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La conversione ecologica ha fretta

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Neue Fabrik

Sep 20, 2022

di GUIDO VIALE. A sentire i politici, sia nostri che del resto del mondo, sembra invece di essere atterrati su Marte. Ma le forze per imporre loro una svolta radicale – o la loro cacciata – stanno maturando tra le nuove generazioni, quelle messe in moto da Greta, quelle che sanno che a pagare i costi dell’inerzia degli attuali governi saranno loro

(...) La conversione ecologica ha bisogno della partecipazione convinta di un grande numero – non necessariamente la maggioranza – di cittadine e cittadini, lavoratori e lavoratrici, ma soprattutto di conoscenze ricavate dall’esperienza diretta di chi vive e lavora nei territori e nelle imprese da riconvertire. Conoscenze che possono essere raccolte solo attraverso un confronto diretto e continuo tra gli interessati.


E’ un processo molto difficile, che sembra mettere in forse posti di lavoro o abitudini acquisite senza prospettare alternative concrete, che vanno costruite in percorsi lunghi, complessi e aleatori. Per questo i punti in cui può più facilmente affermarsi la prospettiva di una conversione produttiva – indissolubilmente legata alla ricomposizione di una comunità di riferimento – sono le aziende esposte al rischio di chiusura, delocalizzazione, ridimensionamento. Lì, come sta mostrando l’esperienza esemplare della GKN di Campi Bisenzio, non esiste alternativa alla socializzazione della gestione sia della lotta che dell’impianto e a una conversione produttiva che può realizzarsi solo nel quadro di un piano di ambito almeno nazionale, ancora in gran parte da elaborare, come quello prospettato dal collettivo operaio per produzioni funzionali a una mobilità collettiva e sostenibile.


Di piani del genere c’è grande urgenza, soprattutto per la conversione energetica. Il programma NextgenerationeEU ha messo a disposizione del nostro paese 200 miliardi (tutti, sostanzialmente, a debito) che il governo italiano sta sperperando in iniziative che nulla hanno a che fare con la transizione ecologica: armi, autostrade, alta velocità, incentivi all’auto individuale, gassificatori, navi metaniere, gasdotti e nuove trivellazioni. Per non parlare di case di comunità senza personale, scuole senza insegnanti, investimenti in ITC senza formazione e quasi niente per il riassetto idrogeologico.


Con meno di quell’importo sarebbe possibile invece convertire tutto il sistema energetico nazionale alle energie rinnovabili in poco tempo (molti progetti, in attesa di autorizzazione, già ci sono) come avevano fatto, al momento della loro entrata nella Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti, convertendo in pochi mesi i loro impianti industriali alla produzione bellica: carri armati, cannoni, navi, aerei, bombe… Un processo inverso, ma altrettanto rapido, dall’industria bellica e da quella che produce beni superflui alla produzione di impianti e attrezzature per far fronte alla crisi climatica sarebbe senz’altro possibile se solo i nostri governi dessero alla crisi climatica la stessa importanza data allora (e anche oggi) alla guerra. A sentire i politici, sia nostri che del resto del mondo, sembra invece di essere atterrati su Marte. Ma le forze per imporre loro una svolta radicale – o la loro cacciata – stanno maturando tra le nuove generazioni, quelle messe in moto da Greta, quelle che sanno che a pagare i costi dell’inerzia degli attuali governi saranno loro. (...)


GUIDO VIALE - pressenza.com - 20 sett, 2022

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