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Del "caso Soumahoro" e della rappresentanza politica

# LE MALETESTE #

12 gen 2023

Prima di mettere qualcuno in mostra, dovremmo rimetterci tutti in faccia quel passamontagna nero che celava il volto del singolo per mostrare la lotta generale..

di FRANCESCO PIOBBICHI

Francesco Piobbichi

11 gennaio 2023



La vicenda Soumahoro non riguarda lui, ma l'intero impianto politico e mediatico che l'ha prodotta. Del suo destino politico e umano poco mi interessa, ma di come il terreno della rappresentanza politica devasti il lavoro militante, politico e sociale si. E mi interessa moltissimo perché questa vicenda ha finito per indebolire le lotte reali e chi le organizza. Cioè ha di nuovo colpito alle spalle chi lavora per la credibilità dell'azione collettiva sul piano generale.


Questo è il dato reale di cui tenere conto. Il lavoro con i braccianti è durissimo, ti obbliga a toglierti ogni proiezione mentale romantica  e ti sbatte in faccia una realtà ben diversa. Dura.  Costruire processi politici con questo soggetto sociale frammentato è un lavoro enorme, spesso vanificato da mille fattori che ti remano contro. Mi viene da ridere quando sento che qualcuno dice che li rappresenta, siamo ai limiti della commedia tragica.


Penso che l'errore enorme che è stato fatto in questi anni è aver pensato che ci potessero essere delle figure personali in grado di colmare questo gap andando nei media, di incidere sul piano politico semplicemente con una certa posa, con una  postura mediatica ammiccante.


È stato e rimane un errore gravissimo delegare al singolo la lotta di tutti e tutte, perché nessuno è perfetto, e perché purtroppo restiamo umani. Quindi attaccabili. Lo siamo tutti, io come tutti voi che leggete.


Non solo occorre diffidare sempre degli eroi (a maggior ragione se li producono le trasmissioni televisive) ma occorre proprio evitare di crearli, se questi non sono espressione di un lavoro collettivo, di base. C'è nella forma dell'azione collettiva una tutela preventiva che si dovrebbe usare, sempre: fidarsi di chi opera sul campo. Di chi vive quei territori, politici, sociali, reali.


Il movimento operaio, quello dei contadini, della mutualità solidale funzionava per fiducia e per una rigida organizzazione che rendeva tutto trasparente. Specialmente nella gestione dei soldi.  Se i più poveri, analfabeti, sfruttati sono riusciti a cambiare le cose è perché si fidavano l'uno con l'altro.  Pensateci bene, non è forse questa la cosa più importante che il neoliberismo ci ha distrutto?  Tolta la fiducia dell'uno per tutti e tutti per uno tutto è diventato più semplice per l'egemonia liberista.


Per questo motivo, chi ha favorito in questi anni questo processo, costruendo maschere di cartapesta per usare il terreno della rappresentanza, non è un compagno di strada ma un problema politico. 


Più che delle figure dei santi difensori dei migranti  prodotte dai media ci si dovrebbe fidare delle nostre organizzazioni, delle nostre relazioni di base, dei compagni di strada che masticano ogni giorno le contraddizioni del mondo. Forse questa è una lezione da cui trarre giovamento: prima di mettere qualcuno in mostra, dovremmo rimetterci tutti in faccia quel passamontagna nero che celava il volto del singolo per mostrare la lotta generale, per costruire l'organizzazione solida e credibile perché, se manca la rappresentanza sociale, di certo quella politica fa ridere i polli. E infatti...



FRANCESCO PIOBBICHI

dal suo profilo facebook, 11 gen. 2023


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