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È MIO DIRITTO. Una poesia dal carcere di Alessandria, pochi giorni fa

🖋 LE MALETESTE 🖋

16 apr 2025

Questa potentissima poesia proviene dai detenuti della Casa di reclusione di San Michele di Alessandria, grazie all'invio del coordinatore del laboratorio di poesia, Pietro Sacchi - AUTORI VARI

Forse si può chiedere ai generatori automatici di produrre un testo sapienziale contemporaneo. Può persino essere un compito facile.

Noi, invece, non generiamo testi automatici perché in carcere non c’è la rete.

Ci siamo solo noi, persone in carne e ossa, involontariamente libere dal dominio dell’algoritmo. Questo, che nasce recluso, è pensiero nostro.

E non può certo essere un pensiero unico, perché rispettiamo le diversità di ciascuno. Un pensiero fatto di tanti pensieri, in accordo e in disaccordo.


Il testo È mio diritto nasce nel Laboratorio Artiviamoci della Casa di Reclusione di San Michele in Alessandria. Qui pratichiamo il disegno, la pittura, l’incisione, la scultura plastica, la scrittura. Questo testo ci è stato proposto dal nostro maestro di bottega, Pietro Sacchi. Lo abbiamo discusso a lungo, condiviso nella sostanza. Non tutto e non tutti.

I sogni hanno un loro sinonimo anche nella parola illusioni. Soprattutto quando le squille di guerra chiamano a raccolta.

Tuttavia È mio diritto non parla mai al plurale, parla di sé e di ciascuno. Dell’intima libertà di scegliere, che esiste sempre, anche nelle situazioni più estreme, quando si è realmente soli. Il vero coraggio è accettarne il prezzo.

Le giovani generazioni, del cui disagio psicologico si è tanto parlato durante e dopo il covid, si trovano oggi da sole a considerare la prospettiva del fronte. Questo testo è dedicato a loro.




È mio diritto


Affermo il mio individuale diritto

di non uccidere.

È una facoltà e una scelta

che posso personalmente assumere

di fronte alla legge.

Nulla a che vedere

con il divieto di uccidere,

in tutte le sue variabili,

che la legge punisce,

che lo stato di guerra infine

capovolge nel dovere di uccidere.

Affermo il mio diritto

a non essere arruolato

nelle campagne di odio.

Carnefice, affermo il mio diritto

a essere vittima.

La vita stessa ci conduce al crinale

oltre il quale si diventa rei.

Le motivazioni non contano,

non stiamo calcolando attenuanti.

Carnefice e vittima

nessuna consolazione.

Fuggo la beatitudine del martirio.

Il martirio è rinuncia alla vita,

agli affetti dati e ricevuti

che sono la dote dell’uomo,

la sua qualità più comune.

Non c’è altro modo di negare la violenza

che espellerla dai propri atti.

Violenza e guerra

sono addestramento e dottrina.

Possono essere ripudiati.

Ci sono diritti concessi e conquistati.

Ci sono diritti affermati in coscienza

e realizzati in comportamenti coerenti.

Si può violare la legge uccidendo.

Si può violare la legge non uccidendo.

È legge dello stato quella

che detta l’ordine

di uccidere uomini uguali

per difendere stati diversi.

Nella migliore delle ipotesi

chi vìola la legge

viene privato della libertà.

Nella prigione i passi del detenuto

si fermano al limitare del muro.

La mente e l’anima vanno oltre.

Volendo, saranno libere, sempre.

Stessa opportunità per le persone

al di qua e al di là delle sbarre.


È la nostra volontà a farci liberi,

nonostante la sproporzione delle forze

e l’ambizione del potere

sugli uomini e sulle cose.

Il potere è una belva cieca

insofferente ad ogni limite, legge, vincolo.

Il diritto umanitario è universale,

è un limite vincolante,

una legge sopranazionale.

La produzione, la detenzione

e la minaccia di uso delle armi nucleari

sono fuori legge.

Nessuno può curare le vittime

di un conflitto nucleare.

Lo stato che le detiene

è uno stato non legittimato.

Le società che lo accettano

non possono legittimarlo.

Uomini di legge rammentate:

quello umanitario è un diritto superiore.

È il diritto stesso alla vita.

Ne ho piena paradossale coscienza.

Perché amo la vita in ogni sua forma.

Perché amo questa mia stessa

vita ristretta.

Affermo il mio personale diritto

di non uccidere.

È una facoltà e una scelta

che posso individualmente assumere

di fronte alla legge.

Anche se sono privato

della libertà di movimento

posso pensare, immaginare,

creare opere d’arte.

Dall’interno della casa che mi reclude

e della mia quotidiana pena

non sono più carnefice

sono persona, sono uomo.

Liberamente posso dire

che è una colpa decidere

che uomini giudicati colpevoli

debbano essere costretti in una gabbia

per affermare un diritto

senza affrancamento.

Da questa mia gabbia grido a voi

il mio personale diritto di non uccidere.

E invito voi tutti a rifletterci, inviandovi

pensieri, sogni, opere d’arte.


Casa di Reclusione San Michele, Alessandria

Laboratorio Artiviamoci


Fonte: comune-info.net - 15 aprile 2025

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