💹 LE MALETESTE 💹
1 feb 2024
Per tale motivo l’Unione Europea ha chiesto all’Italia l’introduzione di misure diverse dalla detenzione penitenziaria, ma davanti a esse il Governo Meloni ha invece inasprito le pene.
da L'INDIPENDENTE e LA REPUBBLICA
Un suicidio in cella ogni due giorni. Il 2024 anno nero delle carceri
L’ultimo si è tolto la vita domenica a Imperia. Tredici morti nel primo mese è il doppio del 2022 quando si raggiunse il record di 84 vittime. Detenuti e agenti stavolta uniti nella critica al ministro Nordio che ha parlato di “una malattia ineliminabile”
di Giuliano Foschini
30 GENNAIO 2024 ALLE 01:00
Leggetela così: «Dall’inizio dell’anno, in 28 giorni, 13 persone sotto la responsabilità di una famiglia, sono morte. Suicidate». Verrebbe giù tutto. Le telecamere si assieperebbero fuori da quella casa, non si parlerebbe d’altro, si racconterebbero dettagli sui carnefici e sulle vittime. E invece: 13 persone dall’inizio dell’anno sono morte sotto la responsabilità dello Stato. In carcere. Eppure la cosa sembra interessare a pochissimi.
Nessuno conosce i loro nomi, nessuno si chiede le loro storie (che trovate in questa pagina): «I suicidi in carcere sono purtroppo una malattia ineliminabile», ha detto al Parlamento dieci giorni fa, il ministro della Giustizia Carlo Nordio.
Ma davvero è «ineliminabile?» Quei detenuti morti erano malati: tossicodipendenti, pazienti psichiatrici, persone che avevano più volte tentato il suicidio, fuori e dietro le sbarre. Avevano commesso reati, vero. Anche orrendi. Imperdonabili. «Ma in questa maniera – ragiona una delle operatrici di Antigone, infaticabile nel loro lavoro – di reati se ne compiono due: li commette chi va in galera, e chi, lo Stato, non è in grado di proteggerli e rieducarli».
In questo inizio tragico di 2024, si diceva, i suicidi in carcere sono stati 13. I numeri sono fuori controllo: nel 2022, anno nero dei suicidi, con 83 vittime, a gennaio i detenuti che si tolsero la vita furono sette. Lo scorso anno quattro, con 69 alla fine dell’anno. L’ultimo suicidio, l’altra notte, a Imperia: Michele Scarlata, un 65enne che aveva provato ad ammazzare sua moglie e poi a uccidersi. È stato fatto di tutto per salvarlo? Perché Matteo Concetti, 23 anni, con un gravo disagio psichiatrico, che più volte aveva chiesto aiuto, era stato chiuso in una cella di isolamento del carcere di Ancona dove si è tolto la vita? Per una volta detenuti e agenti penitenziari sono dalla stessa parte, danno la stessa lettura delle cose.
«A Nordio - attacca Gennarino De Fazio, segretario generale della Uil - diciamo che le malattie si curano, o per lo meno ci si prova: violenze, aggressioni, privazioni, sofferenze d’ogni genere. In carcere non se ne può più. Bisogna intervenire davanti a questa strage».
Ivano Lucera, Foggia, 25 gennaio 2024
Ivano Lucera aveva 35 anni e una storia difficile, ma in fondo uguale a centinaia di altre: un percorso di dipendenze che lo avevano portato ad avere problemi a casa. Era in carcere per una storia di maltrattamenti familiari: si è impiccato con le lenzuola.
Michele Scarlata, Imperia, 29 gennaio 2024
L’allarme lo ha lanciato il suo compagno di cella, a Imperia, alle sei del mattino di domenica: “Correte, è in bagno”. Non c’era più niente da fare: Michele Scarlata, 65 anni, era già morto. Era in carcere da poche settimane: aveva tentato di uccidere la sua ex compagna. Qualche settimana prima aveva tentato il suicidio ingerendo psicofarmaci e appiccando un incendio in casa.
Alam Jahangir, Cuneo, gennaio 2024
Alam Jahangir aveva compiuto da qualche mese 40 anni. Era nato in Bangladesh ma da tempo viveva in provincia di Cuneo, dove i carabinieri lo avevano arrestato il 28 dicembre per maltrattamenti. Si è impiccato con un pezzo di lenzuolo.
Stefano Bonomi, Rieti, 6 gennaio 2024
Sessantacinque anni, si è lasciato morire di fame nell’ospedale di Viterbo, dopo un trasferimento dal carcere di Rieti. Era da settimane in sciopero della fame tanto che il magistrato di sorveglianza aveva ordinato il suo ricovero coatto. Ma la situazione era già troppo compromessa. Era in galera per un furto, protestava perché non aveva avuto accesso ai benefici di legge.
Stefano Voltolina, Padova, 8 gennaio 2024
“Con lui abbiamo fallito, come altre volte. Facciamo almeno qualcosa per non dimenticarcelo, il nostro fallimento. Di lui, di Stefano, io non mi potrò mai dimenticare”, ha detto parlando di lui la sua vecchia prof delle medie che, con sorpresa, aveva nuovamente incontrato Stefano, 26enne, nella biblioteca del carcere di Padova. Arrestato per una violenza, non ha retto la galera: quando è stato fermato soffriva già di una forte depressione.
Ahmed Adel Elsayed, Rossano Calabro, 25 gennaio 2024
Trentacinque anni, di origine egiziana, è stato trovato dagli agenti impiccato nel bagno della sua cella a Rossano Calabro. Era in carcere per una questione di droga ma il prossimo anno avrebbe finito di scontare la pena. Era nell’ala di media sicurezza di un carcere che ospita la maggior parte dei detenuti per fatti di terorrismo. “E nonostante questo manca personale”.
Antonio Giuffrida, Montorio, 22 gennaio 2024
Nel novembre scorso era stato arrestato a Verona, dove viveva, per una storia di truffe. La scorsa settimana si è ucciso nel carcere di Montorio, nella città che lo aveva ospitato: 60 anni, di origine siciliana, è possibile che sia scattato anche un effetto emulazione. A Verona negli ultimi mesi ci sono stati quattro suicidi e due tentativi. “Ora basta”, dicono gli agenti.
Luciano Gilardi, Poggioreale, 22 gennaio 2024
È morto il 22 gennaio, nelle 24 ore nere delle carceri italiane (tre suicidi), il terzo suicidio nel giro di una settimana nel carcere Poggioreale dove la situazione del sovraffollamento è sempre più grave: aveva 34 anni, era in carcere per questioni di droga e tra un mese appena sarebbe tornato libero.
Andrea Napolitano, Poggioreale, 15 gennaio 2024
Era all’ergastolo per l’omicidio della sua compagna, Ylenia Lombardo. Napolitano si è ammazzato nel carcere di Poggioreale: l’uomo era in cura da anni presso il Centro di igiene mentale ed era stato segnalato come ad alto rischio suicidario.
Fabrizio Pullano, Isola di Capo Rizzuto, 12 gennaio 2024
Secondo la Dda di Catanzaro, in un’indagine coordinata dal procuratore Nicola Gratteri, era il capobastone del suo clan: 60 anni. Pullano si è ucciso nel carcere di Isola di Capo Rizzuto, impiccandosi alle sbarre della sua cella. Era nel reparto di alta sicurezza, sorvegliato a vista, anche perché nei giorni precedenti proprio in quella sezione c’era stata una rivolta dei detenuti.
Matteo Concetti, Ancona, 5 gennaio
Aveva 23 anni ed era nel carcere di Ancona per reati legati alla droga e contro il patrimonio. Sarebbe stato libero dopo qualche mese. Da quando era poco più che un bambino faceva i conti con la droga e un disturbo bipolare. Era in una cella di isolamento.
Mahmoud Ghoulam, Poggioreale, 15 gennaio
È una delle vittime di Poggioreale. Senza fissa dimora, 38 anni, di origine marocchina, Ghoulam era entrato in carcere pochi giorni prima di Natale. Da tempo viene denunciato dagli operatori il caso del carcere napoletano, dove si sta anche in otto in una cella, con detenuti per lo più stranieri e con “gravissime difficoltà con la mediazione culturale”.
Jeton Bislimi, Castrogno, 24 gennaio
Si è ucciso nel carcere di Castrogno a Teramo: musicista macedone, 34enne, da anni in Italia, il 14 novembre scorso aveva tentato di uccidere sua moglie con dieci coltellate. Aveva poi provato il suicidio ingerendo psicofarmaci.
GIULIANO FOSCHINI
fonte: repubblica.it - 30 gen. 2024
Un suicidio ogni due giorni: il 2024 è già “anno nero” per le carceri
di Dario Lucisano
31 GENNAIO 2024 - 13:00
In questi primi 30 giorni dell’anno, nelle carceri italiane, si sono registrati 13 suicidi, il numero più alto negli ultimi 10 anni, che supera di gran lunga i 7 del 2022, anno in cui i suicidi nei penitenziari hanno toccato il loro apice, arrivando a toccare quota 85. L’ultimo risale al 29 gennaio, ed è stato segnalato dalla UILPA, il ramo della Polizia Penitenziaria della UIL.
Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, la problematica è irrisolvibile, eppure uno dei principali fattori di disagio segnalato più volte dalle organizzazioni per i diritti dei detenuti è l’alto tasso di sovraffollamento degli istituti, a cui vanno aggiunte anche le condizioni spesso ai limiti in cui vivono i carcerati italiani, non raramente privati di spazi sociali, adeguata formazione, e qualche volta addirittura di prime necessità come l’acqua calda.
Dei 13 suicidi segnalati a gennaio, 12 si sono verificati per impiccagione e 1 è avvenuto a causa di uno sciopero della fame. A questi, poi, vanno aggiunti altri 19 decessi per “altre cause”, come quelle naturali, che sommati ai suicidi restituiscono un totale di 32 morti, più di uno al giorno. L’ultima ricerca del Garante Nazionale dei Diritti delle Persone Private della Libertà Personale, pubblicata questo 4 gennaio e aggiornata al 18 aprile 2023, mostra come degli 85 suicidi registrati nel 2022, picco storico assoluto da almeno il 1992, “34 riguardano persone riconosciute con fragilità personali o sociali” quali individui “senza fissa dimora” o “con disagi psichici”.
Di questi 80 erano uomini e 5 erano donne e, contrariamente a quanto si possa pensare, molti si sono verificati secondo tempistiche inaspettate: la stessa ricerca del Garante mostra come “troppo breve è stata in molti casi la permanenza all’interno del carcere”, tanto che 50 persone su 85, il 65% del totale, si sono tolte la vita nei primi 6 mesi di carcere, di cui 21 nei primi tre mesi, 15 nei primi 10 giorni e addirittura 9 nelle prime 24 ore. Lo stigma sociale di essere percepito come un criminale, insomma, gioca un ruolo preponderante nelle ragioni che spingono un detenuto a suicidarsi e dimostra come a dover cambiare è in primo luogo la cultura carceraria.
A queste considerazioni si aggiungono anche le scarse condizioni in cui versano i carcerati italiani, contro le quali parecchie associazioni ed enti continuano a lanciare allarmi. Secondo gli ultimi dati forniti dal Garante nei primi 14 giorni del 2024 si è registrato un sovraffollamento del 127,54% mentre a dicembre si contavano quasi 10.000 detenuti oltre il limite di capienza nazionale. La conta dei detenuti continua, inoltre, ad aumentare, tanto che negli ultimi tre anni si è registrato un innalzamento del numero di carcerati di 8.000 unità, pari a un incremento del 13,31%.
Per tale motivo l’Unione Europea ha chiesto all’Italia l’introduzione di misure diverse dalla detenzione penitenziaria, ma davanti a esse il Governo Meloni ha inasprito le pene, come nel caso della nuova legge riservata agli ecologisti o del cosiddetto “decreto rave”. Oltre al sovraffollamento, ad allarmare è anche lo stato in cui versano le strutture, spesso obsolete e vecchie quasi, e in certi casi oltre, un secolo.
Inoltre, secondo uno studio dell’Osservatorio dell’Associazione Antigone condotto su 96 penitenziari, nel 25% delle strutture visitate le celle contano meno di 3 metri quadri calpestabili a detenuto, e alcune di esse non sono dotate di doccia, riscaldamento e acqua calda; gli spazi sociali sono ridotti all’osso, l’accesso al verde è in molti casi impossibile e le misure rieducative e di formazione risultano spesso inadeguate, tanto che nel 2021 a fronte degli 896 educatori richiesti ne erano presenti solo 733, con picchi al ribasso di 1 ogni 152 detenuti.
Davanti alle scarse condizioni riservate ai detenuti italiani, in Italia negli ultimi anni si è registrato un taglio nella spesa riservata alle strutture penitenziarie. Nella legge di bilancio del 2023, infatti, si leggeva che a partire dall’anno scorso si sarebbe dovuta attuare una razionalizzazione del personale che avrebbe dovuto portare a risparmiare quasi 10 milioni.
Carlo Nordio ha definito quella dei suicidi in carcere «una malattia ineliminabile», ma come risponde la UILPA, “le malattie si curano”. Per farlo occorre agire alla radice della percezione comune sui detenuti, ma anche attuare un ripensamento che muova i suoi primi passi dagli aspetti concreti che rendono tanto difficile la vita dei carcerati: migliorare le strutture, aumentare il personale e soprattutto puntare sul processo rieducativo e formativo che dovrebbe essere il principio fondante di qualsiasi struttura penitenziaria, che più che ruotare attorno al concetto di punizione dovrebbe gravitare su quello di educazione.
DARIO LUCISANO
fonte: lindipendente.online - 31 gen. 2024