco di Salemi, per la verità più agente pubblicitario del proprio libro che primo cittadino della cittadina trapanese, di aver attaccato ingiustamente il giudice Giancarlo Caselli, di aver sporcato l’immagine dell’attività del pool antimafia e di aver difeso uomini del calibro di Calogero Mannino e Giulio Andreotti.
Aveva subìto i maltrattamenti delle forze dell’ordine, perché, scrisse sul proprio sito, gli agenti gli spiegarono di essersi messo “contro uno che era stato onorevole e ministro”. Un affronto imperdonabile. Era stato criticato, denigrato, apprezzato e applaudito. Aveva osato troppo, a parer di molti, definendo Sgarbi pregiudicato perché condannato in via definitiva per truffa allo Stato. Ma, scrivono i suoi amici, “aveva soltanto smosso queste acque putride e stagnanti che ci stanno soffocando”.
Giuseppe Gatì non chiuse mai gli occhi davanti a quel che ci circonda e nella sua troppo breve vita (24 anni) si impegnò a denunciare e combattere le mafie e le ingiustizie. Un mese prima della sua morte, il 29 dicembre 2008, Vittorio Sgarbi (allora sindaco di Salemi) presentò un suo libro ad Agrigento. Allora, come oggi, Sgarbi impazzava in televisione e sui giornali con attacchi nei confronti dei giudici che lottano contro la mafia, allora contro Giancarlo Caselli (come nei giorni scorsi contro Nicola Gratteri) e in difesa di personaggi come Mannino e Andreotti. Giuseppe Gatì si presentò e gli urlò contro «Viva Caselli, Viva il pool antimafia». Un gesto coraggioso, duramente represso dal servizio d’ordine. Non era consentito mettersi «contro uno che era stato onorevole e ministro», che aveva «smosso queste acque putride e stagnanti che ci stanno soffocando» come scrissero i suoi amici.
Nelle settimane precedenti Sgarbi aveva sostenuto che la mafia non esiste più (parole ripetute il 17 giugno 2011 durante il festival di Taormina, il 6 agosto 2011 e il 3 aprile 2014 come riporta il sito del Movimento delle Agende Rosse).
L’epilogo dell’amministrazione comunale di Salemi targata Sgarbi è noto: nell’aprile del 2012 viene sciolta per infiltrazioni mafiose. Si legge nella relazione del Ministero dell’Interno: «il sindaco ha precise responsabilità», «formazione degli atti fuori dalle sedi istituzionali, libera determinazione fortemente ostacolata, applicazione di facciata dei protocolli di legalità», «l’amministrazione, col sindaco e vicesindaco, non ha posto alcun argine al condizionamento esercitato dall’on. Giammarinaro», ex deputato andreottiano della DC e al centro del rapporto della direzione anticrimine locale Salus Iniqua. Giuseppe aveva scelto di difendere la sua terra, di seguire i sentieri della giustizia e della libertà per ribellarsi «contro questa società sporca e meschina».