top of page

ITALIA. La sanità pubblica sta affondando in Italia? I ricchi saltano la fila

c4e0eb_244c3fe04efb43dfbce05525928c403a_mv2.jpg

Neue Fabrik

May 30, 2024

Il disinvestimento nella sanità degli ultimi anni ha portato alla carenza di operatori sanitari e alla proliferazione di servizi di emergenza privati, in cui le persone pagano per evitare le lunghe attese che affliggono i centri pubblici.
di MARCO SANTOPADRE

“La Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale della persona e interesse della comunità e garantisce l'assistenza gratuita agli indigenti”, recita l'articolo 32 della Costituzione italiana. La realtà, tuttavia, è molto diversa.


In Italia bisogna aspettare molti mesi, a volte più di un anno, per farsi vedere da uno specialista o per fare un esame diagnostico. Le code ai servizi di emergenza diventano sempre più lunghe. In molte città e quartieri mancano i “medici di famiglia” e bisogna percorrere chilometri, mentre ospedali e centri sanitari chiudono. Il sistema sanitario pubblico italiano funziona sempre peggio, come certificato dall’ultimo Rapporto sul “Benessere giusto e sostenibile” dell’ISTAT. Nonostante il caos vissuto durante la pandemia di Covid 19, in Italia i tagli decisi dai diversi governi, tra cui quello di Giorgia Meloni, continuano a ridurre i posti disponibili negli ospedali.


Mentre nel 2020 i posti letto erano 258.000, nel 2022 erano solo 225.500. Studi indipendenti stimano che negli ospedali italiani manchino almeno centomila posti letto ordinari e dodicimila posti letto di terapia intensiva. L'Italia occupa il 22° posto nella classifica europea per numero di posti letto, con una media di 314 ogni centomila abitanti (la media europea è 550) per i ricoveri ordinari e di nove ogni centomila abitanti per le terapie intensive (in Germania sono 30, in Francia 20). In diminuzione anche il numero degli ospedali: in 10 anni ne hanno chiusi quasi 100, il 9% del totale. Nel 2012 erano 1.091, nel 2022 solo 996.


12 regioni su 20 non garantiscono nemmeno il livello minimo dei Livelli Essenziali di Assistenza, cioè l'assistenza considerata essenziale. La regione di Napoli è una delle più colpite: nel 2002 gli ospedali pubblici campani erano 55, nel 2022 solo 46. Allo stesso tempo, le cliniche private accreditate sono passate da 61 a 73.


Medici e infermieri si trovano a lavorare in condizioni sempre peggiori, con salari tra i più bassi d’Europa e con ritmi e carichi di lavoro insostenibili. Negli ultimi cinque anni il numero degli attacchi violenti contro il personale sanitario è aumentato del 30% e si sono moltiplicate anche le denunce per “errori medici”.


Tra il 2019 e il 2022, fino a 11.000 operatori sanitari hanno lasciato la sanità pubblica. Il risultato è che l'età media dei medici italiani è sempre più alta: il 56% ha più di 55 anni

Anche a causa del “sistema a numero chiuso”, che limita l’accesso degli studenti alle facoltà sanitarie, il numero di medici e infermieri è sempre più insufficiente. Molti di coloro che si specializzano vanno all'estero alla ricerca di condizioni migliori e salari più alti. Tra il 2019 e il 2022, fino a 11.000 operatori sanitari hanno lasciato la sanità pubblica. Il risultato è che l'età media dei medici italiani è sempre più alta: il 56% ha più di 55 anni contro, ad esempio, il 14% della Gran Bretagna. Nel 2025 andranno in pensione 29.000 medici e 21.000 infermieri, creando un abisso.


Tutti i governi recenti (centrosinistra, centro e destra) hanno tagliato la spesa sanitaria pubblica, che quest’anno rappresenta il 6,4% del Pil. Nel 2025-2026 scenderà al 6,3% e nel 2027 al 6,2%. Il collasso della sanità pubblica costringe un numero crescente di cittadini a ricorrere alla sanità privata, paradossalmente sempre più finanziata dallo Stato e dalle Regioni. Nel 2022, il contributo dei cittadini – che già pagano le tasse per sostenere il Servizio sanitario nazionale – ha raggiunto i 41 miliardi di euro (il 24% della spesa sanitaria totale).


Più gli ospedali pubblici entrano in crisi – quando non sono chiusi – più si moltiplicano le cliniche private e gli ambulatori, facendo crescere una lobby sempre più potente politicamente e capace di influenzare, legalmente e illegalmente, la classe politica nazionale e locale.


Inoltre, da un anno a questa parte, è esploso il fenomeno delle cosiddette “emergenze private”. Ogni anno le emergenze pubbliche del Paese registrano complessivamente 20 milioni di presenze, sempre più affollate e con meno personale. Il risultato è che i pazienti devono attendere in media otto ore per i casi lievi e tre per quelli gravi.


Il 70% delle persone che si rivolgono ai servizi di emergenza, dicono gli studi, potrebbero e dovrebbero essere curati in ambulatori territoriali o presso servizi di assistenza domiciliare che, però, non esistono o funzionano male.


Il risultato è che sempre più persone con risorse decidono di saltare la fila e rivolgersi ai centri privati. Almeno per le emergenze mediche meno gravi, cioè quelle conosciute come “codici bianchi” e “codici verdi”. “È la cosiddetta pratica del Cherry Picking , con la quale la sanità privata sceglie i servizi più convenienti e redditizi, lasciando alla sanità pubblica quelli “usa e getta” in cui il valore da tutelare non è il profitto ma la salute”, denuncia l'Unione Sindacale di Base (USB).


Se l’emergenza è grave, bisogna rivolgersi ai soccorsi pubblici, perché quelli privati ​​preferiscono raccogliere soldi sicuri ma senza assumersi troppe responsabilità. “Fino a poco tempo fa l’emergenza non era una questione di competenza del settore privato, che era ovviamente interessato a massimizzare i profitti nelle attività diagnostiche di routine, lasciando che la socializzazione delle perdite gravasse sul sistema e sul bilancio pubblico”, afferma la Federazione dei medici veterinari e medici (Fvm ) del Piemonte.


«Non ha senso chiamarle emergenze - spiega Fabio De Iaco, presidente della Società italiana di medicina d'urgenza - ma piuttosto ambulatori dove si svolgono prestazioni banali. Per esempio mi taglio un dito su una scatoletta di tonno e vado lì”. In questi ambulatori, aperti in alcuni casi 24 ore su 24, è possibile farsi visitare da un professionista senza fare la fila. Basta pagare 150 euro. Tutti gli esami e le visite dallo specialista sono però a carico del paziente, che può tornare a casa con un conto di centinaia o migliaia di euro.


Queste strutture sono nate nel milanese, governato ininterrottamente dalla destra dal 1994. Qui la metà dei servizi sanitari sono già offerti dalla sanità privata sovvenzionata dal Sistema sanitario nazionale. È a Milano che è nato e si è sviluppato l'impero del Gruppo San Donato, che gestisce l'ospedale San Raffaele, oggetto di numerose inchieste negli ultimi anni.


La Lombardia è anche la regione dove ha avuto origine la prima grande epidemia massiccia di Covid19 nel 2020 (quando le autorità si rifiutarono di chiudere la Val Brembana per non penalizzare aziende e fabbriche concentrate in quella zona) e dove si è registrato il maggior numero di morti in rapporto alla popolazione, soprattutto nelle case di cura e negli ospedali.


Ogni volta che si aprono nuove emergenze private scoppiano proteste e polemiche, come è successo a Torino. «Dopo aver chiuso quelle pubbliche, ora pensiamo ad aprire le emergenze private accreditate. Non siamo d'accordo. Sarebbe utile avere più letti per poter accogliere i pazienti ed evitare così che aspettino giorni interi sulle barelle”, scrive ad esempio l'associazione dei medici Anaao.


In un comunicato, il Sindacato di Base ha denunciato anche “un sistema sanitario sempre più a misura di ricchi” dopo l'apertura di altre “emergenze private” in Lombardia, che l'organizzazione dei lavoratori ha definito “un negozio di salute al livello più alto”. uguale a quello dei centri commerciali.


“Sempre meno giovani si affacciano alle professioni sanitarie; Si stima che in Italia manchino circa 150mila infermieri e donne”.

“Il peggioramento delle condizioni di lavoro, soprattutto durante il Covid, e il congelamento dei salari hanno spinto molti verso la sanità privata dove però le condizioni di lavoro non sono migliori e, soprattutto, mancano i controlli. Ma, in generale, sempre meno giovani si affacciano alle professioni sanitarie. Si stima che in Italia manchino circa 150mila infermieri e infermieri», spiega a El Salto Diario Michela Flores, responsabile del settore “sanità privata” del Sindacato di Base a Roma.


«Nella sanità privata, in generale, il numero dei lavoratori iscritti ai sindacati è inferiore che nel settore pubblico e comunque prevalgono i sindacati collaborativi con le aziende», spiega la sindacalista. “La maggioranza del settore privato è rappresentata dagli ospedali privati ​​accreditati, dove i cittadini accedono pagando la ticket – come negli ospedali pubblici – e il resto del costo è coperto dai sistemi sanitari regionali. Questi centri, ovviamente, spingono i pazienti a rimanere nel circuito privato per massimizzare i benefici”.


“Se è vero che la Lombardia ha dettato la linea, oggi la sanità privata si sta espandendo rapidamente anche in altre regioni. Nel 2026 il 54% dei posti letto nella regione di Roma sarà garantito dal privato accreditato», riferisce Flores. «Le emergenze private accreditate erano poche, ma esistevano già da qualche anno, soprattutto nelle zone dove non esistevano quelle pubbliche. C’era un percorso pubblico, simile a quello che offrono le normali emergenze, ma il paziente poteva scegliere un canale privato e pagare, ad esempio, gli specialisti. All’improvviso la Lombardia ha permesso l’apertura di ‘pronto soccorso’ completamente privati, dove si paga tutto”.


Chi non può permetterselo si rassegna a fare la fila e, quando riesce a farsi visitare, a volte viene rimandato a casa dal medico di turno, stanco e stressato, che non riesce a diagnosticare patologie gravi che in poche ore o pochi giorni portano al ricovero in ospedale o addirittura alla morte del paziente. A causa delle liste d’attesa infinite e dell’aumento dei costi, circa 4,5 milioni di italiani stanno rinunciando alle cure mediche. La mancanza di cure tempestive e adeguate – per non parlare della mancanza di prevenzione – provoca così un numero crescente di vittime.


Quando un ospedale viene chiuso, comunità, associazioni e sindacati si mobilitano e protestano, ma la classe politica continua a considerare che la sanità pubblica sia un costo da ridurre, mentre aumentano i finanziamenti pubblici alla sanità privata.


fonte: (ESP) elsaltodiario.com - 29 maggio 2024

traduzione: Neue Fabrik

bottom of page