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Per far cadere Kobane, la Turchia ha orchestrato l’attentato di Istanbul

Quarto giorno di bombardamenti turchi in Rojava: colpiti un altro ospedale, una base russa e il campo di al-Hol (diversi miliziani dell'Isis sono fuggiti) - SDF, Siria

Nella foto: Qamishlo, una stazione del gas in fiamme dopo un raid turco


Quarto giorno di bombardamenti turchi in Rojava: colpiti un altro ospedale, una base russa e il campo di al-Hol (diversi miliziani dell'Isis sono fuggiti). Le Forze democratiche siriane accusano Ankara: la bomba del 13 novembre è stata messa da una donna dello Stato islamico, non dal Pkk né dalle Ypg.


di Chiara Cruciati


Va dritto al punto Mazlum Abdi, comandante delle Forze democratiche siriane (Sdf), la federazione di unità popolari curde, arabe, siriache, turkmene dell’Amministrazione autonoma della Siria del nord-est.

In un’intervista con la testata online al-Monitor, l’uomo che gestisce e coordina le attività anti-Isis in Rojava con gli Stati uniti si dice certo: il vero obiettivo del presidente turco Erdogan è Kobane. «Kobane è altamente simbolica per i curdi. È dove la nostra lotta è stata lanciata e dove ha preso il via la guerra all’Isis. È anche strategica: permetterebbe alla Turchia di riunirsi con Azaz, occupata a ottobre 2019».


È simbolica anche per gli Stati Uniti che sulla lotta a Daesh hanno costruito una buona parte della propria attuale auto-narrazione mediorientale.

Eppure, continua Abdi, la richiesta statunitense ad Ankara di interrompere i bombardamenti sul Rojava rimane troppo blanda.

A lui, che con le truppe Usa si coordina quasi quotidianamente, Washington ha detto di non aver saputo in anticipo delle intenzioni belliche di Erdogan. Abdi ci crede poco.


CREDE INVECE a un’altra cosa: che Ankara abbia orchestrato l’attentato a Istanbul, lo scorso 13 novembre, sei uccisi.

«Penso sia stato un atto di provocazione del governo turco – dice ad al-Monitor – per lanciarci contro una guerra. Abbiamo scoperto che la donna arrestata per aver posizionato la bomba viene da una famiglia legata all’Isis. Tre fratelli morti mentre combattevano per lo Stato islamico, uno a Raqqa, uno a Manbij, uno in Iraq. È stata sposata a tre diversi miliziani dell’Isis».


Di certo c’è che un’eventuale invasione via terra – di cui Erdogan è tornato a parlare ieri – non potrà verificarsi senza il via libera di Stati uniti e Russia.

Almeno in teoria: ieri, dopo le bombe sulla base Usa-Sdf a nord di Hasakah di martedì, l’aviazione turca ha preso di mira una postazione congiunta di Russia e Sdf a Tal Tamr. Due combattenti siriani sono stati uccisi, tre feriti. Tra loro anche un soldato russo, parte di quel contingente che dal 2019 compie pattugliamenti al confine dopo l’accordo stipulato con Ankara.


Ci sono dunque anche alleati Nato e anti-Nato nel mirino della Turchia, che ieri – per bocca del ministro della Difesa Hulusi Akar – indicava in 471 i target colpiti nella Siria del nord-est da sabato sera, quando la nuova offensiva è partita.


TRA QUELLI della quarta giornata di Operation Claw-Sword – oltre ai centri cittadini di tutto il Rojava, in aperta violazione del diritto internazionale – restano le fonti energetiche: pozzi petroliferi a Qamishlo e Tirbespiyê e raffinerie e impianti di gas a Derik e Jazira, con l’ovvia conseguenza di lasciare senza elettricità distretti interi, le abitazioni dei civili ma anche ospedali, forni, scuole.


Colpita un’altra clinica Covid (stavolta a Qamishlo) e il campo di al-Hol ad Hasakah, luogo di detenzione di 60mila tra membri dello Stato islamico e loro familiari, catturati in questi anni dalle Sdf.

Un fatto che conferma i peggiori timori dell’Amministrazione autonoma sulla strategia di Ankara: utilizzare l’offensiva aerea per rivitalizzare il gruppo jihadista, già protagonista di attacchi continui a civili e unità popolari di autodifesa.

Secondo le prime informazioni, dopo il raid, un gruppo di miliziani sarebbe riuscito a fuggire.


È IN TALE CONTESTO di terrorismo di Stato e sostegno più o meno diretto a organizzazioni estremiste che cadono le ultime dichiarazioni di Recep Tayyip Erdogan sui prossimi obiettivi turchi: un’operazione di terra, ha detto di nuovo ieri, verrà lanciata al momento opportuno con lo scopo di creare un «corridoio di sicurezza a partire da città come Tal Rifaat, Manbij, Kobane».

Di fatto un’occupazione permanente del territorio siriano, un’annessione silenziosa alla Turchia delle zone di confine, altri pezzi di Kurdistan.



da: ilmanifesto.it - 24 nov. 2022

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