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Storie di cappa e spada Israele/Italia, e saga di un democratico


Aermacchi M-346 dell'Israeli Air Force a Hatzerim - Foto: Oren Rozen (via Wikimedia)



Nel corso degli anni il valore delle esportazioni di armi italiane verso Israele è esploso. Tanto che i piloti che hanno bombardato Gaza in questi giorni si sono esercitati su aerei e simulatori Made in Italy. Ecco come è potuto succedere.


di Giorgio Beretta




Armi automatiche, bombe, razzi e missili, veicoli terrestri, aeromobili e poi ancora munizioni, strumenti per la direzione del tiro, apparecchi specializzati per l’addestramento e per la simulazione di scenari militari. C’è un ampio campionario dell’arsenale bellico negli oltre 90 milioni di euro di forniture di sistemi militari dall’Italia a Israele degli ultimi sei anni (2015-2020).

Spiccano soprattutto quei 17,5 milioni di euro di autorizzazioni rilasciate nel 2019 nella categoria militare ML2 che comprende «bocche da fuoco, obici, cannoni, mortai, armi anticarro, lanciaproiettili e lanciafiamme militari».


Sono comunque armamenti prodotti da una delle aziende del gruppo a controllo statale Leonardo (ex Finmeccanica), che fa la parte del leone nell’export di sistemi militari allo Stato di Israele: tra le altre aziende italiane che forniscono materiali militari al Misrad HaBitakhon, il ministero della Difesa di Israele, figurano anche Ase Aerospace, CABI Cattaneo, Fimac, Forgital, Leat, Mecaer, MES, OMA Officine, Sicamb, Teckne.


Nel contempo l’Italia ha acquistato dalle aziende israeliane materiali e sistemi militari per circa 150 milioni di euro. Un giro di affari di cui il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, incontrando lo scorso dicembre in visita ufficiale in Israele il suo omologo alla Difesa Benny Gantz e il primo ministro Benjamin Netanyahu, ha sottolineato «l’eccellente livello di cooperazione tecnico militare ed industriale» auspicandone finanche «l’ulteriore rafforzamento». (...)


Il ministro ha dimenticato di osservare che per decenni, ed in particolare per tutto il periodo successivo all’entrata in vigore della legge 185/90 (che ha introdotto “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”), fino al 2011 l’interscambio di materiali d’armamento tra Italia e Israele è stato pressoché irrisorio: le relazioni governative documentano che le esportazioni di materiali militari a Israele si attestano su una media annua di qualche decina di migliaia di euro. Per vent’anni, dunque, i governi italiani, pur mantenendo buoni rapporti diplomatici e commerciali con Tel Aviv, hanno messo in pratica una politica rigorosa e restrittiva sulle forniture militari allo Stato di Israele: tutto cambia a partire dal 2012.



L’Italia vende armi a Israele: il salto di qualità

Il “salto di qualità” avviene nell’aprile del 2012 quando, l’allora presidente del Consiglio, Mario Monti, in visita in Israele annunciò l’intenzione del governo di finalizzare al più presto i dettagli del contratto per la fornitura all’Aeronautica Militare Israeliana di 30 velivoli d’addestramento M-346 prodotti dalla Alenia-Aermacchi e relativi simulatori di volo.

Sono gli aerei e i simulatori su cui si sono esercitati i piloti dei caccia F-16 e F-35 che in questi giorni stanno bombardando Gaza. Un contratto, che faceva seguito agli accordi presi dal precedente governo Berlusconi per un pacchetto di acquisti reciproci, di cui ha beneficiato l’azienda del gruppo Finmeccanica (oggi Leonardo), mentre i contribuenti italiani hanno pagato il corrispettivo, per oltre 850 milioni di euro, di tecnologia aerospaziale acquistata da Israele, tra cui un satellite spia e due aerei Gulfstream G550 «per la sorveglianza e la supremazia aerea» a supporto alle forze di terra e navali. (...)







Feb. 2021: Marco Minniti si dimette da deputato del Pd. Guiderà la fondazione di Leonardo.


Il Fatto Quotidiano




L'ex ministro dell'Interno che nel 2018 si candidò a segretario del partito sarà il presidente di Med-Or, l'ente appena nato per volontà del cda della società partecipata dallo Stato che si occupa di difesa e sicurezza.




Marco Minniti lascia il seggio di deputato del Pd alla Camera: andrà a presiedere la nuova fondazione di Leonardo, la ex Finmeccanica, partecipata dallo Stato, che opera nei settori di difesa, aerospazio, sicurezza (cyber e non). La notizia è stata anticipata da Repubblica. L’ex ministro dell’Interno è stato parlamentare ininterrottamente negli ultimi vent’anni, da quando entrò alla Camera nel 2001. L’ultima elezione fu più rocambolesca: perse nel collegio uninominale di Pesaro contro un candidato dei 5 Stelle già espulso dal Movimento durante la campagna elettorale, poi fu ripescato nel proporzionale in Campania.

Tra gli altri ruoli che ha ricoperto anche quello di sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi segreti con Enrico Letta e Matteo Renzi.


Nel 2018 aveva annunciato la sua candidatura a segretario del Pd poi si è ritirato e ha annunciato il suo sostegno a Nicola Zingaretti.


Da ministro dell’Interno, nel governo Gentiloni, fu protagonista di decisioni che furono a lungo controverse in materia di immigrazione: tra queste l’accordo con il premier della Libia Fayez al-Sarraj che l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha giudicato “disumano” dopo aver accertato che nei centri di detenzione per i migranti nel Paese nordafricano si commettevano atti di tortura e altre “atrocità”.


La fondazione che guiderà Minniti si chiama Med-Or, nata giovedì su decisione del cda di Leonardo. L’obiettivo di Med-Or sarà quello di fare da ponte “economico, industriale e culturale” tra l’Italia e gli altri Paesi del Mediterraneo, dell’area subsahariana, del Medio e Estremo Oriente.


Stando alla relazione approvata dal cda di Leonardo, citata da Repubblica, la fondazione sarà “un ponte attraverso il quale far circolare idee, programmi e progetti concreti” per “trasferire tecnologie tradizionali e innovative”. Oltre a Minniti alla guida della fondazione ci saranno rappresentanti del mondo dell’industria, dell’università e della ricerca.


Repubblica ricorda che nel 2009 Minniti aveva già fatto nascere la Fondazione Icsa insieme con l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, con sostegno trasversale, da Gianni Letta ad Arturo Parisi.


F. Q.| 27 FEBBRAIO 2021





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