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SARDEGNA, Capo Teulada e altre basi. La bonifica affidata ai militari è del tutto inadeguata

# LE MALETESTE #

19 gen 2023

Per le associazioni l'unico intervento possibile è la smilitarizzazione dell'area
AUTORI VARI

Il poligono militare di Capo Teulada, il secondo più grande d’Italia dopo quello di Quirra, sempre in Sardegna, è stato utilizzato per più di 70 anni senza che gli apparati militari si ponessero il problema del risanamento di aree bersagliate da proiettili, granate, bombe, razzi, missili. Men che meno se lo sono posto in relazione al fatto che pochi anni dopo l’apertura del Poligono, venisse istituito un Sic (Sito di Importanza Comunitaria per la conservazione di habitat e specie) il cui territorio ricade per il 90% nel demanio militare.


SOLAMENTE IN RELAZIONE all’apertura di un’inchiesta della procura di Cagliari per disastro ambientale sono partiti i primi interventi, in particolare all’interno della cosiddetta penisola Delta, area corrispondente a un ventesimo circa dell’estensione del poligono predisposta all’arrivo colpi, dove secondo il rapporto dell’esercito (Operazione Pasubio) vengono raccolti, solo fra il 2017 e 2018, 171 quintali di residuati bellici e rilevati 13 superamenti dei valori di arsenico e piombo. La perizia tecnica dei consulenti nominati dal Gup contemporaneamente ha constatato che, nonostante la grave situazione di inquinamento e degrado irreversibile del territorio, alcuni habitat e specie protetti da direttive europee avevano resistito, come i sistemi dunali, le praterie di Poseidonia e alcuni rettili ed uccelli prioritari. Di conseguenza, secondo il piano di gestione dei Sic, l’area deve essere bonificata. Obbligo di cui gli apparati militari si stanno preoccupando solo ora, cominciando col presentare a dicembre una richiesta di Valutazione di Incidenza Ambientale (tipologia di valutazione che si applica agli impatti di un intervento sulla biodiversità) per un progetto di bonifica della Penisola Delta.


L’INCHIESTA DEL 2014 che ha portato all’imputazione per omicidio e lesioni colpose, era partita dalla denuncia di alcuni residenti che attribuivano le patologie tumorali di cui erano affetti alle attività del poligono; e anche oggi è l’attenzione e la vigilanza della società civile a far arrivare i nodi al pettine. Quella che dovrebbe essere un’operazione auspicabile, la bonifica di un territorio, viene contestata da Italia Nostra Sardegna, Cagliari Social Forum,Usb Sardegna, Cobas Cagliari, Madri contro la repressione, che la denunciano come un’operazione di facciata, il cui vero e unico fine, per altro ben esplicitato nella richiesta, è quello di riprendere i bombardamenti sospesi nel 2017 a causa dell’inchiesta. La relazione inoltre è contraddittoria, omissiva e superficiale dicono le associazioni: vaghi gli interventi previsti, esclusi completamente dall’intervento i fondali marini, ignorato del tutto l’inquinamento di tipo radiologico e il campionamento di matrici biologiche, sottovalutati, non rilevati o dimenticati habitat e specie protette.


(...) le associazioni si preparano a consegnare puntuali osservazioni secondo quanto previsto dalla normativa; ma la criticità principale rimane quella della assoluta incompatibilità fra le esercitazioni militari e la conservazione di specie ed habitat. Ragion per cui l’unico intervento possibile resta la smilitarizzazione quantomeno di quella parte del poligono che coincide con la Zona Speciale di Conservazione Isola Rossa e Capo Teulada, e un piano di bonifica reale.


SERENA TARABINI

da: ilmanifesto.it - 19 gen. 2023





Sardegna, servitù militari e rifiuto della guerra

La Sardegna è una delle regioni italiane più militarizzate, tra basi militari, poligoni, servitù militari, dove si addestrano eserciti di tutto il mondo. Nell’isola migliaia di ettari di territorio sono interessati a servitù militari e per varie migliaia di chilometri di mare è vietata la navigazione, così come la pesca, durante le esercitazioni militari. Tre sono i grandi poligoni: Salto di Quirra, Capo frasca, Teulada. La maggior parte della superficie italiana soggetta a servitù militari si trova in Sardegna. Insopportabili gli effetti sulla vita, la salute, l’ambiente, l’economia della popolazione.


È dal dopoguerra che nell’isola sono attivi movimenti pacifisti diffusi che hanno contestato e contrastato un destino deciso altrove al servizio di strategie politiche e militari che calpestano la volontà delle popolazioni locali. Una solida tradizione di lotta e resistenza contro la militarizzazione e la guerra, per la tutela della salute e dell’ambiente intrecciate per le lotte sociali e con le lotte sociali, per la rinascita e la risoluzione dei problemi economici e sociali della popolazione. Da questa esperienza nascono i celebri murales di Orgosolo, che parlano con l’arte e raffigurano le lotte per la pace, episodi di vita quotidiana, l’emancipazione della donna, le culture locali e altro ancora.


Il poligono missilistico sperimentale di Quirra è il più vasto d’Europa: istituito nel 1957 è utilizzato soprattutto dalle industrie che producono armi. Gran parte della popolazione ha abbandonato il proprio territorio nel corso degli anni e vi sono numerosissimi casi di tumore. Vari anche i casi di incidenti, di missili finiti fuori rotta, fuori dal poligono con danni e rischi abnormi.






Sulla costa occidentale vi è il poligono di tiro di Capo frasca. Nel 1969 il primo incidente si verifica quando un aereo mitraglia una barca della cooperativa del golfo di Marceddì e ferisce un pescatore. Da allora numerosi gli incidenti segnalati. La militarizzazione di questa zona è stata la fine del paese di Sant’Antonio di Santadi, perché l’esproprio di terreni ha costretto gli abitanti ad emigrare. E anche qui la popolazione si è ribellata con la rivolta di Cabras nel 1978.


A Capo Teulada, più a sud, si trova il poligono per esercitazioni terra, aria, mare. Il secondo poligono di Italia per estensione. Anche qui tanti rischi per la popolazione a cominciare dagli errori e dall’inquinamento ambientale derivano dall’utilizzo dei famigerati proiettili all’uranio impoverito.


Questi i siti principali, ma tutta l’isola è disseminata di tante altre installazioni militari: l’aeroporto Nato di Decimomannu, la base di capo Marrargiu, il porto militare di Cagliari, le polveriere, i radar, i depositi di carburante. In passato e per molto tempo nell’isola di Santo Stefano dell’arcipelago de La Maddalena la marina USA aveva una nave appoggio per sommergibili nucleari, in piena guerra fredda. L’oppressione che penalizza la Sardegna in misura abnorme e iniqua ha trasformato la felice posizione di centralità mediterranea in una maledizione per il popolo sardo e quelli dell’altra riva.


(...) Noi pacifisti e nonviolenti lavoriamo per liberare la Sardegna dalla presenza militare con l’obiettivo che tutto l’apparato che sostiene e fomenta la guerra così come schiavitù, razzismo, ingiustizia sociale, finisca al più presto nell’archeologia della storia. Crediamo che la Sardegna possa dare un enorme contributo perché enorme è il peso della pressione militare che la mortifica. Liberandosi del ruolo di vittima, si libera del ruolo di complice e concorre a liberare l’umanità dall’incubo della guerra. (...)


LAURA TUSSI

da: comune-info.net - 16 gen. 2023






[L'inchiesta] Missili radioattivi e al Napalm, la mappa dell'Italia pattumiera delle armi abbandonate: ecco dove sono


La relazione della Commissione di inchiesta sull'uranio impoverito: esplosi o interrati nei poligoni migliaia di bombe. La salute di civili e militari è a rischio


di Paolo Salvatore Orrù e Luca Comellini


I soldati sanno che da un momento all’altro la loro vita può essere spezzata da una granata, da una mina, da un proiettile o da un gas letale. In tempo di pace però militari e civili devono poter convivere senza rischiare inutilmente la loro vita. Questi sono i patti. Eppure al di là dei reticolati e dei muri che circoscrivono i poligoni sembrano vigere regole diverse. Il quadro che emerge dalla relazione della commissione d’inchiesta uranio impoverito ne è l'esplicita conferma, anche se qualcosa finalmente affiora. E quel po' lascia basiti.


La Sardegna è la pattumiera di tutto quello che non serve più a uccidere

Ci sono regioni italiane, in particolare la Sardegna, che sono diventate la pattumiera di tutto quello che non serve più a uccidere. E la cui mancata o tardiva bonifica dei residui dei munizionamenti impiegati nelle esercitazioni ha prodotto rischi ambientali in danno di quanti sono stati o sono chiamati ad operare o a vivere in quelle aree. Il centro di questo terribile quadro se lo contendono il Poligono di Capo Teulada, il Poligono Interforze di Salto di Quirra (PISQ ), il Poligono di Monte Romano (Lazio) e quello di Cellina Meduna (Friuli Venezia Giulia).Una triste storia è anche quella di Monte Venda (Veneto), dove le alte concentrazioni di gas radioattivo radon avrebbero mietuto molte vittime tra i militari e i civili.


Grave ritardo nel ricostruire l’uso del missile MILAN

In tutti questi centri di addestramento, la commissione ha anche segnalato il grave ritardo, messo in luce dai responsabili dei poligoni, nel ricostruire l’uso effettuato in passato del missile MILAN, e, di conseguenza, nel censire la presenza nelle aree interessate di residui pericolosi come le lunette radioattive di torina: questo dimostra “un’inveterata incapacità di prevenire efficacemente il rischio”, si legge nel documento presentato al “pubblico” dal presidente della commissione Gian Piero Scanu.






Missili utilizzati a Capo Teulada sono stati 4242

Non può essere infatti considerato un caso che, dopo una formale richiesta della commissione, solo il 7 giugno del 2017 il Comandante del poligono di Quirra, il generale Giorgio Francesco Russo, ha comunicato che “il numero di missili MILAN lanciati presso il PISQ nel periodo dal 1986 al 2000 è di 463 a testa attiva e 50 a testa inerte”. Dati poi confermati il 21 giugno dello stesso anno dal generale Nordio, Sottocapo di Stato Maggiore della Difesa, che a sua volta ha riferito che i missili utilizzati presso il Poligono di Capo Teulada sono stati 4242 (di cui 636 a testa inerte e 4069 a testa attiva).


Presenza di torio nel bestiame e in alcune salme riesumate

Pesanti anche le osservazioni del procuratore della Repubblica di Lanusei (Nu). Biagio Mazzeo ha rivelato che le indagini hanno fatto emergere la presenza del torio sia nel bestiame, sia in alcune salme riesumate di pastori deceduti per malattie oncologiche o linfomi. Il documento conferma quanto si sa da tempo, e cioè che c'è stato e c'è in quelle aree un grave rischio per la salute. Lo dimostra, indirettamente, la disciplina sanitaria vigente, dove si prevede “l’elargizione di indennizzi” ai lavoratori e ai cittadini esposti all’uranio impoverito.


Napalm interrato nel poligono di Quirra

Che la Sardegna sia da un sacco di tempo una discarica “privilegiata”, lo dimostrano anche alcune interessanti osservazioni del deputato sardo Mauro Pili, che ha chiesto se nell’indagine e nel dibattimento si fosse mai affrontato l’interramento nel poligono di Quirra di Napalm, il diserbante utilizzato nella guerra del Vietnam. Un risposta seppur indiretta gli è stata data dal procuratore di Lanusei che in commissione ha fatto pervenire documenti che rivelano il contenuto di una nota dell’Aeronautica Militare, (Centro Consultivo Studi e Ricerche dell’agosto 1984) avente per oggetto “Controllo materiale NAPALM”, in cui si indica “l’interramento”, come “soluzione più ragionevole”.


Materiale potenzialmente pericoloso custodito a Serrenti

Come sono arrivati in Sardegna gli 89.065 chili di ordigni che poi sono stati bonificati nei poligoni? Il primo carico è partito dalla Sicilia il 25 maggio 1986. Ed è stato il primo di una lunghissima serie durata sino al 2008. Materiale “pericolosissimo”, come lo definiscono i report riservati della Difesa. Atti che sarebbero dovuti rimanere secretati, per poi scomparire tra i segreti di Stato, che ora però emergono in tutta la loro virulenza dal lavoro in commissione. Documenti che provano - oltre ogni legittimo dubbio - che nel corso degli anni sono stati trasportati in Sardegna enormi quantitativi di armi, che in un primo momento erano stati stoccati dall’allora 115° Deposito Sussidiario dell’Aeronautica Militare di Vizzini (Sicilia). Il materiale bellico da Catania era partito per Olbia con appositi convogli ferroviari straordinari, composti anche da 15 carrozze coperte e poi tramite autocarri del vettore commerciale, con destinazione finale presso il 116° Deposito Sussidiario dell’Aeronautica Militare di Serrenti (CA). Una parte di questo materiale forse è ancora sotto la collina di Monti Mannu, l'altra sarebbe stata fatta brillare nei poligoni.


Chi risarcirà la Sardegna e le altre regioni italiane

Una dettagliata relazione datata 19 maggio 1986 – e messa on line da Pili – aveva dato il via alle operazioni di distruzione di un impressionante quantitativo di missili, bombe, razzi e spolette. Sono 1043 i razzi di vario tipo,  14.892 le spolette, 1591 i detonatori, 525 le testate esplosive e 1659 le bombe che sarebbero dovute essere immediatamente distrutte. Chi risarcirà la Sardegna e le altre regioni italiane che hanno subito o stanno subendo questo servaggio? Servirebbe una scatto d'orgoglio, chissà se lo vedremo mai.


da: notizie.tiscali.it - 25 lug. 2017


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