# LE MALETESTE #
27 giu 2022
Creare spazi autogestiti è aprire la possibilità di un presente diverso e un futuro migliore
La laboratoria L.e.a. (Laboratoria Ecologista Autogestita) Berta Caceres sotto attacco
di Lea Berta Caceres
Roma, 28 Giugno 2022
Nel pieno della drammatica crisi idrica e climatica di questa estate 2022, Fratelli d’Italia chiede al Prefetto lo sgombero dell’occupazione ecologista all’interno del Parco della Caffarella. La reazione e il racconto da parte del collettivo LEA Berta Caceres
Con una nota stampa diffusa il 23 giugno, Fratelli d’Italia, tramite i suoi capogruppo in Regione, Comune e Municipio all’unisono chiede al prefetto di Roma, Matteo Piantedosi lo sgombero immediato dell’immobile di via della Caffarella 13 perché «occupato abusivamente», perché si ritiene «grave quanto sta accadendo nel pieno del Parco dell’Appia Antica ai danni di un prestigioso bene di proprietà pubblica affinché possa essere ripristinata quanto prima la legalità».
Lo stesso gruppo Consiliare sulla vicenda ha presentato richiesta di audizione alla Prima Commissione del Consiglio Regionale, e una mozione al Consiglio del Municipio VIII che verrà discussa il 28 giugno.
Questo testo è stato distribuito dal Collettivo LEA Berta Cáceres all’interno delle aule del Municipio.
Anche se riteniamo che le urgenze del territorio municipale siano ben altre, la Laboratoria ecologista Berta Cáceres ha l’abitudine di prendere sul serio tutte le questioni che la riguardano, anche quelle apparentemente inutili come concentrarsi su un immobile che, fintanto che era in stato di abbandono e degrado, non ha suscitato alcun interesse da parte di chi ora ne reclama lo sgombero (né da parte delle istituzioni in generale).
Intendiamo quindi contribuire ad analizzare la situazione partendo da alcune parole utilizzate e diffuse mezzo stampa:
Abusivamente.
in effetti la storia di Villa Greco è una storia di abusivismo, come quella di tutto il quadrante dell’Appia antica: un abusivismo di lusso, al quale la nascita del Parco dell’Appia antica ha messo un freno, grazie soprattutto alla lotta dei comitati territoriali che instancabilmente hanno denunciato e reclamato quegli spazi per il beneficio di tutti.
Esattamente come sta facendo la Laboratoria Berta Cáceres attraverso le decine di iniziative pubbliche messe in campo o anche solo offrendo ombra e riposo (gratuito, a differenza di altre strutture nei dintorni) a chi transita da o verso il parco.
Ai danni di un prestigioso bene.
I danni in effetti ci sono, e abbondanti: sono dovuti a circa 10 anni di abbandono dello stabile in muratura e delle costruzioni in legno (anche queste costruite abusivamente e poi condonate), ma anche degli arredi da ufficio lasciati impacchettati e mai utilizzati, dei sanitari nuovi e mai installati o divelti e della vegetazione del giardino.
A fronte di tutto questo la Laboratoria sta portando avanti un lavoro di riparazione e cura degli spazi rimasti accessibili dopo lo sgombero del 24 marzo, che ha impedito l’accesso allo stabile principale murando completamente porte e finestre e creando ulteriori danni alla struttura.
Il lavoro di cura si estende naturalmente anche sul giardino, dove un intervento drastico avvenuto a febbraio prima dell’inizio della nostra esperienza, aveva praticamente desertificato la vegetazione presente, ripristinata grazie alla creazione di aree atte ad ospitare la biodiversità animale e vegetale. Nel corso di questa attività sono stati riscontrati diversi alberi malati, si invita pertanto l’amministrazione municipale a sollecitare gli enti preposti per curare gli alberi in questione.
Legalità.
Si potrebbero fornire centinaia di esempi di come la legalità non coincida con la giustizia. Cosa ne è stato degli spazi del Municipio e del Comune in cui «è stata ripristinata la legalità» attraverso uno sgombero? Sono rimasti vuoti.
È giusto, per amore di una sterile legalità, lasciare spazi abbandonati e accanirsi contro chi, con le proprie forze, cerca di farli rivivere? Dove porterebbe questa strada nel caso dello stabile della Caffarella? Probabilmente a un’asta inevasa (come avviene da cinque anni a questa parte) e ad altri anni di abbandono.
Oppure, all’acquisto da parte di un privato facoltoso, per trarre profitto da un luogo che, lo ricordiamo, fu riacquisito dalla Regione Lazio proprio perché inserito in un Parco Naturale e per prevenire attività che non fossero con esso compatibili.
Inoltre, che dire degli accordi tra Regione Lazio ed Invimit, il soggetto deputato alla gestione e alla vendita dell’immobile? Nonostante questo sia di proprietà pubblica, gli accordi sono tenuti segreti, rendendo di fatto impossibile alla cittadinanza e alle altre istituzioni comprendere, controllare e giudicare le operazioni compiute su beni immobili che, di fatto, appartengono alla collettività.
Tanto la Regione quanto Invimit hanno rifiutato regolare richiesta di accesso agli atti su queste informazioni, a tutela di interessi economici e commerciali La legalità di cui si parla è quindi unicamente la legge del profitto?
Infine, la Laboratoria Berta Cáceres non ha forse la benedizione della legalità, ma in quella via è probabilmente lo spazio più rispettoso delle regole dell’Ente Parco, e di quelle della Natura in generale: pannelli solari, riciclo dell’acqua, uso di prodotti ecologici, compostaggio.
Invitiamo chiunque (tranne razzist@, fascist@, sessist@, e capitalist@ convint@) a partecipare ai momenti di confronto su questi temi, o anche solo a sperimentare come si gestiscono le risorse naturali in un’ottica di risparmio e riuso.
Dalla nostra esperienza può nascere, e già sta nascendo, una vera e propria sperimentazione ecologista, della quale la città di Roma ha assoluto e urgente bisogno, come dimostrano le stravaganti idee di costruzione di inceneritori o potabilizzatori dell’acqua del Tevere, o la terrificante crisi climatica che stiamo attraversando.
Se pensate che invece abbia più bisogno di un ristorante, o di villini di lusso, o di villoni per feste private…. Allora prego, vi aspettiamo sul tetto, venite a prenderci!
Blog: www.leabertacaceres.noblogs.org FB: LEA Berta Cáceres IG: lea.berta_caceres
ULTIM'ORA:
Oggi siamo intervenut3 durante la seduta del consiglio del municipio VIII per rispondere alle mozioni di sgombero presentate da Federici (Fratelli d'Italia) e Novi (lista Calenda). Difendere gli spazi autogestiti è aprire la possibilità di un presente diverso e un futuro migliore. Contrastare il fascismo, dentro e fuori le aule delle istituzioni, è tutelare l'ecologia. Siamo stat3 portat3 fuori, identificat3 e il nostro striscione è stato sequestrato. Abbiamo 40 gradi a giugno e dieci incendi al giorno e la risposta delle autorità arriva solo quando c'è da reprimere.
Nota: Berta Cáceres, attivista indigena dell’Honduras che ha lottato per la tutela del popolo Lenca contro le aziende estrattiviste del territorio, esempio di lotta e determinazione a cui abbiamo voluto intitolare la Laboratoria Ecologista Autogestita.
Antefatti
FERMIAMO FRATELLI D’ITALIA IN MUNICIPIO CONTRO LA RIVOLUZIONE ECOLOGISTA!
Domani, martedì 28 giugno 2022 alle 14, Municipio VIII (via B. Croce 50).
Il noto partito fascistoide attacca la Laboratoria Ecologista Berta Càceres con una lettera al Prefetto di Roma e una mozione municipale in cui si chiede lo sgombero. La mozione in questione sarà discussa domani (martedì) durante il consiglio del Municipio VIII convocato alle ore 14 in seduta pubblica.
Vogliamo presenziare alla discussione consiliare e raccontare la nostra versione all3 consiglier3 e al pubblico presenti. Non siamo stupit3 di questa richiesta da parte di FDI, perchè la rivoluzione ecologista fa paura a chi vorrebbe una società fondata sul dominio, sul potere e sul privilegio, ma per chiunque è impossibile negare lo stato di abbandono in cui versava lo stabile da anni e il processo speculativo di privatizzazione. Proprio per questo vogliamo esserci e raccontare quanto abbiamo "scoperto" sulla commistione tra pubblico e speculazione privata su luoghi come lo stabile in questione.
Domani dalle ore 16.30 saremo anche all’importante presidio in Campidoglio contro il progetto del nuovo inceneritore di Roma, al quale invitiamo con forza a partecipare. Tuttavia pensiamo sia necessario fare un ulteriore sforzo per dimostrare a Fratelli d’Italia che le loro provocazioni non ci fanno arretrare di un millimetro. Ci rivolgiamo alle forze antifasciste ed ecologiste, in particolare del Municipio VIII: presentiamoci sotto il Municipio durante la discussione del consiglio!
La rivoluzione ecologista non si sgombera!
27 giugno 2022
Anche oggi come ogni giorno abbiamo guadagnato la nostra posizione sul tetto. No, non vogliamo abbronzarci per la prova costume, ma mettere i nostri corpi in luoghi che siano scomodi al sistema. Perché il sistema vuole la nostra indifferenza davanti alla svendita dei beni pubblici. In questo modo le stesse mani che hanno costruito illegalmente nelle nostre riserve potrebbero ricomprare e convertire in beni di lusso, allontanando le categorie più deboli dal godimento di questi beni e spingendole dove non danno fastidio. Intanto avanza la retorica del decoro che ci vuole apparentemente puliti e ordinati, promuove stili di vita che inquinano le nostre acque e degradano i suoli al ritmo di motori SUV e cemento. L’immobile in via della Caffarella 13 rappresenta per noi il simbolo e una chiave di lettura delle assurdità di questa città energivora. Questa chiave può girare in un’altra direzione: no agli sprechi, laboratori di autoformazione sulla gestione energetica e di rifiuti, forme di limitazione dei consumi e ricerca dell’autosostentamento, cura del benessere collettivo e attenzione ai bisogni umani e non umani. Berta Càceres era un seme, e lo abbiamo piantato proprio qui nel mezzo di una contraddizione pietrificata: Berta sarà ovunque e vicina ad ogni lotta per la pace, l’equità e la difesa degli ecosistemi. Berta no se murìo, se multiplica cada dìa!
7 giugno 2022
7 maggio 2022
BERTA È TORNATA A VIA DELLA CAFFARELLA 13!
CONTRO LE GUERRE CAPITALISTE 1000 LABORATORIE ECOLOGISTE
📌 RAGGIUNGETECI APPENA POSSIBILE! Assemblea pubblica h 10
La guerra in Ucraina è cominciata due mesi e mezzo fa. Durante questo tempo governi e istituzioni non hanno saputo, né voluto, creare alternative contro l’ennesimo conflitto che sta massacrando l’Est Europa. Tra lacrime di coccodrillo e finte diplomazie, i governi europei stanno investendo miliardi sugli armamenti e stanno correndo a destra e a sinistra alla ricerca di fonti fossili.
Oggi sottraiamo nuovamente all’abbandono via della Caffarella 13 perché vogliamo aprire spazi di conflitto contro l’intero assetto culturale e politico che ancora legittima la dipendenza dal fossile. Riteniamo che la crisi climatica sia ormai inscindibile dalle guerre che aggrediscono senza tregua popoli ed ecosistemi. Una lotta ecologista veramente radicale non può quindi ignorare che la stessa guerra che piega luoghi apparentemente lontani è onnipresente nelle nostre vite, sotto tante forme diverse: come confine di Stato che produce morte, come repressione poliziesca che annienta il dissenso, come carovita, flessibilizzazione del lavoro, devastazione dell’ambiente e privatizzazione dei beni comuni, come ci dimostra il nuovo DDL Concorrenza del governo Draghi. Sappiamo bene che le guerre che devastano e inquinano le terre sono portate avanti e sostenute dalla stessa logica mercificante e liberista che sottrae spazi comuni per renderli spazi di creazione di guadagno economico per pochi. Come succede in via della Caffarella 13, spazio da cui siamo state sgomberate il 24 marzo scorso.
Lo stabile di proprietà della Regione Lazio, che si trova in un parco regionale protetto, è stato abbandonato nel 2011 e successivamente messo all’asta attraverso Invimit, soggetto tecnico del MEF che, in tutto il paese, sta guidando i processi di messa a valore e privatizzazione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici. Non si tratta di un processo neutro: al contrario, è frutto di precise scelte politiche che vogliono aumentare le possibilità del privato di fare profitto sul pubblico e sui servizi. Un processo di questo tipo sta avvenendo in modo sistematico: ad esempio, sul patrimonio immobiliare pubblico del comune Napoli. Immerse in questa logica speculativa, le istituzioni coinvolte nella gestione dell’immobile, sempre pronte a riempirsi la bocca pubblicamente di temi ambientali, non hanno colto l’urgenza della nostra proposta politica e, nell’incontro che con loro abbiamo avuto il 31 marzo, hanno fatto muro contro ogni nostra richiesta.
Della stessa scuola è il Ministro della transizione Cingolani, che si adopera solerte per accaparrare risorse fossili in giro per il mondo e favorisce il ritorno delle centrali a carbone utilizzando i fondi del PNRR. Siamo convintǝ che per contrastare concretamente questi processi sia quanto mai necessario aprire spazi di condivisione comunitaria e di riappropriazione dal basso, attivatori di autogestione. La necessità di spazi come questo è provata dal fatto che, a differenza delle istituzioni, la città ha colto la rilevanza del nostro progetto, partecipando in forze ai 18 giorni dell’occupazione e continuando a seguirci in tutte le mobilitazioni da noi costruite dal 24 marzo ad oggi.
Liberando via della Caffarella 13, abbiamo mosso i primi passi verso un posizionamento dal basso contro la guerra, attraverso assemblee e incontri. Abbiamo costruito pratiche femministe e transfemministe. Analizzato e valorizzato utilizzi non consumistici dell’acqua e del cibo.
Abbiamo aperto spazio all’intreccio delle istanze territoriali che abitano Roma, consapevoli che la guerra sui nostri corpi passa attraverso la centrale al carbone a Civitavecchia, la gestione mafiosa dei rifiuti ai Castelli Romani, il nuovo termovalorizzatore voluto da Gualtieri, la gestione criminale che Acea fa dell’acquedotto romano. Abbiamo utilizzato lo strumento dell’alimentazione vegana come rifiuto del sistema devastante degli allevamenti intensivi.
Abbiamo difeso lo spazio senza tuttavia chiudercisi dentro. L’abbiamo reso il più permeabile possibile e, allo stesso tempo, ne abbiamo avuto cura. Berta voleva essere tutto questo il 6 marzo scorso e vuole essere questo anche oggi.
Oggi torniamo dentro via della Caffarella 13 perché la rivoluzione ecologista non si sgombera, perché le nostre ragioni sono valide oggi come due mesi fa, e perché non ci faremo impaurire davanti alla repressione che abbiamo subito. Perché Berta Vive, e continua ad ispirarci nella lotta.
L.E.A. Berta Cáceres
https://leabertacaceres.noblogs.org/
Roma, la ‘storia sbagliata’ dello sgombero dell’occupazione ecologista Berta Caceres
30 marzo 2022
di Giuseppe Mammana
In una calda giornata del 24 marzo inizia a serpeggiare tanta delusione fra gli attivisti e le attiviste della Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Caceres. Uno spazio occupato appena due settimane prima in uno dei parchi più belli del territorio romano.
All’esterno della villetta si intravedono i blindati della polizia e gli agenti che notificano agli occupanti il provvedimento di sgombero. Dall’interno gli occupanti provano a contattare con i social le centinaia di persone che in questi giorni hanno attraversato la spazio: “Venite a via della Caffarella 13, ci stanno sgomberando!”. Le notizie girano velocemente e mentre le camionette della polizia bloccano l’ingresso vicino al parco, centinaia di persone inscenano un presidio spontaneo all’incrocio tra tra via della Caffarella e l’Appia antica. Ma perché quest’attenzione verso questo spazio? Che cosa rappresenta questa occupazione?
Il Berta Caceres nasce il 6 marzo, quando un gruppo di attivisti decide di occupare una villetta di proprietà della Regione Lazio. La villa, costruita negli anni 50, doveva essere la sede del parco regionale dell’Appia antica e del Corpo forestale e della Protezione civile. Inutilizzata e abbandonata da anni, nel 2016 la Regione Lazio decide di cederla alla società partecipata con il Ministero dell’Economia, Invimit, per venderla ad una base di asta di 3 milioni di euro. Simbolicamente questa villa rappresenta il “trait d’union” delle amministrazioni politiche che si sono susseguite negli ultimi anni: la volontà di svendere ai privati il patrimonio pubblico sottraendo risorse e beni comuni alla collettività. Ma non solo: la villa, che presenta al suo interno due casette di legno e un’ampia area verde, si focalizza sulla questione ecologica in un’epoca in cui l’emergenza climatica diventa sempre più centrale nelle nuove agende politiche. Infatti, una parte importante del collettivo proviene dall’esperienza del Climate Camp, una rete formata da realtà territoriali ecologiste radunatesi a Roma nell’ottobre del 2021.
Per questo motivo un gruppo di attivisti decide di occupare questa area nel cuore della Caffarella: per creare uno spazio di socialità che metta al centro del dibattito politico le lotte ecologiste con quelle transfemministe. Lo spazio viene intitolato a Berta Caceres, assassinata il 3 marzo del 2016 da alcuni sicari di una multinazionale spagnola che voleva costruire delle dighe idroelettriche sul fiume Gualcarque in Honduras. Sin dal primo giorno di occupazione la Laboratoria Ecologista Autogestita prova a dare vita ad uno spazio che si presenta a prima vista in modo drammatico: la muffa che aleggia fra le pareti, cavi elettrici staccati, controsoffitti saltati. Insomma, girando per i locali della villetta si palesa l’ingente danno che la chiusura ha causato in questi anni. Lo spazio viene rimesso a nuovo, viene costruita una cucina e resi agibili gli altri locali. Si susseguono assemblee, laboratori sulla cura, cineforum, l’incontro con mercati contadini e artigiani. Il Berta diventa uno spazio di aggregazione sociale, punto di riferimento della città, luogo dove tessere relazioni. E da qui inizia un’altra storia, quella che De Andrè definirebbe una “storia sbagliata”.
Come si arriva allo sgombero? Il primo elemento di preoccupazione emerge il 19 marzo e proviene dal mondo della comunicazione: un articolo del Messaggero dal titolo eloquente, “Abusi alla Caffarella”, invoca un immediato sgombero dell’edificio, sottolineando come all’interno ci fossero dei “volti noti” di un’altra occupazione. Nello stesso tempo la giornalista lamenta la lentezza della macchina per il ripristino della legalità: l’articolo afferma che nonostante la denuncia di Invimit e la discussione dentro il Comitato per l’ordine e la sicurezza (in Prefettura) lo sgombero tarda ad arrivare.
Il secondo campanello d’allarme è politico e si annida dentro i partiti del Consiglio comunale: in primis, la lista Calenda che chiede lo sgombero dell’edificio affermando che quest’occupazione impedisce alla cittadinanza di poter usufruire di uno spazio pubblico. E mentre gli occupanti ricevano la notizia della volontà della Regione Lazio di convocare un tavolo insieme agli attivisti per affrontare le questioni urgenti dell’edificio, lentamente si dipanano le tessere del mosaico e il 24 marzo avviene lo sgombero.
In un colpo solo vengono cancellate le virtù di questa esperienza che restituendo per alcune settimane un bene comune alla città svela l’esistenza di un’area verde chiusa al pubblico e inutilizzata.
Ma ci restano le immagini della lotta e di quello che ci ha lasciato quest’occupazione. Il volto degli attivisti, che nonostante lo sgombero subito escono dallo stabile in bicicletta e con lo sguardo fiero gridano: “Difendere la terra non è reato. Berta dall’Honduras ce l’ha insegnato”.
1 luglio 2022 - https://laboratorivisionari.wixsite.com/lemaleteste/news-1-2/berta-summer-camp---laboratoria-l.e.a.-berta-c%C3%A0ceres
5 luglio 2022 - https://laboratorivisionari.wixsite.com/lemaleteste/news-1-2/laboratoria-l.e.a.-berta-caceres-%C3%A8-stata-di-nuovo-sgomberata-dalla-polizia
15 luglio 2022