NEUE FABRIK
Nov 11, 2021
"Occorrerebbe chiedersi che cosa muove i no-vax quando si oppongono alla scienza, imperfetta ma pur sempre preferibile all'irrazionale che cerca fede piĆ¹ che fiducia".
LETTERA AD UN AMICO SEDOTTO DAI NO-VAX
PiĆ¹ che respingerne con sdegno le posizioni, occorrerebbe chiedersi che cosa muove i no-vax quando si oppongono alla scienza, imperfetta ma pur sempre preferibile all'irrazionale che cerca fede piĆ¹ che fiducia
di Alessandro Cavalli
12 NOVEMBRE 2021
Quest'estate ho incontrato un frate no-vax. Sosteneva che la pandemia fosse una punizione mandata dal Signore onnipotente per i peccati commessi dall'umanitĆ , e i vaccini un'invenzione del demonio per convincere gli uomini che ci si puĆ² opporre all'autoritĆ divina. Mi era passata per la testa l'idea di sfidarlo in un confronto pubblico; poi ho desistito, un po' per pigrizia, un po' perchĆ© non volevo approfondire la spaccatura che la sua predicazione aveva generato nella piccola comunitĆ in cui era stato confinato. Tuttavia voglio tornare sulla questione per cercare di spiegare le ragioni del diffondersi tra un'ampia minoranza della popolazione, e non solo in Italia, della sindrome no-vax. Un fenomeno che non conosce confini, ĆØ trasversale alle classi di etĆ , al genere, al livello di istruzione, alle ideologie, alle fedi religiose.
Le pandemie non sono un fenomeno nuovo. Ci sono sempre state, si diffondevano piĆ¹ lentamente, in modo piĆ¹ localizzato, lasciavano dietro di sĆ© migliaia di morti, una parte cospicua delle popolazioni colpite. Solo un secolo fa, l'ultima grande pandemia, la Ā«spagnolaĀ», procurĆ² un numero enorme di decessi, le stime vanno da 20 a 100 milioni su una popolazione mondiale che non raggiungeva i 2 miliardi. Oggi siamo poco meno di 8 miliardi e finora la pandemia da Covid-19 ha causato poco piĆ¹ di 5 milioni di morti. Con un po' di memoria storica, questo dato dovrebbe rassicurarci. Vorrebbe dire che l'umanitĆ ĆØ riuscita ad arginare questi fenomeni. Al contrario, c'ĆØ spesso sfiducia nei confronti della scienza, si diffonde un senso di incertezza che in molti casi sfocia in paura, collettiva e individuale.
L'incertezza nasce dall'accelerazione. GiĆ lāavevo intuito Baudelaire: Ā«la forma della cittĆ cambia piĆ¹ rapidamente del cuore di un mortaleĀ». Un tempo, quando la vita media di un essere umano era piĆ¹ breve, il mondo esterno non cambiava tra il tempo della nascita e il tempo della morte. Oggi, chi come me ha vissuto piĆ¹ di ottant'anni nell'arco della propria vita ha visto tante trasformazioni, anche nella quotidianitĆ : la motorizzazione di massa, i voli low cost e l'esplorazione dello spazio extraterrestre, i treni ad alta velocitĆ , la plastica, il tramonto della macchina da scrivere e l'avvento del computer, la diffusione degli antibiotici, la fine dei dischi in vinile e la loro sostituzione con le cassette e poi i compact disk; per non parlare dell'elettronica, della digitalizzazione e delle macchine intelligenti; e ancora, la bomba atomica, la fine del colonialismo, il crollo dell'impero sovietico, l'ascesa della Cina, l'esplosione demografica, le emissioni crescenti di CO2 e il cambiamento climatico. E potrei continuare. Molto ha a che fare col cambiamento scientifico-tecnologico e con i suoi effetti. In realtĆ da un paio di secoli si ĆØ messo in moto un processo vorticoso e accelerato di cambiamento che sembra inarrestabile e, soprattutto, largamente imprevedibile.
Una volta c'era chi pensava che tutto questo mutamento avesse un senso, che l'umanitĆ si fosse messa in cammino verso qualche meta, forse lontana ma immaginabile. Oggi non ne siamo piĆ¹ certi. Alcuni hanno perso la fede nel progresso, altri annunciano la catastrofe e arrivano quasi a pensare che la specie stia correndo verso la propria estinzione. Chi ha ragione? Quali saranno i saperi utili per il domani? Quali saranno le professioni e i mestieri che sopravviveranno ai cambiamenti futuri? Difficile a dirsi. Dobbiamo imparare a vivere nell'incertezza e ad educare figli e nipoti a vivere nell'incertezza.
L'accelerazione infatti aumenta drammaticamente l'incertezza. Ma fa parte intrinseca della condizione umana. Le societĆ umane hanno reagito all'ansia prodotta dall'incertezza elaborando, ognuna a suo modo, delle credenze religiose. Credenze che, postulando l'esistenza di un aldilĆ , di qualcosa dopo la morte, hanno placato (anche se mai del tutto eliminato) l'ansia dell'incertezza. Personalmente non posso dirmi credente, ma neppure non-credente. Cerco di fare a meno della religione. Mi accontento della fiducia (non della fede) nella scienza: fiducia e fede sono due modi diversi di accostarsi all'incertezza. Chi vuole certezza ā diceva un mio maestro ā vada in chiesa, non si rivolga alla scienza. La scienza non dĆ certezze, ĆØ una piccola lampadina che ci illumina la strada e ci permette di andare avanti a tentoni, il che ĆØ sempre meglio che andare avanti al buio.
Per molti, anche scienziati, la scienza ĆØ diventata un sostituto della religione e quindi hanno sviluppato una Ā«fedeĀ» nella scienza, come se la scienza potesse fornire anch'essa delle certezze. Questo tipo di Ā«fedeĀ» nella scienza ha ormai fatto il suo tempo (almeno dalla Ā«relativitĆ Ā» einsteiniana e dal Ā«principio di indeterminazioneĀ» di Heisenberg in poi). Se ciĆ² vale per la fisica vale a maggior ragione per le scienze che studiano i comportamenti degli uomini, individuali e sociali. In ogni campo, gli scienziati possono al massimo offrire Ā«ragionevoli certezzeĀ», formulare enunciati probabilistici, avanzare congetture che varranno fino a quando non verranno efficacemente confutate.
Gli enunciati della scienza non hanno solo limiti intrinseci ai suoi modi di conoscere (dopo tutto, la scienza ĆØ fatta da uomini che, singolarmente o collettivamente, sono fallibili). La conoscenza scopre sempre nuovi territori della propria ignoranza. Non ĆØ vero che il conoscibile sia finito e che gradualmente e sistematicamente la scienza aumenti la conoscenza del mondo, in modo che progressivamente aumenta il conosciuto e si riduce l'ignoto. Semmai ĆØ vero paradossalmente il contrario. Ogni scoperta individua ambiti di realtĆ di cui non sapevamo neppure l'esistenza. Mano in mano che procediamo con la conoscenza scopriamo la nostra ignoranza. Saggio non ĆØ chi sa tante cose, ma chi sa quanto grande sia la propria ignoranza, chi sa di non sapere. Ignorante ĆØ chi pensa di saperne abbastanza, chi non sa di non sapere.
In parte sono gli scienziati stessi i responsabili di una visione esageratamente ottimistica della scienza. Dal XV secolo in poi hanno accumulato quasi sempre solo successi, spesso accecati dal giustificato orgoglio per i risultati raggiunti; si sentono sull'onda del progresso e si ritengono i grandi benefattori dell'umanitĆ . E non si puĆ² non dar loro ragione: tra lāaltro hanno vinto molte malattie e consentito di raddoppiare la durata della vita media. La scienza medica ha talvolta assunto il volto della religione, con i suoi sacerdoti, onorati e celebrati nella facoltĆ mediche delle universitĆ . I medici, soprattutto, nel quotidiano esercizio della professione clinica, devono nascondere eventuali dubbi o incertezze perchĆ© devono ottenere fiducia dai loro pazienti e in fondo devono nascondere anche a sĆ© stessi i dubbi, le incertezze e anche i limiti del loro sapere. Ci sono anche medici che sanno bene i limiti del loro sapere, ma il loro compito ĆØ dare ai loro pazienti ragionevoli certezze; il rapporto medico paziente si basa sulla fiducia.
La fiducia non ĆØ mai assoluta (se lo fosse, ripeto, sarebbe fede e sconfinerebbe nel terreno della religione), ma non puĆ² neppure scendere oltre una certa soglia, altrimenti non ĆØ piĆ¹ fiducia ma si trasforma nel suo contrario, cioĆØ in sfiducia. Questo ĆØ il caso dei no-vax: in loro la sfiducia nella scienza ha preso il sopravvento. Non sono in grado di vivere nell'incertezza: e se il vaccino mi fa male, se da gravi effetti secondari, se comunque non mi garantisce l'immunitĆ ? Queste domande evidenziano il nesso tra incapacitĆ di sopportare l'incertezza e paura. La paura, non dimentichiamolo, ĆØ un sentimento umano utilissimo, ci avvisa dei pericoli che sono reali, ci fa prendere delle misure per evitarli o almeno per evitare i danni maggiori. Il problema ĆØ quando la paura deriva dalla incapacitĆ di sopportare l'incertezza e quindi costruisce dei pericoli immaginari.
Questa paura ĆØ un sentimento di chi evoca un forte bisogno di certezze e, in quanto tale, alimenta narrazioni alternative: le big pharma, oppure l'America, la Russia o la Cina, il terrorismo islamico, potenze alle quali, inconsapevolmente o colpevolmente, la big science si ĆØ di fatto asservita. Le visioni complottistiche rispondono alle paure e al bisogno di certezze. Non diversamente dal frate che nei vaccini anti-Covid19 vedeva lo zampino del demonio. Intendiamoci, non ĆØ che i complotti non esistano, siano solo invenzioni di menti attanagliate dalla paura. Esistono eccome e la storia ce ne offre un notevole repertorio. Qui mi interessano solo quelle visioni che sono legate alla sfiducia, che costruiscono pericoli e rischi immaginari e cercano cosƬ di sopperire alle certezze che la scienza, per sua intrinseca natura, non ĆØ in grado di dare.
L'interrogativo al quale rispondere non ĆØ perchĆ© sono diffusi il senso di incertezza e il sentimento della paura, ma piuttosto come mai in una quota della popolazione delle societĆ avanzate questi tratti Ā«normaliĀ» assumano una intensitĆ tale da generare sfiducia generalizzata nella scienza (e forse anche in altre istituzioni) e quindi comportamenti, come quelli adottati dai no-vax, dannosi non solo per sĆ© ma anche per il resto della collettivitĆ e refrattari a qualsiasi evidenza empirica. Ormai sappiamo con dati empirici sufficientemente fondati che i vaccini riducono la diffusione dei contagi, che i non vaccinati hanno una probabilitĆ assai piĆ¹ alta di essere contagiati, ricoverati in ospedali, sottoposti a terapie intensive e anche alla fine di lasciarci le penne. Tutte fake news agli occhi dei no-vax.
Come accennavo all'inizio, l'armamentario delle variabili con le quali in genere si cerca di spiegare alcuni comportamenti collettivi (etĆ , genere, grado di istruzione, origini sociali, appartenenza etnica ecc.) non sembrano assolutamente in grado di illuminarci sulla genesi e lo sviluppo del fenomeno no-vax. PuĆ² darsi che gli psicologi siano in grado di proporci qualche ipotesi di spiegazione. PuĆ² darsi che le ragioni siano remote, riconducibili ad esperienze infantili nel rapporto madre-bambino o padre-bambino che non hanno reso possibile la formazione di una fiducia primaria nei confronti del mondo. Non sono in grado di valutare l'affidabilitĆ di queste spiegazioni e mi fido delle ricerche della psicologia infantile.
Ć comunque assai plausibile che l'eventuale predisposizione alla sfiducia che favorisce la sindrome no-vax sia alimentata e rafforzata dal fatto che i no-vax fanno comunitĆ , molto spesso attraverso i social, e quindi elaborano collettivamente la loro visione del mondo che in tal modo trova continue conferme interpersonali e diventa impermeabile ad ogni smentita. Una comunitĆ che, di nuovo, assume i tratti di una setta religiosa in un mondo di infedeli.
Rivista il Mulino 2021
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Nota a margine: āAvevamo immaginato e abbracciato la sociologia perchĆ© ci sembrava la disciplina ideale per conoscere e anche cambiare il mondo. Non per fare carriera nellāaccademia. Serviva a tenere uno sguardo largo sulla realtĆ , a vedere il tessuto fitto delle cause e delle relazioni tra i fenomeni, lāultima cosa che avremmo immaginato era che la sociologia potesse produrre nuove separatezze, tanti piccoli campicelli. Eā invece ĆØ accaduto proprio questoā
(Alessandro Cavalli a Nando Dalla Chiesa, su Il Fatto Quotidiano del 27.1.20)