top of page

Armi di controllo di massa (1)

Armi di controllo di massa (1)

crimescene_07ds.jpg

Neue Fabrik

Oct 19, 2022

L'inchiesta di "Presa Diretta", Rai3 Tv (parte 1)

Armi di controllo di massa (1)

di Aldo Funicelli (sito)

martedì 18 ottobre 20220



E' festa grande per i produttori di armi da quando è cominciata la guerra in Ucraina: l'industria delle armi fattura più di quella del settore auto, più di duemila miliardi di fatturato. Siccome sono spesso aziende controllate dallo Stato, o in forti rapporti coi governi, sono anche in grado di condizionarne le politiche.




È grazie alle armi e alla determinazione degli ucraini se l'esercito russo non ha sfondato: l'Ucraina ha ricevuto 35,64 miliardi di euro in sistemi d'arma. I lanciamissili Javelin costano 256mila dollari, i droni turchi costano tra 1 e 5 milioni di dollari.


Anche la Russia e la sua industria militare sta andando “bene”: i missili che colpiscono le città ucraine costano anche 2 milioni di dollari. Per mantenere la guerra i russi spendono 900 milioni di dollari al giorno. È festa per l'industria delle armi.


Industria che si ritrova alla fiera del Qatar: dove nello scorso maggio si è tenuta una delle più futuristiche fiere di armi: nella scorsa edizione della fiera si erano chiusi contratti per 100 ml di dollari, quest’anno, l’anno della guerra in Ucraina, il mercato è esploso, si sono fatti affari per 162 ml di dollari.


Questo grazie all’esplosione delle vendite di droni, usati nel conflitto ucraino e negli altri conflitti dimenticati in tutto il mondo, sono le armi chiave per vincere la guerra, raccontano i rappresentanti delle aziende di armi.







Grazie ai droni, missili a lunga gittata e lanciarazzi, elicotteri, mezzi corazzati, ricevuti dai paesi europei e dall'America, l'Ucraina sta respingendo le forze russe: a festeggiare sono le aziende che le vendono queste armi.


Come l’azienda turca Baycar, produttrice dei droni più utilizzati al mondo e nelle mani del genere del dittatore turco Erdogan, che da febbraio ha ricevuto ordini da tutto il mondo. L’americana Lockheed, produttrice dei lanciarazzi Jevelin (usati dalla resistenza ucraina) e degli F35, i nuovi bombardieri nucleari che ha guadagnato un +25% sul mercato. La tedesca Rheinmetall che ha raddoppiato il valore in borsa, la francese Thales e l’italiana Leonardo, cresciute del 60%.


Viviamo nell’età dell’oro per i produttori di armi – racconta Presadiretta nell’anteprima – che però non è iniziata con l’attacco russo dello scorso febbraio. A riferirlo è il SIPRI, un istituto a Stoccolma che monitora la spesa mondiale in armamenti: “già nel 2021, ben prima dell’attacco russo, la cifra mondiale per la spesa militare aveva raggiunto la cifra più alta di sempre, 2.1 triliardi di dollari, con una crescita costante dall’inizio del 2000. ”


C'è poi la crescita dell'arsenale militare, sia in Cina che in America, ma sono molti i paesi europei che aumenteranno le spese militari per arrivare al 2% del PIL in armamenti, come suggerito dalla Nato.

La Germania, col suo presidente Sholtz, ha deciso di creare un fondo speciale da 200 miliardi da usare nei progetti in armamento, con l'obiettivo di aumentare la sicurezza del paese: è una svolta per la Germania, che sin dalla seconda guerra mondiale non ha mai avuto un esercito ben organizzato e armato.


LA Germania spende già 50 miliardi l'anno per l'esercito, per creare questo fondo da 100 miliardi il parlamento ha dovuto discuterne in Parlamento, mentre fuori le persone manifestavano: i soldi in armamenti sono fondi sottratti ad altri fini. Ma non tutti i tedeschi sono sfavorevoli all'esercito: la guerra ha spaventato le persone, che hanno paura di una nuova guerra fredda e temono l'incolumità delle frontiere.


Assisteremo ad una nuova corsa agli armamenti: anche in Italia Draghi ha dichiarato di voler aumentare la spesa militare da 26 a 38 miliardi, per arrivare al 2%.

Si tratta di spendere in programmi per acquistare i bombardieri nucleari F35, per la loro logistica, ma – come ha raccontato Francesco Vignarca della Rete Disarmo – spenderemo anche in nuove navi, nuovi aerei. Spenderemo anche fondi del PNRR per estendere le basi militari esistenti.

La retorica del conflitto in Ucraina servirà a questo: spenderemo più in armi perché ora la Russia è vista come nemico dunque dobbiamo spendere sempre più per la difesa.


Ora l'Ucraina e Zelensky sta chiedendo nuovi missili a lunga gittata: sono usati per colpire a 300km per colpire le retrovie russe, per arrivare fino in Crimea. Le cancellerie occidentali hanno aspettato per dare queste armi, per evitare una escalation del conflitto, perché sono armi offensive.


(...)






L'influenza politica dell'azienda delle armi

Quando un'industria ha un giro d'affari da duemila miliardi, considerando che sono spesso industrie di stato, è in grado di interferire con le politiche di sicurezza dei paesi.


Alle fiere militari i grandi colossi del settore si sfidano a colpi di droni, di robot, di telecamere, di sistemi di biometria: per il controllo delle frontiere, per la sicurezza interna in un mercato che cresce del 9% l'anno.


In un mondo globalizzato, i paesi spendono per difendere le frontiere, ora con i droni: il settore dei droni vale 14 miliardi, un mercato che è in crescita specie in Europa, grazie ai muri fisici e virtuali costruiti per contenere i flussi migratori.


Sono le aziende delle armi che hanno trasformato un fenomeno sociale come la migrazione dai paesi del sud del mondo in un problema di sicurezza.


L’Europa è così sensibile agli interessi della lobby delle armi tanto da aver deciso di spendere sempre di più: secondo il report “A quale costo” pubblicato da State Watch e Transnational Institute che analizza le spese militari dell’UE, tra il 2021 e il 2027 investiremo 49,3 miliardi di euro per i settori sicurezza e difesa, un aumento del +123%. Il fondo per la gestione del controllo delle frontiere, crescerà del 131% passando a 6,2 miliardi di euro. Per non parlare del fondo per la sicurezza interna, quasi 2 miliardi con un aumento dei fondi del 90%. Tocco finale, i finanziamenti ad Europol e Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere: siamo a 10miliardi di euro con un aumento del fondi del +129%.



“Ci siamo accorti che il budget stava aumentando sempre di più” racconta a Presadiretta Margarida Silvia di Corporate European Observatory “e che l’agenzia otteneva sempre più potere nella gestione degli appalti per le frontiere, senza disporre di un adeguato sistema di trasparenza e controllo dell’attività delle lobby.

Abbiamo fatto una richiesta di accesso agli atti e abbiamo scoperto che in tre anni Frontex è stata in contatto con oltre 180 società private: Airbus, Gmw, Indra, Leonardo, le principali compagnie di armi in Europa. Queste hanno cercato di convincere Frontex e gli stati membri a spendere più soldi in tecnologie di sorveglianza e controllo delle frontiere. Se chiedi alle aziende di armi quale deve essere il futuro del controllo delle frontiere, ti risponderanno con più armi, più sorveglianza e una Europa piena di muri.”

bottom of page