# LE MALETESTE #
26 mag 2022
Gli Scarselli erano infatti accusati di aver organizzato la «banda dello zoppo», nota per certe azioni compiute in Toscana. Ida Scarselli “è da ritenersi elemento pericoloso per l’ordine nazionale”
IDA SCARSELLI [Certaldo (Firenze), 17 luglio 1897 – Niteròi (Brasile), 22 ottobre 1989] “ Coraggio, Egisto caro, tutto passa, la vita è una continua lotta, a disperarsi non si ottiene niente, anzi ci si rimette tanto di salute, speriamo sempre bene, la speranza non ci abbandona mai. Non prenderti pensieri per me, io saprò adattarmi senza sacrificio perché penso: sarebbe una vergogna lamentarmi io, pensando alla tua situazione che, poverino, ti sei fatto già molti anni proprio ingiusti, chi sa quanti dolori e tribolazioni ti son costati! E ancora non sei al termine, perché dovrei disperarmi per questa seconda pena inflittami, che di fronte a te, la mia sorte sarebbe una villeggiatura? ”. (29 ottobre 1929 - Lettera di Ida al fratello Egisto che sta scontando una condanna a 20 anni di carcere ad Alessandria). Di famiglia anarchica e anarchica lei stessa, come ricorda Katia Massara: «la sua era una famiglia di sovversivi: i fratelli Egisto (condannato nel 1925 a venti anni di reclusione in quanto responsabile di violenza e resistenza all’Arma, omicidio volontario e porto abusivo di rivoltella), Tito e Oscar (quest’ultimo condannato per omicidio, evaso dal carcere di Volterra e fuoruscito in Unione Sovietica) e la sorella Ines (arrestata nel 1929 per propaganda sovversiva e poi denunciata al Tribunale speciale) erano anarchici militanti». Gli Scarselli, infatti, erano infatti accusati di aver organizzato la «banda dello zoppo», nota per certe azioni compiute in Toscana. Viene arrestata, quando ha 24 anni, dopo i fatti di Certaldo del 28 febbraio 1921. In Toscana lo squadrismo fascista si affaccia alla ribalta politica nel gennaio 1921. Il 27 febbraio di quel triste anno giunge a Certaldo la notizia dell'assassinio, da parte di elementi della squadraccia nera la "disperata" di Firenze, di Spartaco Lavagnini, sindacalista comunista. Il giorno dopo, nella piazza di Certaldo, mentre si svolge la "Festa della fiera", nel corso di una banale lite tra due fidanzati scoppia una vera e propria rissa, nella quale vengono coinvolti, tra gli altri, alcuni carabinieri e due dei fratelli Scarselli. In serata, all'ingresso del paesino, vengono erette delle barricate e durante gli scontri con i carabinieri si contano morti e feriti. Dopo i "Fatti della Fiera" di Certaldo e le violenze generalizzate in tutta Italia, gli Scarselli non si fanno più illusioni. Il quotidiano Anarchico "Umanità Nova", di fronte alle crescenti violenze fasciste, invita gli Anarchici a reagire: "compite quello che è vostro dovere imprescindibile" , si legge nel numero di martedì 4 gennaio 1921. Il cuore dei lavoratori è colmo di rabbia e di dolore per le bombe lanciate contro le sedi dei giornali di opposizione. Con Errico Malatesta e Armando Borghi in carcere il gruppo libertario di Certaldo decide che è giunta l'ora della resistenza armata contro il fascismo e si dà alla macchia.
Assolta per insufficienza di prove per i fatti di Certaldo al processo del 1925, si stabilisce a Roma, insieme al suo compagno, l’anarchico Giacomo Bottino, nato a Paola (Cosenza) il 12 febbraio 1897. Nuovamente imprigionata al principio del 1927 per aver raccolto dei fondi a favore dei detenuti politici, viene condannata dal Tribunale speciale fascista, il 23 luglio 1927, a 2 anni e 6 mesi di galera, a 3 anni di vigilanza e all’interdizione dai pubblici uffici, insieme a Bottino, a Giulio Montanari e a Elisa Veracini. Il cinque dicembre 1927 è schedata di nuovo. Il “cenno” recita che è nemica del fascismo e delle autorità costituite, che ha fatto parte della “ Banda dello Zoppo ” ed “è da ritenersi elemento pericoloso per l’ordine nazionale”: di statura leggermente alta, di corporatura media, ha – continua il prefetto Giuseppe Regard – capelli castani lunghi, viso tondo e grande, fronte larga, naso diritto, spalle leggermente larghe, andatura svelta ed espressione fisionomica simpatica. In carcere tiene con sé la figlia Scintilla, nata da poco dall’unione con Bottino (da cui avrà altri due figli, Germinal e Spartaco).
Rilasciata nell’estate 1929, a pena interamente espiata, Ida viene proposta per l’assegnazione al confino di polizia dalla Questura di Roma. In contatto, tramite i comunisti francesi, con i fratelli Tito e Oscar, che si sono rifugiati in Russia, è assegnata al confino per cinque anni il 30 settembre 1929, lo stesso giorno in cui la Questura di Roma ripete che “ è elemento pericolosissimo in linea politica, appartiene a famiglia i cui componenti professano tutti idee sovversive avanzate ed è sorella dei noti temibilissimi anarchici fuorusciti Tito ed Oscar Scarselli, capeggiatori della banda dello «Zoppo», evasi anni or sono dalle carceri di Volterra… ” . Ancora nella capitale il 29 ottobre 1929, Ida si prodiga per incoraggiare il fratello Egisto, che sconta 20 anni di reclusione nel carcere di Alessandria: “ Coraggio, Egisto caro, tutto passa, la vita è una continua lotta, a disperarsi non si ottiene niente, anzi ci si rimette tanto di salute, speriamo sempre bene, la speranza non ci abbandona mai. Non prenderti pensieri per me, io saprò adattarmi senza sacrificio perché penso: sarebbe una vergogna lamentarmi io, pensando alla tua situazione che, poverino, ti sei fatto già molti anni proprio ingiusti, chi sa quanti dolori e tribolazioni ti son costati! E ancora non sei al termine, perché dovrei disperarmi per questa seconda pena inflittami, che di fronte a te, la mia sorte sarebbe una villeggiatura? ”.
Deportata a Lipari, Ida ricorre contro la misura di polizia, ma l’appello viene respinto. Tradotta a Ponza il 2 agosto 1930, vi rimane fino al marzo 1932, quando, rimessa in libertà, parte per Paola (Cosenza), dove si ricongiunge al suo compagno di vita Giacomo Bottino. Iscritta fra gli antifascisti da arrestare in determinate circostanze e sottoposta a libertà vigilata per tre anni, è considerata, nel 1934, “avversaria irriducibile” del fascismo e nel 1937 continua ad essere sorvegliata rigorosamente perché “serba immutati i suoi principi anarchici”. Nel 1938 è “ritenuta pericolosa in linea politica in quanto professa apertamente” le stesse idee politiche e nel 1939 viene fermata alla vigilia di una visita di Mussolini a Cosenza. Lei e il marito vennero rilasciati nei giorni immediatamente successivi. In questo lasso di tempo, nessuno dei persecutori si preoccupò che i figli Germinal, Spartaco e Scintilla sarebbero rimasti a casa da soli) e il suo nome è incluso tra coloro da assegnare al confino nell’eventualità di una guerra. Tre anni dopo è ancora «vigilata attentamente». Sebbene ben inserita con la famiglia a Cosenza (la figlia Scintilla parla al congressi degli anarchici del 1946 e il padre Eusebio fa parte del CLN locale), dopo la liberazione, nel gennaio 1947, si trasferisce con la famiglia in Brasile, dove Giacomo Bottino era stato in gioventù. Giacomo, perseguitato dalla polizia anche in Sud America, viene ucciso, da un rissoso confinante nel corso di una banale lite. I figli Scintilla, Germinal e Spartaco diventano rispettivamente maestra, architetto e medico anestesista.
Ritornata nuovamente in Italia, ospite della sorella Ines a Roma, nel 1973 avanza domanda al governo italiano affinché le vengano riconosciuti i benefici di legge previsti per i perseguitati politici antifascisti e razziali e i loro familiari superstiti. Nel 1975, accogliendo l’istanza, il governo, riconosce i suoi diritti e le concede un assegno vitalizio di benemerenza e uno di reversibilità del marito. Tornata in Brasile, la ragazza delle barricate di Certaldo, del confino a Lipari e Ponza, della resistenza cosentina, muore a Niteròi, località vicino a Rio de Janeiro, all’età di 92 anni.