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IL SORRISO COME ATTO DI RESISTENZA NELLA PALESTINA OCCUPATA

“Il nostro sorriso batte la loro brutalità”. Il sorriso come atto di resistenza nella Palestina occupata" .

# LE MALETESTE #

31 ago 2021


01/09/2021

PALESTINA OCCUPATA - Sotto la minaccia della detenzione e dello sfratto, i sorrisi palestinesi sono un potente messaggio di resistenza e di speranza: “Il nostro sorriso batte la loro brutalità”. Il sorriso come atto di resistenza nella Palestina occupata" .

"Mi hanno arrestata mentre cercavo di proteggere il mio amico… il soldato mi ha provocato quando mi ha detto: “Ora voglio vedere cosa sai fare”. Come se mi dicesse: “Ti ho sconfitto e non puoi farci niente. Sei impotente”. In quel momento ho sorriso. In quel momento ho sentito la vittoria. Era chiaro che era stato sconfitto nel momento in cui si è infuriato. Poi, il sorriso si è diffuso tra i giovani e l’esercito ha iniziato a coprire i volti dei detenuti per impedire [ai fotografi] di catturare i loro sorrisi". (Mariam Afifi)

I palestinesi che vivono nella Palestina occupata hanno subito pulizia etnica e sfollamenti forzati dai loro villaggi per più di sette decenni. Tutto questo è stato perseguito attraverso demolizioni di case, restrizioni di movimento, coprifuoco, arresti e detenzioni arbitrarie, confische di terre e la negazione dell’accesso all’acqua, all’elettricità, alla salute e all’istruzione. Eppure i palestinesi hanno resistito con l’obiettivo di ricostruire le case distrutte, porre fine all’occupazione israeliana e riconquistare finalmente la loro libertà.



(...) I giovani palestinesi di oggi sono nati sotto l’occupazione israeliana. Hanno vissuto sulla loro pelle la quotidiana oppressione sistematica e le discriminazioni. Hanno costruito le loro case, e, se vogliono trasferirsi, sono obbligati dalle autorità israeliane a demolirle, altrimenti sono costretti a pagare il governo israeliano quando Israele le demolisce con la forza. Sono cresciuti agli arresti domiciliari; da bambini, all’età inferiore di 12 anni, non avevano il permesso di andare a scuola e rischiavano l’arresto se ci provavano. La quotidianità degli abitanti di Gerusalemme è difficile, anche solo da immaginare, per chi non la vive.

(...) Come ha spiegato Mariam Afifi (musicista della Palestine Youth Orchestra, arrestata a maggio 2021 per i fatti di Sheikh Jarrah, quartiere palestinesedi Gerusalemme Est sottoposto a sfratto da parte di Israele) ai giornalisti: “Ho sorriso mentre ero in arresto per mostrare all’esercito che non ho paura e non sono stata sconfitta, nonostante l’oppressione usata contro di me. Quando sorridiamo l’esercito si imprigiona e noi ribaltiamo l’equilibrio del potere”.

Come residente in Cisgiordania, io stesso sono stato detenuto molte volte ma non sono mai riuscito a sorridere. Sorridere durante la detenzione richiede un coraggio e una forza interiore grande quanto la gioventù di Gerusalemme. Esprime l’importante messaggio che gli attivisti non hanno paura e che la detenzione non è riuscita a intimidirli.

(...) Sorridere durante il momento dell’arresto trasmette vari messaggi – uno specificamente diretto ai media. Gli attivisti stanno cercando di cambiare l’immagine che spesso ritrae i palestinesi con volti abbattuti e occhi bassi. Sebbene i media locali palestinesi mostrano frequentemente la brutalità dell’occupazione israeliana e l’illegalità delle sue politiche, questo tipo di raffigurazione perpetua il ruolo dei palestinesi come vittime. Nel frattempo, i media israeliani ignorano la resistenza nonviolenta palestinese e rappresentano i palestinesi come violenti, al fine di prevenire il tipo di solidarietà israeliana che si è verificata durante la Prima Intifada. I media mainstream internazionali generalmente ignorano l’oppressione israeliana e rappresentano i palestinesi come persone violente, povere e arrabbiate.

Quando le forze israeliane arrestano un giovane, lo isolano e gli impediscono di contattare la sua famiglia, con lo scopo di aumentare la paura dei familiari su ciò che gli accadrà. Quando avevo 18 anni e sono stato arrestato per la prima volta, mio padre ha dormito tre notti davanti alla prigione, aspettando di vedere qualsiasi prigioniero rilasciato per chiedere loro se mi avevano visto o sentito parlare di me. I primi momenti dell’arresto sono i più difficili per la famiglia, perché la vita dei detenuti è incerta. Come spiega un giovane: “[Sorridere] era un messaggio per la mia famiglia: sto bene e sono forte. Quando sono stato detenuto e ho visto tutti gli attivisti che mi guardavano, ho pensato che il modo migliore per comunicare con loro e per dire loro che sto bene è sorridere, perché sapevo che i soldati mi avrebbero picchiato se avessi parlato”.

Nei sorrisi dei giovani di Sheikh Jarrah si riflette una visione felice per il futuro della generazione palestinese che ama la vita e lotta per la propria liberazione. I loro sorrisi rappresentano il fallimento dell’occupazione.

Mahmoud Soliman

Attivista nonviolento e accademico palestinese. Ha oltre 15 anni di esperienza nell’organizzazione di campagne nonviolente ed è un membro fondatore del Popular Struggle Coordination Committee.

in: serenoregis.org - 19 ago. 2021

























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