ISRAELIANI. La verità sulla “caccia agli ebrei” di Amsterdam (e su chi sono gli ultras del Maccabi)
Cinque feriti, 60 fermati rilasciati e quattro trattenuti: numeri contenuti, ma la politica olandese ne approfitta. Wilders torna alla carica: revocare cittadinanze. Più casi di antisemitismo e impennata di islamofobia: Paesi Bassi sempre più intolleranti - di SALVATORE TOSCANO e MASSIMILIANO SFREGOLA
di Salvatore Toscano
9 Novembre 2024 - 18:31
La stampa italiana ha confermato ancora una volta il suo atavico vizio di riportare in modo parziale le notizie. Le pagine di giornale, le trasmissioni radiofoniche, i servizi in tv sono affollati dagli scontri avvenuti ad Amsterdam la sera di giovedì, 7 novembre, in cui i seguaci del Maccabi Tel Aviv hanno avuto la peggio. La stampa mainstream li ha descritti in termini di “pogrom organizzati” e “caccia all’ebreo”, gridando all’antisemitismo. Una ricostruzione demistificante, che volutamente relega gli eventi ad azioni estemporanee e sorvola su quanto successo prima (una dinamica che ben conosciamo dal 7 ottobre), nelle ore precedenti alla partita tra Ajax e Maccabi Tel Aviv, finita 5-0 per i padroni di casa. I sostenitori gialloblu del Maccabi sono tra i più violenti del panorama calcistico israeliano e lo hanno confermato seminando odio nelle strade della capitale olandese, tra cori contro i palestinesi, aggressioni e bandiere strappate via dalle case. La violenza è continuata anche all’interno della Johan Cruijff Arena, dove il settore ospiti ha fischiato durante il minuto di silenzio dedicato alle vittime dell’alluvione nella Comunità Valenciana.
A guidare la spedizione gialloblu ad Amsterdam è stato il suo gruppo principale: i Fanatics, legati agli ambienti dell’estrema destra israeliana, in particolare al ministro suprematista Ben Gvir, e connotati da una certa matrice razzista. Nel 2014 costrinsero, per le sue origini arabe, il giocatore israeliano Maharan Radi a lasciare il Maccabi Tel Aviv. L’anno seguente si opposero all’iniziativa della UEFA a favore dei rifugiati siriani, srotolando in curva un eloquente striscione con scritto: “Refugees Not Welcome”. Il loro odio si estende oltre a palestinesi e rifugiati anche verso la comunità lgbtqia+. Negli anni hanno esportato la loro violenza in giro per l’Europa; soltanto pochi mesi fa ad Atene, in occasione di Olympiakos-Maccabi Tel Aviv, gli ospiti hanno aggredito in gruppo un uomo che portava con sé una bandiera palestinese.
Proprio il simbolo di una palestinità che i sionisti fanno fatica ad accettare è stato, giovedì scorso, oggetto di violenze. Diversi video ritraggono i seguaci del Maccabi Tel Aviv intenti ad arrampicarsi sulle finestre delle case per strappare le bandiere palestinesi, violando la proprietà dei cittadini olandesi solidali con il popolo assediato a Gaza e in Cisgiordania.
Dalla sera precedente i supporter gialloblu hanno intonato nel centro di Amsterdam cori contro la Palestina e i palestinesi, aggredendo un tassista e finendo per trovare lo scontro con la popolazione locale in diverse zone della città. I disordini sono continuati appunto anche il giorno seguente. Nel pomeriggio gli hooligan del Maccabi Tel Aviv hanno aggredito un cittadino arabo, che è stato poi allontanato dalla polizia. In avvicinamento alla gara con l’Ajax, hanno inneggiato nei pressi della stazione centrale agli stupri e alla vittoria dell’esercito israeliano ai danni dei palestinesi. I cori discriminatori sono andati avanti anche durante il match, accompagnati dalla violazione del minuto di silenzio disposto per le vittime della Comunità Valenciana. D’altronde la Spagna ha riconosciuto a maggio lo Stato di Palestina ed è impegnata attivamente nel boicottaggio di import-export di armi nei confronti di Israele.
Al termine della partita, dopo due giorni di disordini provocati dai seguaci del Maccabi Tel Aviv, sono scoppiati nuovi scontri con gruppi di manifestanti vicini alla causa palestinese. Il bilancio parla di 62 arresti e di 5 israeliani feriti. Il governo di Tel Aviv aveva annunciato l’intenzione di inviare due aerei di soccorso per rimpatriare i cittadini, salvo poi fare dietrofront e optare per i voli commerciali messi a disposizione dalla compagnia israeliana El Al. Una volta arrivati all’aeroporto Ben Gurion, i supporter hanno ripreso a cantare, intonando: «Non ci sono scuole a Gaza perché non ci sono più bambini».
Mentre il primo ministro Benjamin Netanyahu ha messo in moto la macchina della propaganda evocando l’immagine della notte dei cristalli, Ursula von der Leyen si è detta «indignata per gli attacchi vili della notte scorsa contro cittadini israeliani ad Amsterdam. Condanno con forza questi atti inaccettabili. L’antisemitismo non ha assolutamente posto in Europa. E siamo determinati a combattere tutte le forme di odio». Si è dunque di fronte all’ennesima strumentalizzazione del concetto di antisemitismo, avallata dalla retorica israeliana che svilisce l’Olocausto, comoda a temporeggiare di fronte al primo genocidio in diretta social della storia.
Fonte: lindipendente.online - 9 nov. 2024
Maccabi-Ajax, l’estrema destra chiede il giro di vite nella comunità araba
10 nov. 2024
(...) In un clima cupo che appare sempre più di resa dei conti con il mondo musulmano locale e con le minoranze etniche non allineate ai valori espressi dalle formazioni conservatrici che guidano il paese, attivisti e intellettuali in dissenso hanno pochi interstizi sul palco nazionale. Eppure, di cose da dire ne avrebbero: sui social molti contestano la granitica narrazione dell’emergenza antisemitismo.
L’Olanda, obietta su "X", Nadia Bouras, storica olandese-marocchina all’Università di Leiden, ha un problema enorme e documentato con razzismo e islamofobia. Opinione confermata dal Coordinatore nazionale per la lotta alla discriminazione in Olanda, Rabin Baldewsingh, che in un rapporto pubblicato ad aprile ha parlato di un aumento delle denunce per odio antisemita, ma di un’impennata registrata per razzismo, islamofobia e omofobia. L’Olanda è sempre più intollerante ma la politica ufficiale vede solo l’antisemitismo e lo brandisce come arma contro oppositori e minoranze.
E DALLA SBIADITA opposizione, nella trappola tesa da Wilders, è caduta anche la sindaca di Amsterdam: alla rosso-verde Femke Halsema la comunità ebraica non ha perdonato, lo scorso marzo, il via libera a manifestazioni contro la visita del presidente di Israele, Isaac Herzog, in occasione dell’inaugurazione del Museo cittadino dell’Olocausto.
L’estrema destra al governo mise Halsema alla gogna: per loro cortei e bandiere palestinesi erano un’istigazione all’odio e all’antisemitismo. Per non sbagliare, stavolta la sindaca ha adottato un approccio da sceriffa a fuochi spenti, imponendo un incomprensibile stato d’emergenza, nonostante i tifosi israeliani avessero già lasciato la città.
In risposta alla messa al bando di manifestazioni, le sigle e i collettivi che sostengono la Palestina hanno convocato per oggi un corteo non autorizzato a piazza Dam. Protesteranno contro il divieto ma soprattutto, si legge nel comunicato che circola sui social, contro la narrazione senza contraddittorio dei fatti dei giorni scorsi da cui sono scomparse le violenze lunghe due giorni dei tifosi del Maccabi, tra cori anti-arabi, incendi di bandiere, pestaggi e giri in piazza con spranghe e bastoni.
Fonte: ilmanifesto.it - 10 nov. 2024