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La psichiatria non รจ un'isola. Io, psichiatra, e il disagio sociale contemporaneo

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Neue Fabrik

Nov 22, 2022

Se prescrivo un antidepressivo a quel signore cassa integrato o alle madri in cerca del figlio desaparecido, convinco queste persone di essere malate, con tutto quel che ne consegue
di UGO ZAMBURRU

La psichiatria non รจ unโ€™isola

21-11-2022 - da: volerelaluna.it"


di: Ugo Zamburru



Leggo nel preambolo dello statuto di โ€œVolere la lunaโ€: ยซEssere rivoluzionari oggi significa proporsi quello che puรฒ sembrare impossibile a molti, ma che in realtร  dovrebbe essere normale: cambiare radicalmente il proprio modo di essere, di pensare, agire, cooperare e aggregarsi, tenendo fermi i valori di riferimento di un solidarismo radicale. Il mondo รจ cambiato, รจ ora di cambiare noi stessi. E il nostro modo di stare insieme.

A cominciare da tre obiettivi primari: contrastare le diseguaglianze, promuovere ma soprattutto praticare forme di partecipazione solidale, favorire la rinascita di un pensiero libero e critico. Cioรจ non limitarsi a proclamare i propri valori, ma praticarli concretamente, con azioni positive quotidiane, creazione di occasioni di prossimitร , di spazi, anche limitati, di relazione, di strumenti di comunicazione aperti e criticiยป.


Mi viene spontaneo intrecciare questa impostazione con la mia riflessione e la mia esperienza di psichiatra (e non solo). Parafraso il movimento zapatista delle montagne del sud est messicano: ยซGli zapatisti fanno quello che dicono e dicono quello che fanno!ยป.

E ricordo Oscar Olivera, boliviano difensore dellโ€™acqua pubblica in Cochabamba contro una speculazione che ha causato morti e feriti: ยซPer voi la politica รจ lโ€™arte del governare, per noi quella di trovare nuove forme di relazione degli uomini tra di loro e degli uomini con la naturaยป; oppure: ยซรˆ importante avere uno spazio in cui incontrarsi, uno spazio dove condividere il quotidiano e in cui creare quel clima che puรฒ portarci a far soffiare il vento del cambiamentoยป.


E vengo ad alcune esperienze personali, vissute non tanto nella mia attivitร  professionale di psichiatra (su cui ho giร  riportato il mio pensiero nel Piccolo manuale di sopravvivenza in psichiatria, scritto con Angela Spalatro per le Edizioni Gruppo Abele), quanto in quella di militante dei diritti umani in Messico e in Tunisia. Anche se i due aspetti si intrecciano e ricordo sempre la triade cognitiva del sapere: sapere, saper fare e saper essere.


Il mio bagaglio professionale non avrebbe potuto avere contributi migliori dalle visite domiciliari, dallโ€™incontro con la povertร , con le diseguaglianze, con le ingiustizie, con la violenza del nostro modello neoliberista. Ma questo mio girovagare mi ha portato a incontri fecondi come quello con le vittime argentine di tortura, con le Madres argentine de Plaza de Mayo, con le madri messicane e mesoamericane in cerca dei figli scomparsi nel viaggio verso il sogno americano piuttosto che con le madri maghrebine e sub sahariane che vivono lo stesso dolorosissimo travaglio.

Madri e familiari che mi hanno insegnato il valore della dignitร  ribelle, che nel nome della solidarietร  e della reciprocitร  trasforma lโ€™impotenza, il dolore e la rabbia che da livello individuale si fondono in una ricerca collettiva che non รจ soltanto piรน la sola ricerca del proprio caro, ma lotta comune per cambiare questo mondo ingiusto che provoca milioni di persone in cammino per sfuggire a guerre, persecuzioni, cataclismi naturali, violenze che come matrice comune hanno il desiderio di trasformare il nostro pianeta e i suoi abitanti in merce in cui si รจ perso il senso del bene comune.


Nella Primera brigada internacional de busqueda che si รจ svolta dal 16 febbraio al 26 marzo di questโ€™anno in Messico, da Nogales (nello stato di Sonora) a Tijuana (nella stato della Baja California), ho partecipato alla ricerca, da parte di quasi 200 familiari, dei 200.000 scomparsi nel viaggio della speranza verso gli Stati Uniti. Un viaggio di 3000 chilometri in cui incontrare gente, rendere visibile il problema, fare pressione sulle autoritร , chiedere giustizia. Non solo giustizia, ma anche memoria e veritร !

Non mi dilungo a raccontare questa per me incredibile esperienza. Mi fermo, piuttosto, per fare il punto sulla domanda che sempre viene rivolta, sia a noi attivisti sia soprattutto ai familiari: ยซMa cosa avete ottenuto?ยป, sottendendo che le cose non cambiano e non cambierannoโ€ฆ

Abbiamo ottenuto un paio di risultati concreti: 29 corpi recuperati e identificatiti nelle fosse clandestine rintracciate nel deserto grazie a un lavoro incessante; quattro recuperati in vita in condizioni drammatiche e restituiti alle famiglie; una serie di tracce per continuare il lavoro di ricerca, che non si รจ esaurito certo in questa carovana.

E a chi mi dice che senso abbia recuperare dei cadaveri, spesso solo dei resti che vengono identificati dagli antropologi forensi che ci accompagnano, rispondo con le parole delle madri, che con un sorriso in mezzo alle lacrime ti spiegano il sollievo pur doloroso di sapere infine che fine ha fatto il loro caro. Perchรฉ non cโ€™รจ nulla di piรน angoscioso dellโ€™eterna attesa senza sapere nulla e perchรฉ avere una tomba sulla quale piangere รจ parte imprescindibile dellโ€™elaborazione del lutto.

Alcune donne, sapendo che sono uno psichiatra, mi hanno chiesto consigli sugli psicofarmaci che assumevano, in particolare antidepressivi e ansiolitici. Nessuna di loro aveva trovato benefici, piรน spesso effetti collaterali.


Spinto da questa considerazione e ricordando analoga esperienza in Tunisia nellโ€™aprile del 2019 durante una carovana organizzata da Carovane migranti, in cui avevo incontrato analoghe situazioni, mi sono interrogato sul ruolo della concezione attuale della psichiatria.

Con una suora brasiliana, hermana Nyzelle, che lavora su questo tema in Honduras (uno dei paesi piรน violenti del mondo) abbiamo fatto un questionario a 39 familiari. Di questi solo quattro si erano rivolti a uno psichiatra, assumendo psicofarmaci. Gli altri citavano come fattori โ€œterapeuticiโ€ lโ€™essersi riuniti in gruppi locali, nazionali e internazionali in cui condividere il dolore, denunciare lโ€™accaduto e attraverso la ricerca della veritร , della memoria e della giustizia dare senso, nel nome della solidarietร  e della reciprocitร , a quel che senso sembra non avere.


Ritorno a una vecchia esperienza che ho piรน volte raccontato: chiamato anni fa in consulenza in pronto soccorso per una minaccia di suicidio incontrai un operaio sui 50 anni, che mi raccontรฒ di essere disperato perchรฉ stava finendo la cassa integrazione e non riusciva a trovare lavoro, tutti gli dicevano che aveva troppa esperienza e costava troppo, meglio assumere un giovane, magari con contratto di apprendistato.

Anche il rapporto con la moglie, che lo aveva sempre sostenuto, era contaminato dallo spettro della disoccupazione, con lโ€™angoscia di due figli che stavano frequentando lโ€™universitร  e che non sapeva come poter mantenere in futuro. Cosa posso fare, vogliono che mi ammazzi cosรฌ tolgo il disturbo, aveva concluso. Avrei potuto dargli un antidepressivo, magari un ansiolitico, ma non era la soluzione.

Quellโ€™uomo era disperato, arrabbiato e triste, non certamente affetto da sindrome depressiva. Il primo passo fu la richiesta del medico di turno che mi chiese quale diagnosi segnare per la dimissione, io risposi โ€œdisoccupazioneโ€ al che lei mi fece notare che non era presente negli algoritmi e nei protocolli. Ci accordammo su un generico โ€œcrisi di angoscia legata alla disoccupazione incipienteโ€ e fu il primo passo.


Lโ€™episodio di questo signore e quello delle madri di cui sopra mi hanno spinto a una riflessione sul ruolo della psichiatria che non puรฒ liquidare una situazione complessa con una diagnosi semplicistica e banalizzante. Se usiamo la lente della psichiatria rischiamo di patologizzare quello che รจ il risultato di un sistema economico criminale e disumanizzante, quello neoliberista.

Se prescrivo un antidepressivo a quel signore cassa integrato o alle madri in cerca del figlio desaparecido, convinco queste persone di essere malate, con tutto quel che ne consegue.

Se pongo il focus sul contesto, mi chiedo se รจ malato il cassaintegrato che a 54 anni รจ gettato via come una cosa inutile o se รจ malato un sistema in cui Valletta, amministratore delegato della Fiat negli anni โ€™60 guadagnava 30 volte lo stipendio di un operaio, mentre Marchionne, nello stesso ruolo ma negli anni 2000 guadagnava oltre 500 volte lo stipendio di un operaio!

E allo stesso modo รจ malata una donna intristita per la scomparsa del figlio o รจ malata una societร  che produce migranti in fuga dalla povertร , dalle crisi climatiche, dalla violenza che servono ad arricchire le multinazionali e i paesi ricchi?


Non si possono creare i presupposti per incidere in maniera devastante sulla salute mentale e poi chiedere ai servizi di salute mentale, giร  in sofferenza, di occuparsene.

Occorre uscire dalla logica binaria malattia/assenza di malattia esplorando territori complessi nel segno della partecipazione, della reciprocitร , della solidarietร , delle soluzioni condivise.




UGO ZAMBURRU

Psichiatra del Dipartimento di salute mentale territoriale, impegnato nell'ambulatorio di Porta Palazzo e nel centro diurno di Barriera di Milano, l'inventore del Caffรจ Basaglia di via Mantova 34

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