di Giorgio Beretta 6 maggio 2021
Dall'Egitto allo Yemen, dalla Libia all'Iraq: la maggior parte delle armi italiane è esportata da 5 anni nelle zone più calde del pianeta. Con buona pace della Costituzione, che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie. Ecco in anteprima un'analisi dettagliata dell'ultima relazione del governo in materia Ancora una volta sono Africa settentrionale e Medio Oriente le principali zone di destinazione delle armi e dei sistemi militari made in Italy. Nell’area di maggior tensione del mondo (guerra in Siria e Yemen, conflitti in Libia e Iraq), nella quale persistono gravissime violazioni dei diritti umani (Egitto e monarchie del Golfo) e dei diritti dei popoli (come palestinesi, saharawi, curdi) è stata diretta anche nel 2020, per il quinto anno consecutivo, la gran parte degli armamenti esportati dal nostro paese. Lo si ricava dalla lettura della “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” inviata alle Camere lo scorso 27 aprile, ma non ancora pubblicata nel sito del Senato.
Autorizzazioni all’export di armi italiane: le destinazioni negli ultimi 5 anni Il trend di esportazioni militari record verso i paesi nordafricani e mediorientali, i cosiddetti “Paesi Mena”, è stato inaugurato dal governo Renzi nel 2016 (8,6 miliardi di euro di operazioni autorizzate verso questa area del mondo, pari al 58,8%) ed è proseguito nel 2017 durante il governo Gentiloni (4,6 miliardi, pari al 48,5%) e nel 2018 con al governo prima Gentiloni e poi Conte (2,3 miliardi, pari al 48,3%), nel 2019 con i governi Conte I e II (1,3 miliardi, pari al 32,6%) e, appunto, nel 2020, col governo Conte II (1,5 miliardi, pari al 38,7%).
Nell’insieme, le esportazioni militari verso l’area Mena ammontano ad oltre 18,4 miliardi di euro, pari a poco meno della metà (il 49,8%) di tutte le autorizzazioni rilasciate nell’ultimo quinquennio: una cifra che supera ampiamente quella delle licenze per armamenti dei Paesi Ue-Nato (13,9 miliardi, pari al 37,9%).
Minaccia alla pace: un problema politico Il perdurare e la consistenza di queste operazioni indicano con chiarezza la politica delle esportazioni militari da parte dei recenti governi alla quale il parlamento – che ha la funzione di controllo dell’attività dell’esecutivo – dovrebbe dedicare una specifica attenzione. La legge n. 185 del 1990 stabilisce infatti che le esportazioni di armamenti «devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia» e che le operazioni devono essere «regolamentate dallo Stato secondo i princìpi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Esportare la metà dei sistemi militari italiani a Paesi di fuori delle principali alleanze politiche e militari dell’Italia (Ue e Nato), ed in particolare nella zona di maggior tensione del mondo e a regimi repressivi, non può più essere considerato un tema marginale o irrilevante. Non solo perché riguarda la politica estera e di difesa del nostro Paese, ma per le pesanti ripercussioni sulla sicurezza e la pace nella regione, soprattutto in considerazione del forte incremento delle spese militari e della corsa agli armamenti da parte dei Paesi del Nord Africa e Medio Oriente.
Nomi delle armi italiane esportate e lista dei produttori Un approfondito esame di queste esportazioni è reso necessario anche in considerazione del tipo di sistemi militari destinati ad Africa settentrionale e Medio Oriente. Le forniture inviate a questi paesi comprendono, infatti, tutto l’arsenale bellico terrestre, aereo e marino. Limitandoci all’ultimo quinquennio, tra i principali contratti figurano i 28 caccia multiruolo Eurofighter Typhoon al Kuwait del valore di 7,3 miliardi di euro autorizzati nel 2016 al gruppo a controllo statale Leonardo (leggi Armi italiane ai regimi autoritari). La commessa, l’anno successivo, del Qatar per 24 Typhoon di cui Leonardo è parte insieme al prime contractor britannico BAE Systems e il contratto, sempre con Doha, di Fincantieri per quattro corvette, una nave anfibia e due pattugliatori, tutti comprensivi di sistemi di combattimento e di missili, del valore di oltre 3,8 miliardi di euro (leggi Export armi: Italia sfiora il record vendendo ai regimi autoritari). E, ancora col Qatar, nel 2018, per la fornitura da parte di Leonardo di 28 elicotteri NH-90 del valore di oltre 3 miliardi di euro fino all’anno scorso, quando la nuova entrata, l’azienda M21 Srl, si è aggiudicata la licenza per 2 midget submarines del valore di 190 milioni di euro: sono mini-sottomarini che potrebbero essere impiegati con funzioni di sorveglianza, ma anche per incursioni e attacchi alle navi mercantili e alle petroliere nel Golfo Persico. da: osservatoriodiritti.it. 6 maggio 2021
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