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ERDOGAN A CACCIA DI CURDI

Il dittatore turco ha annunciato una nuova operazione militare nel Nord della Siria con lo scopo di creare una "zona di sicurezza" di 30 km a sud dei confini della Turchia, nelle zone abitate principalmente dai curdi


Il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan ha annunciato una nuova operazione militare lungo i suoi confini meridionali per creare una “zona di sicurezza” di 30 chilometri e contrastare le minacce terroristiche da quella regione: “Gli obiettivi principali dell'operazione saranno le aree da cui partono gli attacchi al nostro paese”, ha detto senza ulteriori specificazioni, se non che ciò avverrà appena le forze militari e di intelligence avranno ultimato i preparativi.

L'intenzione sarebbe dunque colpire il Nord della Siria, dove la Turchia controlla già una striscia di territorio dopo essere intervenuta già varie volte tra il 2016 e il 2019 per colpire le Unità di protezione del popolo (Ypg) e le Unità di protezione delle donne (Ypj), fazioni armate curde che Ankara ritiene essere strettamente connesse al Pkk, Partito dei lavoratori del Kurdistan attivo nella Turchia meridionale e nell'Iraq settentrionale, classificato anche dall'Unione europea come organizzazione terroristica. Le Ypg sono tuttavia anche la componente principale delle Syrian democratic forces (Sdf), la coalizione multietnica che ha combattuto e sconfitto l'Isis tra il 2014 e il 2019, con l'appoggio degli Stati Uniti.

Attualmente le Sdf fanno riferimento all'Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est, che sulla base di una Carta del contratto sociale fortemente egualitaria controlla oltre un quarto del territorio siriano con grandi margini di autonomia dal governo di Damasco ma senza agitare rivendicazioni secessioniste

L'annuncio di Erdogan è arrivato a pochi giorni di distanza dalle obiezioni della Turchia sull'adesione di Finlandia e Svezia alla Nato, accusate di dare asilo politico proprio a esponenti del Pkk: il via libera a una nuova operazione contro i curdi in territorio siriano potrebbe dunque essere uno degli elementi sul tavolo delle trattative di questi giorni con gli altri paesi dell'alleanza atlantica.


da: rainews.it, 23 maggio 2022

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Recep Tayyip Erdoğan lo ha già deciso e comunicato pochi giorni fa ai vertici della Nato: per ottenere il suo via libera all’adesione di Svezia e Finlandia, gli Stati membri dovranno sacrificare i curdi del Rojava, nel nord-est della Siria. Nelle ore passate, però, al termine di una riunione di gabinetto ha dichiarato pubblicamente: “Presto faremo nuovi passi riguardo alle porzioni non ancora completate del progetto che abbiamo avviato per la formazione di una zona di sicurezza profonda 30 chilometri sul nostro confine meridionale”, ha detto riferendosi ai territori curdi che di fatto ha inglobato dopo il ritiro delle truppe della coalizione anti-Isis e con il benestare dell’allora presidente americano Donald Trump.


Così, dopo aver incassato il riconoscimento delle proprie “preoccupazioni per la sicurezza al confine” da parte del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e del portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price, che si è comunque detto “preoccupato” dalla prospettiva di una nuova operazione militare, oggi il presidente turco ha ricevuto le delegazioni di Svezia e Finlandia per cercare di raggiungere un accordo sulla loro entrata nell’Alleanza.


(...) Sacrificare i curdi, alleati della cosiddetta coalizione occidentale che ha sconfitto il Califfato in Siria e Iraq, non è mai sembrato un problema per gli ex amici delle popolazioni che vivono nel nord-est siriano. Proprio in favore di Erdogan quei territori sono stati abbandonati senza adeguate garanzie, lasciando campo libero all’esercito di Ankara, sostenuto anche da elementi provenienti dalla galassia jihadista locale, sia legata ad al-Qaeda che allo Stato Islamico, che così si è ‘mangiato’ ampie fette di terreno, cacciando, torturando e uccidendo le popolazioni locali, come successo ad Afrin e in altre città e villaggi.


(...) Anche perché in quei territori non opera, almeno ufficialmente, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) considerato un’organizzazione terroristica da Turchia, Usa e anche Unione europea. Nel nord-est della Siria operano le Unità di Protezione Popolare (Ypg/Ypj) curdo-siriane, le stesse che hanno rappresentato la ‘fanteria’ della coalizione, che ha invece contribuito alla guerra contro lo Stato Islamico soprattutto con l’aviazione, andando a recuperare piano piano tutti i territori in mano alle Bandiere Nere, combattendo casa per casa nelle ultime roccaforti islamiste sacrificando migliaia di giovani combattenti. Ma per Ankara rimangono dei terroristi tanto quanto i membri del Pkk.


da: ilfattoquotidiano.it, 25 maggio 2022

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