# LE MALETESTE #
26 gen 2023
L'udienza di ieri al processo e dichiarazione de* imputat* No-Tav. È evidente come ad essere sotto accusa sia in prima battuta l’Askatasuna e la sua attività politica, in seconda battuta l’oramai più che trentennale Movimento No Tav.
Oggi quarta udienza del maxi processo per associazione a delinquere a carico di 28 attivisti del Movimento No Tav e delle realtà di movimento torinese, come il Centro Sociale Askatasuna e lo Spazio Popolare Neruda. Un processo ancora ad inizio dibattimento, ma che ha visto la Digos torinese con i pm Pedrotta e Gatti, chiudere il quadro generale.
Nonostante si cerchi di nascondere le reali intenzioni del procedimento dietro lo spauracchio di occulti disegni criminosi, il centro dell’attenzione delle autorità giudiziarie è sempre più chiaro: attaccare, con tutta la forza, il Movimento No Tav e la sua pluridecennale esperienza di lotta e Resistenza.
Ed è così che storici attivisti del movimento diventano criminali che si mimetizzano tra gli altri, i Mulini (area a ridosso del cantiere di Chiomonte animata dai No Tav) diventano luoghi occupati per portare avanti il disegno criminoso, stessa sorte per il presidio di San Didero, non più presidio resistente ma ritrovo per pericolosi delinquenti che pianificano azioni di disturbo al cantiere, come le pericolose “battiture”. Nelle iniziali intenzioni della Procura, nel marzo del 2022 quando l’inchiesta ha visto la luce (piuttosto tenue visto il rigetto da parte del gip dell’accusa di associazione sovversiva, quindi poi rimodulata) la messa sotto sequestro di questi luoghi, insieme al centro sociale Askatasuna ed altri luoghi occupati, era la reale intenzione, non andata a buon fine.
Se questo è stato l’esordio del procedimento, oggi gli imputati si trovano a rispondere di due principali accuse: la prima, aver alimentato nel corso degli anni l’iniziativa del Movimento No Tav, reo di voler impedire una decisione presa dalla Stato a più livelli e con accordi siglati a livello internazionale (da qui non a caso era nata l’iniziale accusa di associazione sovversiva). La seconda, invece, a partire dall’elenco di tutti i movimenti ed episodi di protesta dal 2009 ad oggi a Torino (tra cui l’Onda Universitaria, le contestazioni al G7 di Venaria, le proteste contro l’attacco alla legge sull’aborto, le contestazioni alle organizzazioni neofasciste in università e in città, a Salvini ed altri episodi legati a delle lotte vertenziali ecc…) la procura e questura indicano un’unica regia, snaturando in un solo colpo movimenti partecipati e trasversali, individuando delle “ricorrenze” , in realtà proprie di molti movimenti di protesta (campagne mediatiche, travisamenti, scontri, sanzionamenti ed altro), ma a quanto pare brevettati ed agiti solo ed unicamente dai No Tav e dal Centro Sociale Askatasuna in Italia, forse anche nel mondo.
Un quadro desolante in cui la Cassa di Resistenza No Tav, il Festival dell’Alta Felicità, questo stesso sito di Notav.info, sono solo strumenti per alimentare l’associazione criminosa.
Arriviamo all’udienza di oggi, ripresa per i suoi contenuti da diverse testate giornalistiche.
Si è aperta con una dichiarazione de* imputat*, che trovate al termine di questo articolo.
A seguire il controinterrogatorio del test della Digos, sollecitato dalla parte Civile per il Ministero degli Interni a quantificare il danno subito dallo stesso nel corso degli anni dal Movimento No Tav. Ed ecco che la militarizzazione della Val di Susa, da sempre negata dagli organi governativi, viene rivelata, in tutta la sua drammaticità: una media annuale nel 2014 di 251.000 operatori delle Forze dell’Ordine operativi in valle, poi diminuita negli anni successivi per risalire nel 2020 con l’allargamento del cantiere di Chiomonte, fino ad arrivare ad un impiego di 266.000 unità nel 2021, con l’apertura del fortino di San Didero (chiamarlo cantiere sarebbe un eufemismo). Questi numeri, che restituiscono una realtà allarmante, sono stati poi utilizzati per quantificare la spesa del Ministero a contrastare le iniziative del Movimento No Tav e parliamo di circa 3 Milioni di euro per il personale dal 2011 al 2021 (contando il vettovagliamento, gli straordinari, le indennità da ordine pubblico, le attività fuori sede e il mancato impiego del personale in caso di infortunio sul campo), fino ad arrivare ad 8 Milioni per i costi di aggregazione, ossia quando i reparti e funzionari vengono da fuori Torino e devono essere ospitati e nutriti, oltre che stipendiati.
Cifre da capogiro se pensiamo alla profonda crisi sociale ed economica che attanaglia il paese, indicatore di come le priorità di investimento siano troppo spesso dettate da interessi di parte. Il progetto del Tav, buco nero di soldi pubblici, è parte di quello che viene sottratto alla sanità, alle famiglie che non riescono a mettere sul tavolo il pranzo con la cena, a chi non riesce a pagare le bollette ed è la negazione dell’emergenza climatica e di ogni discorso di cura e tutela dell’ambiente.
Ritornando al processo, ad ogni udienza si palesa sempre di più la volontà vendicativa della Procura Torinese e degli organi di questo Stato e si delinea per quello che è: un processo politico contro il conflitto sociale ed ogni istanza di cambiamento per la giustizia sociale e climatica.
Il Movimento No Tav saprà affrontare con forza e dignità anche questa battaglia. Solidarietà a tutti gli imputati!
da: notav.info - 25 gen. 2023
Qui di seguito pubblichiamo la dichiarazione resa il 25 gennaio 2023 dagli imputati al processo per associazione a delinquere contro il Movimento No Tav e il Centro Sociale Askatasuna, in corso presso il Tribunale di Torino.
“Vogliamo prendere la parola prima che la fase dibattimentale entri nel vivo per dire da subito e senza esitazioni che non ci riconosciamo minimamente nel quadro caricaturale che gli inquirenti hanno dipinto delle nostre esperienze e delle nostre soggettività, umane e politiche.
Sappiamo bene, perché questo ce lo insegna la quotidianità, che i fatti del reale possono assumere significati diversi in base alla lente con cui li si guarda. La lente con cui le nostre vite sono state analizzate, spiate, setacciate ha prodotto un quadro deformato e desolante, in cui le nostre conversazioni sono state decontestualizzate, le affermazioni scherzose pronunciate in piena notte nell’intimità delle nostre case e con le nostre persone care trasformate in dichiarazioni di intenti, gli ideali e le finalità solidaristiche e sociali piegati scandalosamente a delle logiche inesistenti di profitto personale e/o collettivo, il tutto sulla base di un approccio sprezzante e pregiudiziale.
Il teorema giudiziario costruito nei nostri confronti si fonda sull’esistenza di un’associazione per delinquere che unifica e riconduce ad un unico sodalizio criminale una mappa di storie, persone, situazioni e contesti molto diversi tra loro; che pretende di equiparare a disegni delinquenziali delle esperienze politiche, dei percorsi di lotta sociali, al fine di alimentare la costruzione giudiziaria, sociale e mediatica di un “nemico pubblico”, identificato volta a volta nel Centro Sociale Askatasuna, nelle esperienze allo stesso collegate e più in generale nel Movimento No Tav.
C’è in questo teorema un vizio di fondo, una politicità negata ma evidente, una volontà di “resa dei conti” soprattutto nei confronti di chi per anni ha partecipato in maniera attiva alle iniziative e alle mobilitazioni del Movimento No Tav, spina nel fianco di molti governi perché movimento popolare, radicato in Val di Susa e irriducibile nel suo contrasto alla costruzione del Tav.
Che cos’è il Movimento No Tav, cosa sono il centro Sociale Askatasuna, lo Spazio Popolare Neruda, i collettivi studenteschi, i collettivi che aiutano le famiglie sotto sfratto, le palestre e le squadre di calcio popolari proveremo a spiegarlo nel corso del processo.
Chi sono le migliaia di persone, inserite in diverse comunità, umane e politiche, con età, esperienze, interessi diversi, protagonisti e a volte solo comparse in percorsi di attivismo sociale che negli anni hanno attraversato questi luoghi ed esperienze proveremo a farvelo capire. Potremmo forse anche raccontarci come singoli imputati, ognuno deciderà per sé, per far emergere la discrepanza tra come questa inchiesta vorrebbe farci apparire, quali soggetti privi di alcun valore morale, e come siamo davvero, persone che lavorano, studiano, con figli, genitori, sogni, speranza nella giustizia sociale.
Ciò che non verrà detto dai testi d’accusa che verranno sentiti nel corso del processo è che tutte le esperienze politiche messe sotto osservazione dalla Polizia sono ricche di solidarietà e cooperazione, parlano di giustizia nei termini più alti del termine.
La realtà è che attività politiche, anche differenti tra loro, sono state schiacciate, deformate e piegate, in modo da poter essere viste attraverso la lente del teorema giudiziario, producendo un risultato talvolta grottesco, poco realistico ed offensivo.
La storia dei popoli del mondo è ricca di esperienze politiche che guardano alla trasformazione dell’esistente, anche in termini conflittuali e l’importanza di questo processo, a prescindere dall’esito che potrà avere sulle singole vite di ognuno di noi e su quelle delle persone a noi care, risiede nella necessità di non permettere che delle comunità in lotta vengano trasformate in soggetti criminali.
Siamo radicalmente critici verso il modo di funzionare della democrazia italiana, nei confronti della sua storia e dei politici che l’hanno animata. Ma siamo coscienti e convinti che gli spazi democratici di dissenso e di dialettica sociale garantiti, in parte, da questo ordinamento vigente, siano una conquista, ora sempre più debole e sotto attacco, delle lotte sociali del passato.
Pensiamo che i movimenti sociali, e quindi anche quello No Tav, siano l’espressione più sincera, profonda e autentica di cosa significhi veramente democrazia: possibilità di decidere sulle proprie vite collettivamente e dal basso. I movimenti che abbiamo contribuito ad animare e a cui abbiamo partecipato in tutti questi anni, sono stati per noi occasione di riscatto e di difesa, anche delle nostre condizioni di vita individuali e collettive. Rifiutiamo di essere catalogati come criminali, una categoria che nel nostro caso serve ad etichettare e reprimere chi si ribella ai meccanismi e alle condizioni inique create dal modo in cui è organizzata la nostra società.
Già l’iniziale formulazione di associazione sovversiva rivolta nei nostri confronti era poco credibile, non a caso la stessa Procura ha dovuto riformularla. L’accusa di associazione per delinquere è incomprensibile per noi imputati, neanche ci è chiaro di cosa esattamente siamo accusati.
Anche dalle dichiarazioni del prime teste dell’accusa, il dott. Di Gregorio, emerge chiaramente come il lungo elenco di manifestazioni messe sotto la lente di ingrandimento dalla polizia giudiziaria, sia la storia degli ultimi anni del conflitto sociale a Torino e in Val di Susa. E’ evidente come ad essere sotto accusa sia in prima battuta l’Askatasuna e la sua attività politica, in seconda battuta l’oramai più che trentennale Movimento No Tav.
Ci è chiaro quindi che attraverso di noi si vuole reprimere per via giudiziaria il conflitto sociale territoriale che si è espresso in questi anni nella resistenza contro il progetto dell’alta velocità ferroviaria e sul territorio metropolitano, non esiste un nucleo criminale che si è insinuato nelle realtà sopra citate, è un processo ad un esperienza politica ampia, variegata, solidale, che coinvolge centinaia se non addirittura migliaia di persone su questo territorio.
Vogliamo infine esprimere la nostra solidarietà ad Alfredo Cospito e sostenere la battaglia di civiltà contro l’ergastolo ostativo e il 41 bis.
Le imputate e gli imputati,
Torino 25 Gennaio 2023″
da: notav.info - 25 gen. 2023
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