Neue Fabrik
Feb 3, 2021
2014-2021. Si svegliano una mattina e le loro mamme non ci sono più. Partite. La maggior parte verso l'Italia. A fare le badanti
di BEATRICE SCIARRILLO e LIDIA BARATTA
Secondo stime UNICEF Alternative Sociale (AAS), in Romania gli orfani bianchi (bambini privati dell’affetto materno che vengono affidati, nei casi più fortunati, ai nonni e agli zii, in altri, invece, ai vicini di casa) sarebbero 350.000. Metà dei 'children left behind' ha meno di 10 anni, mentre più della metà ha tra i 2 e i 6 anni e il 4% ha meno di un anno. Le conseguenze della distanza dalla propria madre sulla vita di questi bambini e adolescenti sono molteplici, e incidono – non solo – sulla loro carriera scolastica (il 2% dei minori con almeno un genitore all’estero ha abbandonato la scuola) – ma anche – sulla loro relazione con la figura materna. I figli di Daniela (una delle tante badanti in Italia) non riescono a capire appieno perché, una mattina di febbraio, la madre li abbia abbandonati, e, in particolare, la figlia maggiore, Angelica, non perdona la madre per averle assegnato – senza interpellarla – la responsabilità di fare da madre a se stessa e al fratello più piccolo. Daniela, però, insiste, più volte, sul fatto che tutte le sue azioni non sono state guidate dall’egoismo, ma sono stati sacrifici finalizzati a migliorare la loro condizione. Perché, “a volte si può fare solo così”: scappare dal paese-fantasma, in cui si è nati, per ritornare – prima o poi – e ricostruire ciò che si è lasciato.
Ma, se ci sono madri che emigrano, ci sono – necessariamente – anche figli che vengono abbandonati,
E nella maggior parte dei casi, quei figli non sono in Italia. Sono stati, infatti, abbandonati dalle loro madri che, spinte dalla necessità di trovare un lavoro per sostenere le spese della famiglia, sono state costrette a emigrare in un altro paese europeo.
Per anni, madri e figli non si vedono – se non attraverso lo schermo di uno smartphone, acquistato grazie ai soldi guadagnati in Italia e inviati alla famiglia.
Inoltre, queste donne, emigrate in Italia con il fine di consentire alla loro famiglia di vivere un’esistenza più dignitosa, hanno difficoltà a mutare l’assetto economico del loro nucleo familiare, a causa del misero guadagno che ricevono mensilmente e a causa della totale mancanza di tutele. Infatti, queste lavoratrici, da un giorno all’altro, senza nessun preavviso, possono trovarsi licenziate e sfrattate di casa.
Disagio socio-economico e disagio psicofisico vanno a braccetto.
Gli psichiatri, infatti, chiamano “Sindrome Itliana” il bornout, che affligge le assistenti domestiche dell’Est Europa, che, dopo anni di reclusione nella casa di anziani malati, sono colpite da una forte crisi depressiva legata alla lontananza da casa – dalle proprie usanze e tradizioni – e allo stress psicofisico a cui sono sottoposte – spesso 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
All’Istituto psichiatrico Socola di Iași, ogni anno vengono ricoverate più di 200 badanti: molte di queste hanno cercato di togliersi la vita una volta ritornate nel loro paese.
E spesso la separazione dalla madre è troppo dolorosa, l’attesa troppo lunga da sopportare. Nei casi meno drammatici, questi bambini finiscono per essere depressi, sviluppano dipendenza dalle droghe o dall’alcol, o prendono la strada dell’illegalità. Nei casi più drammatici si tolgono la vita, anche a dieci, undici, dodici anni. «Un gesto estremo», spiega Silvia Dumitrache, presidente dell’Associazione donne romene in Italia, «credendo che sia l’unico modo per far tornare le mamme a casa». Quanti siano i suicidi tra gli orfani bianchi non si sa con precisione.
Le badanti in Italia sono più di un milione e seicentomila (dati Censis): più di quattro quinti sono donne, e oltre il 77% è straniero, in maggioranza romene, seguite da ucraine, filippine, moldave, marocchine, peruviane, polacche e russe. Donne che lasciano tutto, figli compresi, per garantire alle famiglie a distanza una vita migliore. I mariti perdono il lavoro, e loro partono. È il mercato dell’assistenza familiare che le cerca.
Tramite la rete delle biblioteche nazionali romene, molti paesi e città romene si sono popolate di postazioni Internet da dove i bambini rimasti soli possono collegarsi gratuitamente via Skype per parlare, e guardarsi, con le mamme a distanza.
Uno di loro non sa neanche dove sia la mamma. Quando ne parla Silvia non riesce a non commuoversi. In uno dei disegni c’è scritto: «Mamma ti voglio bene. Ero sconvolto quando mi hai lasciato da solo». E ancora: «Cara mamma, mi manchi molto da quando te ne sei andata»; «è difficile senza di te, ti prego di tornare».
(Uno dei disegni fatti dai bambini romeni e consegnati a Silvia. È scritto: “Cara mamma, è difficile senza di te. Ti prego di tornare”).
Molto dipende anche da come le mamme vanno via. «Se spieghi a tuo figlio dove vai e per quanto tempo, è come andare dal dentista: il medico ti dice che il dente ti farà male per un certo periodo di tempo, ma c’è una fine. Diverso è quando si parte mentre il bambino dorme perché la mamma di solito per non far male al proprio figlio non glielo dice. Magari glielo dice il giorno dopo la nonna: “La mamma è dovuta partire e fra poco torna”».
In Romania, se va bene, restano i padri, i vicini di casa, le altre donne della famiglia, che si occupano della cura dei figli. Se va male, i bambini finiscono negli istituti per minori.
«I genitori», spiega Silvia, «nella maggior parte dei casi vanno via senza avvisare le autorità, non lasciando la tutela legale dei bambini a nessuno. Le procedure sono lunghe e chi prende in affido un minore deve avere determinate caratteristiche, sottoporsi a un test psicologico, per questo si evita di farlo. Tante, poi, non dicono che sono venute in Italia a fare le badanti perché si vergognano.
Fare la badante significa vivere nella stessa casa dell’anziano assistito, lavorare senza sosta, trascorrere notti in bianco. È un lavoro logorante. «Vivono in clausura, senza uscire e senza parlare con nessuno», dice Silvia. «In tante sviluppano forme di asma, stanno male, hanno sguardi vuoti e assenti. Non è normale che si faccia una vita del genere. E i bambini percepiscono il malessere delle mamme. Alcuni si suicidano proprio perché pensano che così le mamme tornano a casa e smettono di soffrire». Secondo un’indagine di Acli Colf, il 39,4% delle badanti dice di soffrire di insonnia, e il 33,9% di ansia o depressione. Una su tre, nell’ultimo anno, non è mai andata da un medico a controllare il proprio stato di salute, e tra le under 35 il dato sale al 44,2 per cento.
Nel 2005 due psichiatri ucraini, Andriy Kiselyov e Anatoliy Faifrych, hanno coniato un nome, “sindrome italiana”, per identificare la depressione diffusa tra tante donne badanti tornate in patria dall’Italia. Madri poco più che ventenni, piombate senza filtri in case sconosciute a curare anziani malati, spesso in condizioni di isolamento, che al ritorno nel proprio Paese poi fanno fatica a reinserirsi in famiglia, a parlare con i figli per i quali magari si sono trasformate in asettici bancomat dispensatori di soldi e regali. «I figli per colmare la mancanza di affetto chiedono sempre di più, ma anche per i parenti che si prendono cura dei figli». In Romania, racconta Silvia, «ho incontrato una donna che al ritorno dall’Italia non capiva dove si trovava, non riusciva a comunicare con i propri figli. Queste donne si sentono invecchiare insieme agli anziani che curano. Non hanno più 20 anni, ma 70».
Le donne continueranno a partire, «e vengono giudicate male dalla comunità in cui vivono e dalle autorità», dice Silvia Dumitrache. Per i bambini che restano, «la parte dolorosa non è tanto il distacco, quanto l’attesa che non finisce mai. E poi c’è la mancanza di comunicazione, il non poter immaginare cosa fa la mamma nell’altro Paese. Ti senti abbandonato. Per questo i bambini si tolgono la vita. Pochi si accorgono del loro disagio, perché in Romania, soprattutto nelle zone rurali, la figura dell’assistente sociale è assente». La situazione è ancora più grave in Moldavia: qui il numero dei suicidi tra i preadolescenti è altissimo, e il governo ha avviato una campagna di informazione e sostegno per le emigrate e le loro famiglie. Cosa che in Romania ancora non esiste. «Manca la prevenzione, ma anche il supporto delle famiglie a distanza», spiega Silvia. «Sia lo Stato di partenza sia lo Stato di arrivo sono colpevoli di questo disagio. È un fenomeno sottovalutato a livello europeo».
«L’Italia è l’unico Paese al mondo con oltre 1,5 milioni di badanti», dice, «ma non ha una politica adeguata. Dal 2008 non è cresciuta la spesa dello Stato nella cura degli anziani, è cresciuta solo la spesa delle famiglie».
E la 'Sindrome Italiana' continua a mietere le sue vittime.