MIGRAZIONI: CAMBIARE ROTTA! SPAZIO AI DIRITTI UMANI! (video)
Oltre 1.500 i morti nel Mediterraneo, a seguito di naufragi che non sono disgrazie ma conseguenza di omissioni e scelte politiche
Respingimenti, rimpatri, forme di detenzione e di confinamento durante il 2021 sono stati normalizzati lungo tutti i confini dell’UE, dal Mediterraneo, alla rotta balcanica, al nuovo muro di confine dell’Est Europa, sino alla rotta atlantica, passando per le frontiere interne.
Nonostante lo stallo sulla negoziazione degli strumenti “più controversi” contenuti nel Patto su migrazione e asilo, nell’ultimo anno gli stati membri e la commissione sono andati avanti sugli elementi che costituivano il punto centrale dell’approccio: collaborazione con i paesi di origine e transito, rafforzamento dei confini esterni e dell’approccio hotspot, aumento dei rimpatri, cercando di legittimare a posteriori prassi che sono drammatica quotidianità da anni.
Il 7 ottobre 2021, 12 stati membri hanno mandato una lettera alla Commissione UE chiedendo la costruzione di barriere fisiche ai confini esterni, con fondi europei. Con o senza muri, respingimenti e rimpatri sono stati portati avanti con risorse sia nazionali che europee e con il sostegno delle agenzie dell’UE. In prima linea Frontex, che si è trovata sotto investigazione dal Parlamento europeo per aver facilitato respingimenti nel Mediterraneo, mentre supporta i Paesi UE nelle procedure di rimpatrio forzato, come ad esempio per i rimpatri di cittadini egiziani dall’Italia.
Davanti alla tragedia afghana, la Commissione UE ha scelto di impegnarsi per prevenire gli arrivi delle persone e proteggere i confini, ignorando le richieste delle organizzazioni della società civile e dei membri del parlamento europeo di attivare corridoi umanitari e di utilizzare la direttiva sulla protezione temporanea. Nonostante l’UE abbia sospeso i rimpatri forzati verso l’Afghanistan, la Commissione ha incoraggiato gli stati membri a continuare a deportare i cittadini e le cittadine afghani verso paesi terzi.
La situazione esplosa nell’estate al confine tra Bielorussia e UE ha portato ora alla morte di almeno 10 persone; l’ultima tragica morte è quella di un bambino di 1 anno, che ha perso la vita nella foresta. La risposta della commissione europea alla situazione è stata quella di proporre deroghe delle norme sull’accesso al diritto d’asilo per Polonia, Lettonia e Lituania che, come abbiamo denunciato, potrebbe creare un pericolosissimo precedente.
Il dramma di migliaia di persone intrappolate nei campi improvvisati in Bosnia-Erzegovina a causa delle politiche di chiusura e dalle prassi dei respingimenti, continua ancora oggi nella rotta balcanica, le persone rimangono bloccate ed esposte a violenze in luoghi di non diritto, dove violenze e torture sono state confermate anche dal report del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, pubblicato a dicembre 2021. ARCI insieme ad altre organizzazioni ha chiesto ripetutamente evacuazioni immediate, assistenza umanitaria e di garantire la libera circolazione delle persone.
Ai confini marittimi, la situazione rimane drammatica: 30 mila persone sono state respinte in Libia nel 2021, il 50% di quelle che hanno cercato di raggiungere l’Italia. Oltre 80 mila respinti dalla firma del Memorandum of Understanding firmato da Italia e Libia. Il progetto di supporto alle autorità per chiudere i confini libici continua; grazie alla petizione presentata da ARCI, ASGI e GLAN, il programma sarà ora soggetto a monitoraggi periodici e alla valutazione della Corte dei Conti. Le motovedette e il personale libico continuano a essere equipaggiate e formate anche con i soldi delle missioni militare italiane, rinnovate ancora una volta lo scorso luglio, nonostante sia dimostrato che le autorità libiche in più occasioni abbiano usato violenza contro i migranti in fuga e si siano macchiate di gravissime omissioni di soccorso, e nonostante diversi Tribunali – qualche giorno fa la stessa Cassazione – abbiano confermato che le operazioni di soccorso in mare che si concludono con respingimenti in Libia costituiscono violazione del principio di non-refoulement.
Oltre 1.500 i morti nel Mediterraneo, a seguito di naufragi che non sono disgrazie ma conseguenza di omissioni e scelte politiche, come il naufragio che il 22 aprile ha causato la morte di 130 persone e per cui insieme ad altre associazioni ARCI ha presentato un esposto alla Procura di Roma. L’unica iniziativa che davvero potrebbe contrastare il traffico di esseri umani e le morti in mare, cioè l’istituzione di un meccanismo di ricerca e soccorso a guida europea, è ancora oggi lontano, osteggiato dalla mancata volontà degli stati che davanti alla proposta del “meccanismo di solidarietà” per la ricollocazione di persone soccorse in mare, contenuta nel nuovo Patto, rispondono di voler rafforzare la dimensione esterna e la collaborazione con i paesi di transito per bloccare le partenze.
Rafforzare i confini ed evitare gli arrivi resteranno obiettivi del prossimo anno: Macron ha dichiarato che con la presa in carico della presidenza dell’Unione Europea il prossimo gennaio, lavorerà sullo stabilimento di campi ai confini e sulla cooperazione con i paesi di origine e transito dei migranti, utilizzando il nuovo budget e le risorse che verranno messe a disposizione dagli stati membri.
Davanti a queste derive chiediamo ancora una volta all’UE e all’Italia di sospendere la collaborazione con paesi in conflitto o guidati da regimi dittatoriali per il blocco delle migrazioni e per i rimpatri, chiediamo un impegno concreto per iniziative di ricollocamento e di evacuazioni dai campi, un sistema di ricerca e soccorso, e una nuova politica europea basata su solidarietà e rispetto dei diritti umani.
ARCI.IT, 22 dic. 2021