CLAUDE CAHUN - Inversioni e Rivoluzioni nell'Arte
« Sotto questa maschera un’altra maschera. Non finirò mai di sollevare tutti questi volti »
LUCY RENEE MATHILDE SCHWOB
(Nantes, 25 ottobre 1894 – Saint Helier, 8 dicembre 1954)
Si dedica fin da giovane alla scrittura, alla fotografia, alla recitazione, firmando le sue opere, prima come Claude Courlis, poi come Daniel Douglas ed infine Claude Cahun.
Un'infanzia particolarmente difficile, attraversata anche dall'internamento (1898) in ospedale psichiatrico della madre per disturbi conclamati.
Dopo quel traumatico evento, la piccola Lucy viene affidata alle cure della nonna, perché il padre Maurice è consapevole, essendo ebreo, del crescente antisemitismo e del fatto che la figlia Lucy stesse diventando un bersaglio facile per il bullismo.
Lucy viene mandata a studiare in Inghilterra, con la speranza che possa crescere in un ambiente maggiormente protetto.
Nel 1909, la piccola Lucy, ormai una bella e intelligentissima quindicenne, torna a Nantes, scoprendo che suo padre si era rifatto una vita con una donna che, da parte sua, aveva già un’altra figlia, Suzanne Malherbe.
Tra le due ragazze scatta un vero e proprio colpo di fulmine sia affettivo che intellettuale, diventando inseparabili compagne di vita e di arte.
Lucy si dedicò assai presto alla fotografia – il suo primo autoritratto è datato 1913, ad appena 19 anni – mettendo in luce un profondo e appassionato interesse per le differenze di genere, usando il proprio corpo come vero e proprio terreno di sperimentazione vivente.
Una ricerca pratica, vera e propria dichiarazione personale e politica, allo stesso tempo volta ad esplorare fuori da ogni schema le labili differenze di genere, imposte dai costumi e dalla morale corrente.
Poco tempo dopo intraprende anche la strada della scrittura, insieme all’amatissima Suzanne Malherbe, scrivendo insieme un articolo che vedrà la luce sulla rivista letteraria “Mercure de France”.
Le due coraggiose si firmeranno con pseudonimi che diventeranno nomi di battaglia: Lucy assunse il nome di Claude Courlis.
Lucy diventerà una scrittrice-articolista assai prolifica, soprattutto recensendo molti scrittori importanti, usando molti altri nomi maschili, fino a quando, nel 1917, trovò quello che le calzava a pennello: Claude Cahun.
Trasferitesi a Parigi nel 1920, anche Suzanne adotterà per sempre il nuovo nome di Marcel Moore.
Vissero ogni giorno della loro vita sempre insieme, una simbiosi fatta di amore profondo, scrittura, fotografia, fotomontaggi e collage arditi.
Si fa strada sempre più l’idea che l’identità sessuale sia qualcosa di assai instabile e mutevole, come Lucy/Claude sperimenta ogni giorno con il suo corpo, ora vestito da maschio, ora da donna, ora da androgina.
A scattare i suoi autoritratti c’è spesso la mano di Marcel/Suzanne. Queste foto avevano come protagoniste Dalida, Cenerentola, Elena di Troia, Saffo, Salomè e Giuditta, raccolte in una narrazione per immagine dal titolo “Heroine” e pubblicate sempre nel “Mercure de France”.
Collabora con la rivista "Inversions", fonda con Georges Bataille e André Breton, con cui aveva già collaborato nell' “Association des Écrivains et Artistes Révolutionnaires” , il gruppo di teoria rivoluzionaria "Contre-Attaque", e le due compagne conosceranno molte altre artiste, quali Adrienne Monnier, Alice Toklas, Sylvia Beach e Gertrude Stein.
Con l’arrivo della guerra e la violenza nazifascista, Cahun e Moore fuggirono da Parigi, rifugiandosi nell’isola di Jersey, in Inghilterra, dove avevano già trascorso periodi di vacanza.
I nazisti arrivarono anche lì ma tutt’altro che intimorite, Cahun e Moore passarono al contrattacco, unendosi alla resistenza e stampando volantini (che distribuirono in modo capillare) con il satirico titolo “Soldato senza nome”, una chiara irrisione dei nazisti.
Cahun e Moore continuarono nella loro missione antinazista, fino a quando non furono scoperte, imprigionate e condannate a morte.
Ma quando l’isola venne liberata, nel 1945, la condanna a morte non era ancora stata eseguita così Cahun e Moore, inseparabili nella vita e nella lotta, festeggiarono la liberazione, Claude Cahun non mancò di fare un autoritratto con lei che stritolava un distintivo militare nazista.
Purtroppo la prigionia aveva provato duramente nel fisico Claude Cahun, che morirà l’8 dicembre 1954, una morte tristemente accolta da Marcel Moore che si toglierà la vita il 17 febbraio del 1972.
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SCRITTI RECENTI SU CLAUDE CAHUN
- «Sotto questa maschera un’altra maschera. Non finirò mai di sollevare tutti questi volti». La maschera è certamente per Cahun il simbolo di un’incessante ricerca di verità da parte di un soggetto fondamentalmente straniero a se stesso ma c’è dell’altro. In lei, che nell’arte e nella vita lanciava lo sguardo oltre ogni illusione, la maschera è spesso la soglia oltre la quale si spalancano le profondità del vuoto. È lo strumento per esaltare il mistero, per tenere acceso un desiderio destinato a rimanere inappagato.
SILVIA NUGARA
- Le sue opere, vere e proprie composizioni teatrali, quasi performances, mostrano un corpo androgino, indefinito, neutro, che va oltre le categorie di genere. Cahun, che scelse il nome Claude proprio perché portatore al tempo stesso di maschile e femminile, appare rasata e rivolge sguardi intensi allo spettatore mostrandosi in pose di una modernità sorprendente.
Usa il corpo per giocare sull’ambiguità, l’identità e l’orientamento sessuale, fa del mascheramento un linguaggio espressivo, compiendo una ricerca su se stessa fuori da ogni regola borghese prestabilita.
Resterà legata per tutta la vita alla compagna Suzanne Malherbe: un sodalizio politico oltre che artistico.
Il suo primo autoritratto viene pubblicato nel ’29 sulla rivista Bifur, nello stesso anno elabora il testo autobiografico Aveux non avenus, partecipa alle attività dell’Association des Ecrivains et Artistes Révolutionnaires, collabora con i surrealisti, fa resistenza attiva contro i nazisti e si rifugia nell’isola di Jersey. Nel ’44 viene arrestata dalla Gestapo insieme alla compagna, i loro archivi fotografici sono andati in parte distrutti, dati alle fiamme perché considerati pornografici, condannate a morte ottengono una sospensione dell’esecuzione dopo una lunga prigionia. Le opere, salvate dalla razzia nazista, sono state recuperate da un collezionista e riunite nel museo di Jersey che dal ’95 conserva la più consistente collezione di scatti e materiali.
La fotografia è l’alter ego di Cahun per indagarsi come persona e come altro genere, altro sesso, particolarmente inteso verso il maschile. In quanto attrice di teatro surrealista usa la maschera come topos di travestimento che poi ha il coraggio di togliere per diventare Claude Cahun, un processo di portata rivoluzionaria».
LINDA CHIARAMONTE
- Il rifiuto per ogni categoria che limita e vincola l’individualità e il suo mutare nel corso del tempo è il filo conduttore dell’opera di Claude Cahun.
Claude Cahun, un’artista dalle mille forme, che ama il dinamismo e il movimento: dei corpi, delle idee e della vita. È la sua avversione nei confronti della staticità che le permette nel corso degli anni di confrontarsi con più forme artistiche, così diverse una dall’altra, ma tutte necessarie per un’espressione artistica che non tralasci neanche un aspetto della propria personalità. La scrittura, la fotografia, il teatro: tutte modalità che le permettono di concedere solo una parte di sé, un fotogramma che però non basta per comprendere la complessità della personalità e della storia che si cela dietro quel volto. Un volto che compare in quasi ogni opera, il più delle volte mascherato, truccato, travestito. Il viso che viene coperto per scoprire, un’autenticità che è stata negata, qualcosa di travagliato che l’artista vuole portare alla luce attraverso l’uso sapiente di un obiettivo che diventa una superficie riflettente, uno specchio. Dietro una maschera se ne trova un’altra e così via: l’identità è forse una chimera, il sé viene concesso un po’ per volta e mai del tutto.
Un rifiuto netto nei confronti della famiglia borghese, dettato probabilmente dalle sue vicende autobiografiche, fa di Claude Cahun un’eroina contemporanea.
Già a partire dal nome è evidente il gioco con l’ambiguo, che accompagnerà sempre l’opera dell’artista francese. Niente viene mai lasciato al caso, ma ogni dettaglio contiene in sé rimandi ricchi di significato, racconti sempre volontariamente scelti. All’anagrafe Lucy Renée Mathilde Schwob, Claude firma le sue opere in un primo momento come Cloude Courlis, poi come Daniel Douglas, per poi approdare a quello che l’artista sentirà come il suo vero nome, un nome “neutro”, declinabile sia al maschile che al femminile e un cognome che richiama le sue origini ebraiche, la nonna paterna a cui venne affidata all’età di quattro anni, quando la madre viene internata in una clinica psichiatrica.
Sarà l’incontro con Marcel Moore, che diventerà sua compagna di vita, a regalare a Claude Cauhn la possibilità di dare voce con ancora più forza alla sua libertà creativa e a incrementare la sua figura di outsider.
Senza farne forzatamente un’anticipatrice del gender, la metamorfosi dell’individualità con la sua moltiplicazione incessante, per Claude porta inevitabilmente con sé la demolizione delle categorie di “maschile” e “femminile”, che vengono smascherate nella loro convenzionalità.
Ecco allora che l’artista si presenta negli autoritratti con un carattere asessuato, proprio perché la sessualità, come l’identità, non può essere definita, ma solo rappresentata nella sua instabilità e inconsistenza.
GRETA ESPOSITO
***** VIDEO:
https://youtu.be/08icEkG2pMM
Contributi da: FABRIZIO MELODIA e Wikipedia