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ITALIA. Misure di sorveglianza speciale ad un attivista di Ultima Generazione?

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Neue Fabrik

Dec 28, 2022

Credo che dovremmo interrogarci sulla differenza tra crimine e dissenso, e credo anche che dovremmo interrogarci sulla proporzionalità di una misura di prevenzione di tale gravità applicata a un ventenne, studente di conservatorio, senza precedenti penali.

di MARIASOLE FRICHE GARACCI

Mariasole Friche Garacci

28 dicembre 2022

dal profilo facebook


 

Il 15 dicembre 2022, come regalo di Natale, il ventenne Simone Ficicchia di Voghera, uno degli attivisti di Ultima Generazione a essersi forse più esposti, recentemente, in diverse azioni dimostrative per l'ambiente, è stato convocato, su richiesta della Questura di Pavia, a un’udienza che si terrà il 10 gennaio al tribunale di Milano e nella quale si discuterà l’applicazione di misure di sorveglianza speciale sulla sua persona.


Si tratta di misure molto restrittive, che possono comportare il divieto di allontanamento dal proprio comune di residenza per un periodo che va dai 3 ai 5 anni e che sono disciplinate dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011 noto come Codice Antimafia proprio in considerazione della gravità dei crimini contemplati e della pericolosità sociale dei soggetti coinvolti.


Credo che questa criminalizzazione del dissenso dovrebbe allarmare tutti. Credo che dovremmo interrogarci sulla differenza tra crimine e dissenso, e prima ancora interrogarci sul fatto che il modo di discutere generale è caratterizzato da una polarizzazione miope e radicale in cui questa riflessione sembra non essere più possibile.

E credo, anche, che dovremmo interrogarci sulla proporzionalità di una misura di prevenzione di tale gravità applicata a un ventenne, studente di conservatorio, senza precedenti penali.


Degli attivisti che bloccano il traffico urbano hanno provocato una disapprovazione feroce, e da più parti ho letto e ascoltato invocare, per queste persone, pene esemplari.


Ma non ho mai visto accadere altrettanto quando, quotidianamente, restiamo bloccati per ore nel traffico della capitale, quando leggiamo dell’ennesima vittima di un pirata della strada, quando (come è successo poco tempo fa a Napoli), una donna muore in ambulanza a causa di un’auto parcheggiata in doppia fila che blocca il traffico.

Uno stato di cose, questo, cui siamo ormai rassegnati se non acquiescenti. E come potremmo non essere partecipi, del resto, quando la qualità delle nostre esistenze (in quasi totale assenza di diritto alla città, una città privatizzata e povera di servizi) ci costringe a partecipare a tale stato di cose e ad alimentarlo?


Quando ci arrabbiamo perché la Tangenziale viene bloccata da una protesta episodica, proviamo a ragionare sul malessere sistemico, piuttosto.


Le percorrenza media con veicoli privati sulla rete extraurbana nei primi mesi del 2022 (di solito, un passeggero per autovettura) è incrementata del 30% rispetto all’anno precedente, in parte a causa del trasporto pubblico inaffidabile. Nei primi 6 mesi sono morte 1.450 persone in incidenti stradali, un incremento del 15% dovuto presumibilmente proprio all’aumento della circolazione.


Allora, mentre si discute della pericolosità sociale di quel ragazzo, mi domando: chi è davvero pericoloso per la società, cioè per noi? Un cittadino ventenne e incensurato, o un sistema che bisognerà pur trovare il modo di invertire?


Nei miei interventi sull'argomento (per esempio qui su MicroMega https://micromegaedizioni.net/.../arte-protesta-e.../) ho provato a dimostrare che la condotta di queste persone non è criminale, e che lo stesso ragionamento che ho fatto sopra contrapponendo l'episodico al sistemico vale, a mio parere, anche per le azioni che sono state compiute sulle opere d'arte.


E' il caso di demolire la sacralità che conferiamo all'opera d'arte come ci viene somministrata, per intuire il reale valore dell'opera (e della nostra vita intellettuale) estendendo la valutazione del singolo atto mimetico di un danno al sistema in cui la nostra fruizione dell'arte è gestita e consentita.


Rispetto all'avventura di Ultima Generazione, io sono soltanto un'osservatrice che prova a capire. E se ho capito bene, i movimenti locali sono emanati da un'organizzazione, ma quanto a decisioni e strategie sono acefali.


Un'idea che mi sono fatta, dunque, è che gli attivisti del movimento italiano debbano ora trovare il modo di

esplicitare alcuni temi già presenti, trasferendo l'azione su un piano che permetta loro, per esempio, di agganciarsi alle proteste contro il precariato nel lavoro operaio e culturale ( e ai relativi movimenti), perché la lotta per l'ambiente, per il lavoro e per le tutele sono tutte lotte di classe che mettono in discussione un sistema.


Temo che il loro destino, altrimenti, sia quello di esaurirsi alla periferia della comprensione generale, lasciando i problemi che segnalano in quel limbo cognitivo in cui tendiamo a relegare gli iperoggetti spaventosi.


Però, quanto a noi, la prossima volta che ci troviamo intrappolati nel traffico, uno per macchina, senza

scampo, con i motori accesi; o che boccheggiamo nella folla di una strada del centro cittadino che possiamo abitare solo comprando o consumando; o che tentiamo di godere di un lembo di bellezza pura tra i faretti teatrali di una mostra temporanea che trasforma un palazzo romano in un incubo ad aria condizionata, guardiamoci da fuori, per un momento, e chiediamoci se davvero quel ragazzo di vent'anni che il 10 gennaio andrà al Tribunale di Milano sta facendo male, lui, alle nostre vite.



MARIASOLE FRICHE GARACCI

Dal 2009 scrive di arte su MicroMega; ha scritto su Arte e Critica e OperaViva Magazine, e nel 2019 ha condotto su Exibart la rubrica “Contropelo” incentrata sull’attualità psicologica e simbolica del nostro passato artistico. Da dieci anni esercita la professione di guida turistica sul territorio di Roma.

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