ISMAEL E GLI ALTRI. Una storia di migrazione e caporalato
Questo racconto a fumetti, realizzato in collaborazione con l’Associazione per i Diritti dei Lavoratori, è prima di tutto un’inchiesta, che si pone l’obiettivo di mantenere viva l’attenzione su alcuni degli aspetti più vergognosi del mondo del lavoro contemporaneo
Lo scrivere, il narrare, il discutere di migranti come di caporalato ha un andamento carsico. Sono argomenti che affiorano e spariscono in concomitanza, purtroppo, degli interessi politici del momento. Il caporalato è presente oggi in ogni settore produttivo del Paese ed è una costante nel mondo dei migranti. Lo abbiamo appreso dalle cronache dello sfruttamento dei migranti nella raccolta delle arance in Calabria e Sicilia, dei pomodori in Puglia, degli ortaggi in Veneto, nelle aziende tessili a Prato e in quelle della cantieristica navale a Marghera e Monfalcone, fino al noto caso della tipografia Grafica Veneta. Il caporalato si insinua agevolmente in una legislazione sul lavoro a maglie troppo larghe. Questo racconto a fumetti, realizzato in collaborazione con l’Associazione per i Diritti dei Lavoratori, è prima di tutto un’inchiesta, che si pone l’obiettivo di mantenere viva l’attenzione su alcuni degli aspetti più vergognosi del mondo del lavoro contemporaneo.
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Questo testo a firma di MASSIMO CARLOTTO
è la prefazione del graphic novel "Ismael e gli altri" di
BEPPI ZAMBON e PAOLO DE MARCHI
(Edizioni: Becco Giallo)
uscito in libreria il 17 febbraio.
Ismael e gli altri racconta una storia di caporalato. Il termine riporta al passato e ai campi del meridione, ma in realtà accade tutt’oggi nell’operoso e opulento nord Italia. E non solo nelle campagne ma anche in moderne aziende, considerate dai politici e dalle organizzazioni di categoria fiore all’occhiello dell’imprenditoria locale.
L’illegalità nel mondo del lavoro non è più rappresentata da eventi sporadici ma dalla presenza a ogni livello di forme di criminalità, spesso organizzata. Dalla produzione allo smaltimento dei rifiuti, dal riciclaggio come forma di investimento in attività «pulite» alla costruzione di rapporti stabili con la finanza e la politica.
Le culture mafiose, italiane ed estere, hanno deciso da tempo di diventare partner economici «accettabili e affidabili», pronte a fornire quei servizi illegali in grado di garantire profitti sempre più alti. Il caporalato dei giorni d’oggi deve essere considerato come un’articolazione dell’agire criminale per offrire forza lavoro in stato di semi schiavitù.
Proprio da questa consapevolezza dovrebbe iniziare una nuova narrazione capace di raccontare la relazione tra crimine e società. I media, ma anche la cultura nel suo complesso, continuano a evitare questa lettura perché significherebbe denunciare e mettere in discussione la società in cui viviamo a partire dal sistema economico. Al contrario il messaggio corrente continua a riproporre una visione individuale del crimine e per quanto riguarda le mafie, viene suggerita la rimozione della pericolosità attraverso una narrazione obsoleta. Manca soprattutto uno sguardo lucido sulle complicità e cioè su quella parte di imprenditori che accettano di usufruire dei servizi offerti dalla criminalità e quando vengono scoperti fingono di ignorare la vera natura dell’interlocutore.
Questa Graphic Novel, giustamente pubblicato nella bella e importante collana Graphic Journalism di Becco Giallo, casa editrice abituata a maneggiare la realtà e storie negate o scomode attraverso il fumetto, rovescia il punto di vista, squarcia il velo dell’ipocrisia. Nel momento in cui sempre di più il mondo culturale italiano, con lo scopo evidente di isolare ed esorcizzare il conflitto, si dimostra lontano e incapace di comprendere il lavoro, le contraddizioni, lo sfruttamento e l’assenza di diritti che lo contraddistinguono, ne riafferma la centralità.
Una solida sceneggiatura e un tratto potente e classico raccontano una storia di emigrazione, di speranze deluse e tradite, di sfruttamento e violenza, mettendo in evidenza la protervia e il cinismo del potere, dei padroni come si diceva un tempo. Ma anche la solidarietà tra sfruttati, l’importanza della rappresentanza sindacale, delle lotte. Conquiste e sconfitte.
Questo lavoro si iscrive a pieno titolo in quel filone emergente in Italia denominato Creative non fiction e Working Class che intende sviluppare una narrativa «altra», in grado di diventare strumento di conoscenza, di analisi e di opposizione.
L’idea del libro nasce infatti da Beppi Zambon, che ha curato la sceneggiatura e Paolo de Marchi che ha realizzato le tavole, esordienti nel mondo del Graphic Novel ma da sempre all’interno dei movimenti sindacali e di lotta. Una produzione che parte dal basso, che individua nel fumetto il mezzo più adatto per raccontare con chiarezza una storia complessa, che coinvolge altre figure per curare gli aspetti dell’analisi.
Due straordinari esordienti, bisogna sottolineare. Quando ho visionato il progetto per la prima volta, ero convinto di trovarmi di fronte a due professionisti. La qualità artistica è garantita, come quella del necessario approfondimento delle postfazioni.
Le vicende legate al caporalato nel Nordest erano diventate notizia a livello nazionale, l’evoluzione e la narrazione ufficiale rischiavano di disperderne la memoria e svalutarne l’importanza. Ismael e gli altri non lo permette. Anzi, rilancia il tema come è giusto che sia.
Questo progetto non deve rimanere un caso isolato. Beppi e Paolo devono continuare a sviluppare il loro sodalizio artistico non solo perché ci sono altre lotte, altre esperienze da raccontare, ma soprattutto perché la narrazione dal basso è un processo ineludibile per la creazione di una cultura di appartenenza che privilegi la realtà del lavoro, in grado di dare voce e identità ai lavoratori per la conquista e la salvaguardia dei loro diritti.
MASSIMO CARLOTTO