renzo novatore
(1890 - 1922)
Solo colui che sa apprezzare con impetuosa violenza i rugginosi cancelli che chiudono la casa della gran menzogna ove si sono dati convegno i lubrici ladri dell'Io (dio, stato, società, umanità)
# LE MALETESTE #
15 dic 2021
(Arcola, La Spezia, 12 Maggio 1890 - Teglia, Genova, 29 Novembre 1922)
Renzo Novatore (Arcola, La Spezia, 12 Maggio 1890 - Teglia, Genova, 29 Novembre 1922) è uno pseudonimo, uno dei tanti, di Abele Ricieri Ferrari.
Anarchico individualista italiano, soprannominato "Il soldato del sogno", filosofo, poeta e antifascista.
Nasce ad Arcola (La Spezia) il 12 maggio 1890 da una modesta famiglia di contadini. Refrattario alla disciplina scolastica, egli frequenta soltanto per alcuni mesi la prima classe elementare; quindi abbandona la scuola definitivamente e viene costretto dal padre a lavorare nei campi.
Attività insurrezionale
Abbracciata l'anarchia a partire dal 1908 grazie a numerose ed approfondite letture, nel 1910, dopo essere stato accusato senza prove d'aver incendiato una chiesa, è condannato a tre mesi di carcere. Viene nuovamente arrestato l'anno seguente, questa volta per vandalismo . Durante la Prima guerra mondiale diserta il suo reggimento il 26 aprile 1918. Giudicato in contumacia il 31 ottobre 1918, un tribunale militare lo condanna a morte per diserzione ed alto tradimento. Costretto alla fuga, ritornerà momentaneamente (a rischio della sua vita) presso la sua famiglia per dare l'ultimo saluto a suo figlio, morto negli ultimi mesi del 1918. Capace anche d'esprimere una forte sensibilità, sosteneva di amare la moglie Emma di un «insuperabile amore».
Tornato in clandestinità, prende parte ugualmente al sollevamento popolare nel maggio 1919 alla Spezia, a cui partecipa anche l'amico Dante Carnesecchi; fa parte di un Comitato rivoluzionario che controlla la città ligure per alcune settimane. Ma la repressione non si fa attendere e il 30 giugno 1919, Novatore viene fermato dopo essere stato denunciato. Condannato a dieci anni di carcere, è liberato alcuni mesi più tardi grazie ad un'amnistia generale.
Mentre l'Italia è in preda ad una forte agitazione sociale, si unisce al movimento anarchico e prende parte a numerosi tentativi insurrezionali. Nel 1920, dopo aver assaltato un deposito d' armi in una caserma della valle di Fornola, è nuovamente arrestato. Liberato poco dopo, partecipa ad un altro tentativo insurrezionale alla Spezia. Il piano non riuscirà, ma prevedeva di conquistare le caserme della città e le navi della marina ancorate al porto.
Da questo momento svanirà in lui ogni fiducia nell'organizzazione sindacale, nelle sollevazioni popolari e forse nell'uomo stesso.
L'anarco-individualismo e l'attività propagandatrice
Il suo profondo desiderio di conoscenza unito ad una tenacia e ad una volontà già radicate lo spingono ad uno studio indefesso e personalissimo, a letture eretiche e sconcertanti: tra i suoi autori prediletti figurano Max Stirner, Friedrich Nietzsche, Georges Palante, Oscar Wilde, Henrik Ibsen, Arthur Schopenhauer, Charles Baudelaire.
Si definiva anarchico individualista, due parole che caratterizzarono tutta la sua romanzesca ed avventurosa esistenza, ed alle quali lui dava un valore e un significato ben preciso:
«L'anarchico è solo colui che dopo una lunga, affannosa e disperata ricerca ha trovato sé stesso e si è posto, sdegnoso e superbo "sui margini della società", negando a qualsiasi il diritto di giudicarlo. Ogni Società che voi costruirete avrà i suoi margini e sui margini di ogni Società si aggireranno i vagabondi eroici e scapigliati, dai pensieri vergini e selvaggi che solo sanno vivere preparando sempre nuove e formidabili esplosioni ribelli! Io sarò tra quelli!»
Notevole anche il contributo dato a numerose riviste e giornali anarchici a partire dal 1914, fra cui «Il Libertario» della Spezia (fondato da Pasquale Binazzi), «Cronaca Libertaria» di Milano, «Iconoclasta!» di Pistoia (fondato da Virgilio Gozzoli e a cui collaboreranno diversi anarchici, tra cui Bruno Filippi, Giovanni Governato ecc.), «Gli Scamiciati» di Pegli, «Pagine Libertarie» di Milano e «Il Proletario» di Pontremoli. Con Tintino Rasi, Giovanni Governato - il quale fornirà a Novatore i documenti falsi che poi gli saranno ritrovati addosso dopo la sua uccisione e che gli costeranno un processo, dal quale però verrà assolto grazie ad un'abile avvocato difensore - a e altri anarchici della sua tendenza e futuristi rivoluzionari fonderà con Tintino Rasi e Giovanni Governato la rivista «Vertice» (un solo numero pubblicato, La Spezia, 1921), dal chiaro sottotitolo «Rivista anarchica e di pensiero» ed il cui moto era «Forza Bellezza-Audacia Violenza».
L'avvento del fascismo e la morte
Dopo la marcia su Roma dei fascisti è tra i primi ad impugnare le armi e a combattere la violenza squadrista. Come quando nella notte del 5 giugno 1922 una folta squadraccia fascio-poliziesca arriva sino alla porta di Novatore e cominciano ad intimidirlo con urla e battiture. Improvvisamente Novatore risponde sparando loro qualche colpo di rivoltella e poi, forse, anche lanciando una bomba sul gruppo. Il caos generato gli consente di disperdersi rapidamente nelle campagne circostanti.
Latitante tra appennino e basso Piemonte, Novatore si aggrega alla banda di Sante Pollastri, bandito anarchico ricercatissimo dalle autorità. Il 14 luglio 1922 Novatore partecipa con Pollastri ed altri due componenti della banda alla rapina nei pressi di Tortona al ragionier Achille Casalegno, durante il quale quest'ultimo muore colpito da alcune revolverate. In seguito, tra ottobre e novembre, per un certo periodo è ospite nella casa dell'anarchico Erinne Vivani.
Il 29 novembre 1922, intorno a mezzogiorno, il maresciallo Lupano e i carabinieri Corbella e Marchetti entrarono in abiti civili nell'Osteria della Salute di Teglia, nel genovese, perché hanno individuato Pollastro ed intendono arrestarlo. Novatore è seduto accanto al celebre bandito e ad un altro componente del gruppo, probabilmente si accorgono che quei tre non sono altro che carabinieri in incognito. Probabilmente è proprio Novatore il primo a sparare sui carabinieri, scatenando la risposta di quest'ultimi che lasciano morto in terra proprio Renzo Novatore. Alla fine della sparatoria il bilancio è il seguente: due morti (Novatore e il carabiniere Lupano) e un ferito grave (carabiniere Corbella). Fuggitivi sia Pollastro che il compagno.
Inizialmente nessuno capisce che il compagno di Pollastri rimasto ucciso sia proprio Novatore, in quanto sul cadavere trovano i documenti di un altro anarchico, Giovanni Governato. Solo in un secondo momento si scoprirà che l'uomo ucciso dai carabinieri si chiama Abele Ricieri Ferrari, conosciuto come Renzo Novatore.
SCRITTI:
"Grido ribelle" (apparso su Cronaca Libertaria, Milano, a.I, n.2, 10 agosto 1917) Non è più con la storica cicuta di Socrate e con la leggendaria croce di Cristo che si possa alimentare lo spirito irrequieto e dubbioso degli uomini nuovi. Questi due sacrifici, caduti ormai fortunatamente nei profondi abissi d’un tenebroso passato, furono – senza dubbio – consumati a totale danno delle rigogliose individualità tendenti e pulsanti manifestazioni di libera vita. Ed io confesso che lo stesso Diogene, nei confronti di Socrate e di Cristo, mi sembra davvero un grande innovatore, giacché la sua botte ha un significato ben più profondo e diverso dalla Cicuta dell’uno e dalla Croce dell’altro. Ma se Socrate e Cristo, con la loro morte inutile, hanno colpito - fino a farle sanguinare orribilmente - le vere e proprie potenze individuali, tutte le rivoluzioni da parte loro non fecero forse altrettanto? Non fu dunque con la dinamica rivoluzionaria che il Cristianesimo trionfò sulla quasi invidiabile società pagana? E tutte le repubbliche, gli imperi, le monarchie liberali, costituzionali, assolutiste o…democratiche, non nacquero forse dai torrenti di sangue, ondeggianti nelle infuocate contrade delle guerre e delle rivoluzioni? Ma perché mai dunque il polso violento e febbrile di tutte le rivoluzioni si spezzò sempre liberamente, permettendo che nuovi fantasmi si ergessero ancora a dominatori sovrani? La risposta non si fa attendere molto certamente giacché a nessuno riuscirà difficile comprendere che tutte le Rivoluzioni furono, in un modo o nell’altro, ammaestrate e i rivoluzionari furono sempre - a parte le infime minoranze, i “ ” - degli automi guidati da chimerici e favolosi fantasmi.
Ma quale valore possono avere per me codesti fantasmi? A cosa può servire a me tutto ciò? A me Iconoclasta, uccisore dei fantasmi, frantumatore di idoli vecchi e nuovi? A che cosa può servire a me, per esempio, il trionfo del Cristianesimo? A me che sono anticristiano per eccellenza? E le repubbliche e le monarchie, e tutte le altre forme di società insomma che, ergendosi a sovrane “sacre”, non possono riconoscere in me che il “cristiano”, il “suddito”, il “cittadino”, il “membro”, ecc. ecc.? Giacché non mi sembra difficile comprendere che in ogni forma di società vi deve essere un “sistema” sia pure, questo sistema, il migliore dei migliori: l’Uguaglianza! Ma ogni sistema “sacro” e tutto ciò che è Sacro, o divinamente o umanamente, richiede a me, Individuo, delle rinunce e delle umiliazioni. Ma v’è di più ancora. Giacché ogni forma di società, nata sui frantumi della vecchia caduta fragorosamente nel nulla, ha la convinzione di essere la sola perfetta. Ed è precisamente questo dogma della perfezione che la sospinge ad essere maggiormente reazionaria verso l’irrequieto Ribelle che non intende inchinarsi nemmeno di fronte al nuovo Dio: giacché se oggi, ad esempio, la rivolta contro il despota di tutte le Russie trova le sue approvazioni e giustificazioni nelle sudice gazzette nostrane, queste non approverebbero e non giustificherebbero un bel nulla se tale rivolta scoppiasse nel…candido seno della…liberale e…democratica Italia. Anzi… Ma facciamo un passo più avanti ancora! Supponiamo, ad esempio, che domani in Italia si proclamasse la Repubblica: in questo caso una grandissima parte di coloro che oggi si fanno credere rabbiosamente rivoluzionari, non sarebbero essi stessi i più feroci reazionari conservatori di domani? Se qualche “testa calda”, qualche “pazzo” o qualche “esaltato” volesse minare ancora una volta il loro nuovo edificio, il loro nuovissimo Dio? Ma qui mi sembra di udire certa buona gente - forse troppo buona - ad esclamare: Ma costui è dunque un nemico della Rivoluzione?! – No, no. O buona gente ascoltatemi ancora giacché io sono tanto rivoluzionario da non riconoscermi quasi! E sapete perché sono un rivoluzionario quasi irriconoscibile? Per una cosa molto semplice ma…grande nella sua semplicità. Ed è questa: ch’io sono rivoluzionario guidato solo dall’impulso immenso ed irrefrenabile della MIA espansione di volontà e di potenza. Non è un fantasma che mi guida, ma sono io che cammino; non è il sogno chimerico di una società perfetta di universale redenzione umana, ma è il bisogno assoluto della mia potenziale affermazione innanzi alle altre potenze. Dio, lo Stato, la Società, l’Umanità ecc. ecc. hanno per essi una propria causa. Se io non voglio sottomettermi alla causa di Dio, sono un “peccatore”. Se non voglio subire lo Stato, la Società, l’Umanità sono un “empio”, un “criminale”, un “delinquente”. Ma che cosa è il “peccato”? Che cosa è il “delitto"?
Anche qui credo che per analizzare tutto ciò non ci sia proprio bisogno di una lunga e minuta dimostrativa divagazione; giacché anche i bambini dovrebbero sapere ormai, che il più grave peccato che si possa commettere contro la divinità è quello di schernirla, non ubbidirla, profanarla e rinnegarla. Profanare insomma ciò che è divinamente e umanamente “sacro” è il più grande “peccato”, il più grande “delitto”. “Sacro”! ecco il più mostruoso e terribile fantasma innanzi al quale fin oggi tutti hanno tremato. Ecco la vecchia e corrosa tavola che deve essere infranta dagli uomini nuovi! Dai LIBERI, dagli ICONOCLASTI, da tutti coloro che nel “peccato” e nel “delitto” hanno finalmente scoperto la nuova sorgente dalla quale zampilla la suprema sintesi della vita. Ed anche la plebe, quando imparerà a dissetarsi a queste nuove, sconosciute sorgenti, si avvedrà ben presto di essere, pur essa, una granitica potenza. Ma per far ciò occorre che questa plebe non si lasci più dominare dalla paura. O plebe ascoltami! Io non sono il nuovo Cristo venuto a sacrificarmi sull’altare della tua redenzione. Ciò facendo io sarei un pazzo e tu una mendicante. Io appresso il mio labbro al tuo orecchi profano e lancio un grido. Un grido tremebondo che ti farà impallidire. Il grido che io lancio è quello del grande ribelle tedesco Max Stirner. Ascoltalo dunque giacché è solo in virtù di questo magico grido che, come plebe, dovrai scomparire per poscia risorgere nella fiorente potenza di tutti i tuoi membri individualizzati. Eccolo il magico grido: L’Egoista si è sempre affermato col delitto ed ha, con mano sacrilega trascinato giù dai loro piedistalli i sacri idoli. Bisogna finirla col sacro; o, meglio ancora: il bisogno d’infrangere il sacro deve divenire generale.
Non è una nuova rivoluzione che si avvicina: ma, possente, impetuoso, superbo, senza vergogna, senza coscienza un delitto si annunzia all’orizzonte col rumore di un tuono: non vedi tu che il cielo carico di presentimento si oscura e tace? Ma anche qui, o plebe, ti vedo indietreggiare e gridarmi con orrore: “Che cosa è mai questo delitto? Che cosa vuol dire Egli con tutto ciò?”. Ah, plebe, plebe! Non hai dunque tu ancora compreso il suo linguaggio? Ebbene ascolta ancora. È Egli che parla: Metti la mano si quanto ti abbisogna. Prendilo: è tuo. È la dichiarazione di guerra di tutti contro tutti. Io solo sono il giudice di ciò che voglio avere. Comprendi ora tu, o plebe, qual è il delitto che SI ANNUNZIA ALL’ORIZZONTE COL RUMORE DI UN TUONO? Ma tu, o plebe, forse non saprai adattarti ancora all’idea di eterna guerra, tu che ti sei fatta cullare, come un misero bambino, nel dolce sogno dell’eterna pace. Eppure chissà quanti idoli avrai ancora da adorare e sull’altare dei quali dovrai ancora sacrificarti! Povera plebe!
E pensare che anche i ciechi dovrebbero accorgersi ormai che chi non sa accettare l’eterna guerra per la propria affermazione ed il trionfo deve accettare l’eterna schiavitù per il trionfo dei favolosi fantasmi, nemici dichiarati dell’Io. Sì, o plebe, io mi sono deciso ad essere, una volta tanto, sincero sino in fondo con te. Ed ecco che cosa ti dice la mia sincerità – Oggi tu ti sacrifichi sulle insanguinate trincee per una causa non tua, domani potrai forse sacrificarti nelle contrade insanguinate dalla Rivoluzione, per permettere poi che un nuovo verme parassitario e corroditore sorga sui mari di sangue uscito a caldi e fumanti fiotti dalle tue vene bronzee per ergersi a nuovo idolo e sedersi sopra di te proprio al pari dell’antico Dio. Il ritornello dell’Amore, della Pietà e del Diritto consacrato ritornerà a farsi udire, battuto con molta abilità sulle arpe nuove, componenti, per, l’arcivecchia sinfonia. Plebe ascoltami! Qualche cosa d’altro debbo dirti ancora. E ciò che ancora debbo dirti è forse, il più che mi preme. Eccomi dunque. Io sono UNICO e fino a quando tu sarai plebe io non potrò associarmi con te. Quando io lo facessi lo farei per trascinarti a cozzare contro il mio nemico che è il tuo padrone.
Ma tu, come plebe, non ti lasceresti trascinare giacché adori anche troppo il tuo Signore. Tu vuoi continuare ancora a vivere inginocchiata. Ma io ho compreso la Vita! E chi ha compreso la vita non può vivere inginocchiato. Io ho pure compreso tutte le insidie che mi hanno teso i proprietari i questa. Quando costoro mi hanno veduto marciare audacemente alla conquista della mia vita, armato di tutta la mia spregiudicata potenza, essi hanno posto sotto i miei avidi occhi tutto i loro ridicoli ed insani fantasmi. Essi cercarono di terrorizzarmi con lo spauracchi del “sacro”; ma visto che io, l’Iconoclasta, l’Empio, schernisco e derido tutto quanto è “sacro” o da “consacrare” e che, come Armida, distruggo il palazzo nel quale un giorno nel quale un giorno ebbi a subire l’incanto, essi gettarono la maschera sacra e lanciandosi contro di me, con tutta la forza della loro potenza, m’imposero il non plus ultra. Fu in quel giorno, o plebe, ch’io ebbi la vera rivelazione di ciò che è la vita, e quale posto aspetta in questa alla mia Unicità!
Ora io vivo in piedi. Il mio occhio più non conosce il sonno. A nessuno riconosco diritti contro di me. Solo la forza potrà vincermi ormai, ma non più i fantasmi. Solo la forza potrà vincermi, ho detto. Ma anch’io faccio uso di questa. Non chiedo più nulla a nessuno. Non sono un mendicante io. Mi approprio soltanto di tutto ciò che sono autorizzato ad appropriarmi con la mia capacità di potenza. La mia Rivoluzione è già da molto tempo incominciata. Da quel giorno che conobbi la vita impugnai le MIE armi e dichiarai la MIA guerra. Io lotto per una causa che è mia, nessuna altra causa può più interessarmi. I miei nemici lottano anch’essi per una causa che è la loro e contro di me. Ma io non li odio per questo i miei nemici. L’interesse REALE che essi hanno a combattermi li dispensa dall’odio mio giacché non è che per il mio REALE interesse che io ho impugnato le mie armi contro di essi. Io potrà benissimo ucciderli per il mio trionfo, ma senza odiarli, senza disprezzarli; non lotto per dei fantasmi io! Che io disprezzo piuttosto i mendicanti, i pezzenti, tutti coloro che non osano combattere ma che solo sanno pregare e piangere. Sono costoro che accattano le briciole cadute dalla sfarzosa mensa del mio nemico.
Ed è con questi pezzenti del corpo e dello spirito che il mio nemico si crea una potenza cieca e formidabile da lanciare contro di me nella battaglia impegnata fra noi Egoisti. Ma che cosa potranno mai guadagnare codesti pezzenti dalla vittoria riportata su di me dal mio nemico, cioè dal loro padrone? Nulla all’infuori delle solite briciole e dell’eterna schiavitù! Ma cosa sei dunque o plebe, se non la massa cieca incosciente, mendicante che ti lanci contro di me in difesa del tuo Signore? Ascoltami o plebe! Tu comeTale devi scomparire, non vi deve essere posto nel teatro della vita nuova. Sogghigni? Sei forse per scagliarti contro di me? Sono forse riuscito a svegliare in te con i colpi poderosi della mia sferza, un intimo residuo di orgoglio che dormiva nascosto nelle recondite pieghe della tua anima secolarmente servile? Già si odono in lontananza gli squilli delle tombe guerriere annunciarti gli invincibili attacchi degli Unici contro i fantasmi: Stato, Società, Dio, Umanità… Impallidite e fuggite trascinando nel baratro del nulla eterno tutti i satelliti vostri; è la falange ribelle dei Liberi e degli Iconoclasti che si avanza implacabile nel turbinoso cielo dell’Avvenire! Tratto dalla raccolta “Un fiore selvaggio” a cura di Alberto Ciampi Edizioni BFS Pisa
Citazioni
« Nella vita io cerco la gioia dello spirito e la lussuriosa voluttà dell'istinto. E non m'importa sapere se queste abbiano le loro radici perverse entro la caverna del bene o entro i vorticosi abissi del male. [...] Nessun avvenire e nessuna umanità, nessun comunismo e nessuna anarchia valgono il sacrificio della mia vita. Dal giorno che mi sono scoperto ho considerato me stesso come META suprema. »
~Renzo Novatore (Al di sopra delle due anarchie, su Vertice, La Spezia, 21 aprile 1921)
« Il mio non è un pensiero o una teoria, ma uno stato d'animo, un modo particolare di sentire. Quando sentirò il bisogno di mettere decisamente in libertà i miei Centauri ed i miei furenti stalloni, sarà intorno a me un'orgia pazza d'amore e di sangue, perché io sono, lo sento, ciò che gli abitanti delle paludi morali della società chiamano delinquente comune. »
~Renzo Novatore (Al di sopra delle due anarchie, su Vertice, La Spezia, 21 aprile 1921)
« Solo colui che sa apprezzare con impetuosa violenza i rugginosi cancelli che chiudono la casa della gran menzogna ove si sono dati convegno i lubrici ladri dell'Io (dio, stato, società, umanità), per riprendere dalle mani viscide e rapaci – inanellate del falso oro dell'amore della pietà e della civiltà, dei biechi predatori, il suo più grande tesoro, può sentirsi padrone e signore di sé, e chiamarsi anarchico. »
~Renzo Novatore (Fiori Selvaggi, su Cronaca Libertaria, Milano, 4 ottobre 1917)
« L'anarchismo è un patrimonio etico e spirituale che è stato, è, e sarà sempre di una piccola falange aristocratica, e non delle folle e dei popoli. L'anarchismo è tesoro e proprietà esclusiva di quei pochi che sentono nelle loro più sotterranee profondità, eccheggiare il grido di un NO senza argomento! »
~Renzo Novatore (I canti del meriggio)
« Sono individualista perché anarchico, e sono anarchico perché sono nichilista. Ma anche il nichilismo lo intendo a modo mio… Non mi occupo di sapere se esso sia nordico od orientale, né se abbia o non abbia una tradizione storica, politica, pratica o teorica, filosofica, spirituale od intellettuale. Mi dico nichilista solo perché so che nichilismo vuol dire negazione! Negazione di ogni società, di ogni culto, di ogni regola e di ogni religione. Ma non agogno al Nirvana come non anelo al pessimismo disperato ed impotente dello Schopenhauer, che è qualche cosa di peggio della stessa rinnegazione violenta della vita. Il mio, è un pessimismo entusiasta e dionisiaco come le fiamme che incendiano la mia esuberanza vitale, che irride a qualsiasi prigione teoretica, scientifica e morale. E se mi dico anarchico individualista, iconoclasta e nichilista, è appunto perché credo che in questi aggettivi siavi l'espressione massima e completa della mia volitiva e scapigliata individualità, che, come un fiume straripante, vuole espandersi impetuosamente travolgendo argini e siepi, fintanto che, urtando in un granitico masso, s'infranga e si disperda a sua volta. Io non rinnego la vita. La sublimo e la canto. »
~Renzo Novatore (Anch'io sono nichilista, su Nichilismo, 21 maggio 1920)