BARTOLOMEO VANZETTI. Ultimo discorso alla Corte
9 aprile 1927
«Quello che dico è che sono innocente. […] In tutta la mia vita non ho mai rubato e non ho mai ucciso e non ho mai versato sangue. […] Sono sette anni che siamo in prigione.
Ciò che abbiamo sofferto in questi sette anni nessuna lingua umana può dirlo. […]
Nemmeno un cane che uccide i polli sarebbe stato giudicato colpevole dalla giuria americana con le prove che il Commonwealth ha prodotto contro di noi. Dico che nemmeno un lebbroso avrebbe visto rifiutare il suo appello due volte dalla Corte Suprema del Massachusetts. […]
Abbiamo dimostrato che non poteva esserci un altro giudice sulla faccia della terra più prevenuto e più crudele di quanto tu sia stato contro di noi. […]
Sappiamo, e tu sai nel tuo cuore, che sei stato contro di noi fin dall’inizio. […]
giuria ci odiava perché eravamo contro la guerra, e la giuria non sa la differenza fra un uomo che è contro la guerra, perché crede che la guerra sia ingiusta, perché non odia nessun paese, perché lui è un cosmopolita, e un uomo che è contro il paese in cui si trova, e quindi una spia. […]
Non vorrei a un cane o a un serpente, alla creatura più bassa e sfortunata della terra, non vorrei a nessuno di loro ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Soffro perché sono un radicale; ho sofferto perché sono italiano. […]
Ma sono tanto convinto di avere ragione che se tu potessi giustiziarmi due volte, e se potessi rinascere due volte, vivrei ancora per fare ciò che ho già fatto».
Bartolomeo Vanzetti, ultimo discorso alla Corte, 9 aprile 1927