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Jan 3, 2025
Contro i fascismi contemporanei, i loro sostenitori e chi mente sapendo di mentire in merito a ciĆ² che sta accadendo, in Italia e non solo - ROBERTO BERTONI
Lāanno che ĆØ appena cominciato ĆØ il solco lungo cento anni esatti che separa dal regime fascista, iniziato il 3 gennaio 2025, col discorso alla Camera dei Deputati del Regno dāItaliaĀ con cui Benito Mussolini ārivendicĆ²ā la responsabilitĆ morale e politica del delitto di Giacomo Matteotti.
di Roberto Bertoni
3 Gennaio 2025
Era il 3 gennaio 1925, un sabato, quando Mussolini prese la parola in Parlamento per un discorso destinato, purtroppo, a passare alla storia.
Ne citiamo due passaggi, significativi e strazianti:Ā āEbbene, io dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea, ed al cospetto di tutto il popolo italiano, che assumo (io solo!) la responsabilitĆ (politica! morale! storica!) di tutto quanto ĆØ avvenuto. Se le frasi piĆ¹ o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il Fascismo non ĆØ stato che olio di ricino e manganello e non invece una superba passione della migliore gioventĆ¹ italiana, a me la colpa! Se il Fascismo ĆØ stato unāassociazione a delinquere (omissis), a me la responsabilitĆ di questo, perchĆ© questo clima storico, politico e morale io lāho creatoā. E ancora: āOra io oso dire che il problema sarĆ risolto. Il Fascismo, Governo e Partito, ĆØ in piena efficienza. Signori, vi siete fatte delle illusioni! Voi avete creduto che il Fascismo fosse finito perchĆ© io lo comprimevo, che il Partito fosse morto perchĆ© io lo castigavo e poi avevo anche la crudeltĆ di dirlo. Se io la centesima parte dellāenergia che ho messo a comprimerlo la mettessi a scatenarlo, oh, vedreste alloraā¦ Ma non ci sarĆ bisogno di questo, perchĆ© il Governo ĆØ abbastanza forte per stroncare in pieno e definitivamente la sedizione dellāAventino. LāItalia, o signori, vuole la pace, vuole la tranquillitĆ , vuole la calma laboriosa; gliela daremo con lāamore, se ĆØ possibile, o con la forza se sarĆ necessario. Voi state certi che nelle quarantottāore successive al mio discorso, la situazione sarĆ chiarita su tutta lāarea, come dicono. E tutti sappiamo che non ĆØ capriccio di persona, che non ĆØ libidine di governo, che non ĆØ passione ignobile, ma ĆØ soltanto amore sconfinato e possente per la Patriaā.
Non staremo qui a riflettere sullāoratoria mussoliniana e nemmeno sul cattivo gusto di quelle testate ("Libero", NdR) che tuttora, a un secolo di distanza, proclamano il Duce āuomo dellāannoā, senza rendersi conto di quanto sia offensiva una pratica del genere. Vogliamo soffermarci, piuttosto, su chi, anche a sinistra, tace, minimizza, acconsente, omette e irride gli oppositori, esattamente come avveniva un secolo fa. Vogliamo occuparci di questa categoria di cerchiobottisti non tanto per spirito di polemica o amore per la contestazione tout court ma per ricordare, innanzitutto a noi stessi, quali e quanti rischi corra il nostro Paese in una fase cosƬ delicata a livello mondiale.
Del resto, determinati personaggi li conosciamo bene. Sono coloro che non hanno mai assunto una posizione scomoda in vita loro, che non si sono mai schierati, tanto meno contro il potere, che non hanno mai trovato il coraggio per compiere una denuncia, che non hanno mai preso parte a una manifestazione o che, peggio ancora, hanno sempre aspettato di vedere cosa accadesse per esprimere un parere o il suo opposto. Vogliamo occuparci di questa gente, con la quale abbiamo sempre polemizzato, perchĆ© ĆØ la stessa categoria che ci consigliava, con toni sprezzanti, di non esagerare nei confronti del berlusconismo, ai tempi delle censure, dei bavagli e dellāeditto bulgaro.
Sono coloro che ci hanno chiesto di non esagerare quando denunciavamo, quasi da soli, quanto fosse grave e sbagliata la āriformaā renziana della RAI, oggi dichiarata fuori legge dallāUnione Europea. E sono ovviamente gli stessi che ci consigliano, attualmente, di non pronunciare mai la parola āfascismoā perchĆ© il fascismo ĆØ morto e sepolto, non tornerĆ e al governo , in Italia, non possono che andarci fior di liberali. Come vedete, la polemica non ĆØ rivolta a questo o a quellāesecutivo: non ĆØ nel nostro costume.
Ispirandoci idealmente alla lezione di Sergio Zavoli, stiamo ripercorrendo la ānascita di una dittaturaā: un gioiello televisivo che spiegava, per filo e per segno, non solo cosa fosse stato il fascismo ma come fosse stato possibile che si arrivasse alla Marcia su Roma prima, e al giĆ menzionato discorso del 3 gennaio ā25 poi.
Fu possibile per il disincanto di molti, per lāignavia di troppi, per la vigliaccheria di chi avrebbe potuto battersi e non lo fece, per le compromissioni di un notabilato liberale ormai decotto, per lāacquiescenza di unāopinione pubblica provata dalle conseguenze dellāinfluenza Spagnola e, soprattutto, della Prima guerra mondiale, per lāaccondiscendenza del Re e di una Confindustria terrorizzata dalle rivendicazioni operaie dopo la Rivoluzione dāottobre e per il progressivo disarmo dellāinformazione, che partƬ battagliera e infine si acconciĆ² alle posizioni di Mussolini, ritenendolo un āmale necessarioā o, per citare una tremenda definizione di Benedetto Croce, una āparentesiā anzichĆ© ālāautobiografia della Nazioneā, come aveva saggiamente scritto Piero Gobetti, che non a caso venne picchiato quasi a morte dagli squadristi e si spense, un anno e mezzo dopo, esule a Parigi, in seguito alle ferite riportate in quel massacro.
Se abbiamo attualizzato quel discorso tragico ĆØ proprio per non confinarlo, come vorrebbero strumentalmente i soliti noti, a un secolo fa, per comprenderne lāattualitĆ e predisporci a nuove forme di lotta: contro i fascismi contemporanei, i loro sostenitori e chi mente sapendo di mentire in merito a ciĆ² che sta accadendo, in Italia e non solo, a cominciare dalla messa in discussione, sempre piĆ¹ capillare e pervasiva, della libertĆ dāespressione.
Anche per questo, vogliamo concludere questa riflessione con le battute finali de āIl delitto Matteottiā di Florestano Vancini: āFilippo Turati, quando era lontano da Milano, scriveva tutti i giorni alla sua compagna, la cara Anna Kuliscioff. Il gran vecchio, nel dicembre del ā26, con lāaiuto di Carlo Rosselli, Ferruccio Parri, Sandro Pertini e altri, lascerĆ lāItalia clandestinamente in una fuga avventurosa. Muore a Parigi il 29 marzo 1932. Piero Gobetti, geniale erede della tradizione liberale italiana, morirĆ il 15 febbraio del ā26, in esilio, a Parigi, e la fulminea malattia che lo stronca, a venticinque anni, ĆØ diretta conseguenza dei colpi ricevuti che aggravano la crisi del suo cuore, giĆ affaticato dalla snervante lotta politica e culturale iniziata otto anni prima, a soli diciassette anni. Lā8 novembre del ā26, il deputato Antonio Gramsci verrĆ arrestato e condannato a ventāanni dal Tribunale speciale. Sette anni di carcere fascista lo stroncheranno. MorirĆ a Roma, nellāaprile 1937, a quarantasei anni. Invitato a lasciare lāItalia da unāalta personalitĆ vaticana, che gli aveva procurato il passaporto e un soccorso in denaro, don Luigi Sturzo era partito per Londra il 25 ottobre 1924. FarĆ ritorno in Italia nel 1946, dopo ventidue anni di esilio. Giovanni Amendola, giĆ aggredito a Roma prima dellāuccisione di Matteotti, nel luglio 1926, presso Montecatini, sarĆ attirato in unāimboscata e picchiato a sangue dai fascisti. Conseguenza di questa seconda aggressione: la sua morte, avvenuta lāanno dopo in Francia, dovāera riparato esule e deluso. Per gli assassini si organizzerĆ a Chieti, nel 1926, un processo burla. Lāistruttoria Matteotti ĆØ stata tolta dalle mani di Mauro Del Giudice e Umberto Tancredi per essere affidata a magistrati piĆ¹ compiacenti. Difesi da Farinacci, Dumini e gli altri saranno giĆ liberi a meno di due anni dal delitto. āVoi volete ricacciarci indietroā aveva detto Matteotti, e il popolo italiano sarĆ ricacciato indietro. Lāavventura fascista, che durerĆ ventāanni, porterĆ la Nazione allo sfaceloā.
Per non dimenticare.
Fonte: articolo21.org - 3 gen. 2025