REGENI PROCESSO. Giulio «torturato con la corrente»: al processo ieri la testimonianza choc in video
"Gli interrogatori duravano ore, l’ho rivisto dopo, era sfinito dalla tortura: le guardie lo portavano a spalla, verso la sua cella..." - da IL MANIFESTO, IL FATTO QUOTIDIANO e ARTICOLO 21
di Redazione "il manifesto"
20 novembre 2024
«Era bendato e sfinito dalla tortura: le guardie lo portavano a spalla, verso la sua cella». Parla attraverso una video intervista, realizzata dall’emittente qatariota Al Jazeera, il testimone oculare delle torture inflitte a Giulio Regeni dalla National Security egiziana tra il 25 gennaio e il 3 febbraio 2016, giorno in cui il suo cadavere venne ritrovato lungo l’autostrada tra il Cairo e Alessandria.
Si tratta di un cittadino palestinese che era detenuto nella stessa prigione adibita a luogo di sevizie degli stranieri sospettati di minare la sicurezza nazionale egiziana. La sua è la prima testimonianza acquisita dai giudici della Prima corte d’assise di Roma nel processo in contumacia ai quattro 007 cairoti: il generale Tareq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif (il presunto aguzzino e boia del ricercatore friulano).
Il 28 e il 29 gennaio 2016 l’ex detenuto palestinese incontra Regeni, senza però rivolgergli mai la parola. «L’ho visto arrivare nel corridoio, era a circa cinque metri da me. Giulio era ammanettato con le mani dietro la schiena, con gli occhi bendati e accompagnato da due guardie carcerarie. Gli interrogatori duravano ore, l’ho rivisto dopo, era sfinito dalla tortura: le guardie lo portavano a spalla, verso la sua cella. Non era nudo indossava degli abiti, dei pantaloni scuri e una maglietta bianca».
Il testimone ricorda la domanda insistente dei carcerieri rivolta al prigioniero italiano: «Giulio dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l’interrogatorio». «Erano nervosi, usavano la scossa elettrica e lo torturavano con la corrente – continua il teste – Oltre ai carcerieri c’erano gli investigatori, ufficiali che non avevo visto prima e un colonnello, Ahmad, un dottore specializzato in psicologia. Anche il colonnello Tareq ha ripetutamente assistito agli interrogatori di Giulio».
Durante le indagini, nel 2020, la procura raccolse la testimonianza di cinque persone identificate con le prime lettere dell’alfabeto greco. Il teste epsilon aveva visto Giulio mezzo nudo e sdraiato a terra, ammanettato e «tra catene di ferro», «con due ufficiali e due agenti», nella stanza 13 del primo piano della villa degli orrori utilizzata dalla National security. L’ex detenuto palestinese dunque sarebbe il secondo testimone delle torture subite da Regeni. Racconta di detenzione senza regole, in «celle molto strette, fredde, umide e maleodoranti», praticamente un «sepolcro».
Fonte: ilmanifesto.it - 20 nov. 2024
di F.Q.
19 novembre 2024
(...) Sotto processo ci sono 007 egiziani, accusati di aver seviziato il ricercatore prima di gettare il corpo sull’autostrada che da Alessandria porta al Cairo. E proprio sulle violenze subite dal ricercatore italiano è stata acquisita una video testimonianza di un ex detenuto palestinese in contenuta in un documentario tramesso da Al Jazeera e mostrato oggi nel corso dell’udienza del processo davanti alla Prima Corte di Assise di Roma.
Secondo l’uomo a Regeni sarebbero state rivolte queste domande: “Giulio dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l’interrogatorio? Dove hai conseguito il corso anti interrogatorio? Ricordo più volte questa domanda ripetuta in dialetto egiziano. Non so se Giulio abbia risposto a meno – ha spiegato – Insistevano molto su questo punto, erano nervosi. Usavano la scossa elettrica e lo torturavano con la corrente elettrica”.
Nella video testimonianza l’ex detenuto ha spiegato di aver visto Giulio Regeni il 29 gennaio 2016, tra il pomeriggio e la sera, “mentre usciva dalla palazzina del carcere, passando nel corridoio, diretto al luogo dove avveniva l’interrogatorio. La lingua usata per interrogare era l’arabo e il dialetto egiziano. C’erano anche ufficiali che non avevo mai visto prima e un dottore specializzato in psicologia. Giulio era ammanettato con le mani dietro la schiena, con gli occhi bendati. Era a circa 5 metri da me. Indossava una maglietta bianca, un pantalone largo blu scuro”.
In seguito “l’ho rivisto che usciva dall’interrogatorio, sfinito dalla tortura. Era tra due carcerieri che lo portavano a spalla verso le celle”. Quando, ha spiegato il palestinese, “ero in quella struttura i miei familiari non sapevano nulla di me, non c’era nessun contatto col mondo esterno: la sensazione era quella di stare in un sepolcro. Sono stato sequestrato, detenuto e poi liberato senza un perché”.
Fonte: ilfattoquotidiano.it - 19 nov. 2024
di Patrizia Migliozzi
19 novembre 2024
(...) L’udienza è proseguita con la proiezioni di filmati di un testimone palestinese all’epoca rinchiuso nello stesso luogo di tortura (arrestato, torturato, detenuto per due anni senza sapere mai il motivo) di Giulio; ha raccontato la struttura gerarchica degli ufficiali presenti e la condizione carceraria dei detenuti. In isolamento, in celle minuscole dove era impossibile sdraiarsi. Senza cambi, senza riguardo delle stagioni, del caldo, del freddo, della totale assenza di luce.Lì si consumavano torture fisiche e psicologiche.Lì in quel carcere ha visto passare Giulio, sfinito, bendato, portato a spalle da due carcerieri.
Il processo continuerà il 3 dicembre alle ore 9:30 per la ricostruzione della catena probatoria.
Fonte: articolo21.org - 19 nov. 2024