🎬 LE MALETESTE 🎬
6 set 2024
Un “mondo dei vinti” è quello raccontato da Simone Massi e dal nutrito gruppo di collaboratori e collaboratrici. Un mondo raccontato senza nessun cedimento all’elegia o all’arcadia che si porta dietro e dentro un peso coinvolgente e commovente, non arido, ma fecondo. Come il seme in un campo di grano. Video-trailer.
di Carlo Ridolfi
1 settembre 2024
Realizzare in Italia un lungometraggio di animazione è impresa che rasenta la follia. Per nostra fortuna, anche se ancora troppo raramente, ogni tanto si fa vivo qualche provvidenziale e puro folle, un Parsifal che non si mette alla ricerca del Sacro Graal, ma pensa, scrive, disegna e produce un’opera in cui si congiungono poesia e vita. Simone Massi è uno di questi e con Invelle ci consegna un fllm bellissimo, vera miniera di immagini, parole, voci, suoni, rumori e musica.
Siamo nella campagna marchigiana, comune di Pergola, provincia di Pesaro e Urbino, descritta in questo modo dall’autore: " Nel pezzo di terra dove sono nato e cresciuto non c’è niente di importante da vedere e da ricordare, niente che possa essere considerato degno di finire sui libri. Una sorta di “Invelle”, un non luogo da cui la Storia con la maiuscola ha preso e preteso tutto quello che voleva e poteva. In cambio abbiamo avuto le storie con la minuscola, quelle che o le tramandi a voce oppure si perdono ".
In questa “da nessuna parte” si svolge la vita di tre generazioni di famiglie contadine, vista attraverso gli occhi di tre di loro: Zelinda, che nel 1918 ha il padre in guerra e la madre portata via dalla “spagnola”; Assunta, che nel 1943 attraversa la guerra e sente l’eco della Resistenza; Icaro, che nel 1978, mentre frequenta le elementari, sarà l’ultimo testimone di un mondo in disfacimento, prima dell’abbandono della terra e del trasferimento in città.
Simone Massi, che dal 1995 ha inanellato un cospicuo elenco di cortometraggi (e numerosissimi e meritatissimi premi) lavora con la tecnica del rotoscopio – che risale al 1918 in cui i fratelli Fleischer realizzano la serie Out of the Inkwell – e che consiste nel lavorare a ricalco su immagini riprese in precedenza su pellicola. Ciò gli consente di poter utilizzare sia riprese realizzate appositamente per il film, sia materiale di repertorio. E questa è una delle grandi caratteristiche di questo film, che accompagna le esistenze – solo apparentemente “minori” – dei contadini e delle loro famiglie ai grandi avvenimenti storici.
Non a caso, e sono alcuni dei tantissimi momenti di grande emozione che si susseguono nel racconto, il film si apre con un breve estratto di una delle Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana (letta da Ascanio Celestini) e prosegue con alcuni inserti sonori grazie ai quali abbiamo la fortuna di poter riascoltare la voce di Nuto Revelli. Ed è davvero un “mondo dei vinti” quello raccontato da Simone Massi e dal nutrito gruppo di collaboratori e collaboratrici. Un mondo raccontato senza nessun cedimento all’elegia o all’arcadia, ma con la piena consapevolezza di quanto ci fosse di legame con la terra, con la natura, con gli animali, con gli altri esseri umani e con dimensioni persino ultraterrene e di quanto tutto ciò si sia, forse irrimediabilmente, perso.
Perché si tratta di un mondo in cui (oltre alle ricerche di Revelli, si respira anche l’evidente riferimento a quelle di Ernesto De Martino), grazie alla magia di un cinema che con l’animazione torna alle sue più remote origini, la luna diventa un uovo e il sole un cesto di vimini che si sta costruendo. Un mondo in cui persino il formalismo di una religione come quella cattolica, che viene da lontanissimo e dovrebbe e potrebbe avere risvolti umanistici, rischia di costringere in una gabbia di abitudini e di comportamenti la possibile e mai realizzata aspirazione alla libertà vitale degli esseri umani.
Una gabbia che diventa un labirinto, come quello narrato nel mito di Minosse, del Minotauro, di Dedalo e Icaro, che qui viene affidato alla potente voce di Mimmo Cuticchio, principe del teatro dei pupi siciliano. A significare che la dimensione a-storica, universale, atemporale, si incontra e si scontra con quella storica, particolare, cronologica.
Così il suono del tuorlo e dell’albume di un uovo rotto per la padella diventa quello delle scarpe dei soldati che affondano nel fango delle trincee della Prima guerra mondiale. Così la voce di un sindacalista che sta tenendo un comizio viene interrotta dall’esplosione di una bomba, come nel momento in cui si rievoca con il sonoro originale la strage di Piazza della Loggia a Brescia. Così l’immagine fotografica e televisiva di Aldo Moro nel pieno delle sue facoltà attive di politico si piega su se stessa rannicchiandosi immota nel bagagliaio di una R4 abbandonata in via Caetani.
Automobile rossa. Perché il rosso, in un film in cui predomina un efficacissimo bianco e nero, è colore che ritorna attraversando le generazioni, fino a quello che cola dal naso, o “piscia”, come dice lui, che non ha ancora imparato bene l’italiano, al piccolo Icaro mentre si trova a scuola. E quando lo stesso ragazzino, ultimo di generazioni di franti e piegati dalla natura e dalle soperchierie degli umani, reagirà sbattendo a terra uno dei compagni che suole prenderlo in giro chiamandolo in modo spregiativo “contadino”, quando il padre gli chiederà: “Da chi hai imparato a menare le mani?”, risponderà: “Dalla scuola, da te, da tutti!”. Come a dire: sono decenni e secoli che ci insegnate a subìre la violenza, non stupitevi se con la violenza reagiamo, esasperati.
IL TRAILER
E proverà a volare, il giovanissimo Icaro, cercando una collina dalla quale vedere il mare e sentire il suo respiro. In un finale che è quasi una citazione letterale della siepe leopardiana, niente affatto consolatorio e perfettamente coerente con tutto il racconto.
Un finale in cui all’immagine dolente e alle ultime parole che ascoltiamo, che svelano il senso di tutto ciò che abbiamo fin qui visto, si accompagnano quelle del canto dedicato a Sante Caserio da Pietro Gori: la storia di un anarchico che nel 1894 uccise a colpi di pugnale il presidente francese Carrot, per vendicare l’esecuzione dell’altro anarchico Auguste Vaillant.
Voi che la vita e l’avvenir fatale
offriste su l’altar dell’ideale
o falangi di morti sul lavoro
vittime dell’altrui ozio e dell’oro.
Martiri ignoti o schiera benedetta
già spunta il giorno della gran vendetta
de la giustizia già si leva il sole
il popolo tiranni più non vuole.
Si esce dalla miniera in cui ci ha portato Simone Massi col suo film, davvero imperdibile (e che mette insieme, anche se si volesse usare a scopo didattico, storia, antropologia, letteratura, poesia, etnomusicologia, fonologia, storia dell’arte e, ovviamente, cinema e cinema e cinema) portandosi dietro e dentro un peso coinvolgente e commovente, non arido, ma fecondo. Come il seme in un campo di grano.
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INVELLE
regìa: Simone Massi (Italia/Svizzera, 2023)
sceneggiatura: Simone Massi, Anne Paschetta, Alessio Torino, Luca Briasco, Julia Gromskaya, Nello Massi, Assunta Ceccarani
montaggio: Simone Massi, Lola Capote Ortiz, Alberto Girotto
musica: Lorenzo Danesin
suono: Stefano Sasso, Riccardo Studer
storie e disegni: Simone Massi
voci: Marco Baliani, Ascanio Celestini, Mimmo Cuticchio, Luigi Lo Cascio, Neri Marcoré, Giovanna Marini, Achille Massi, Gemma Massi, Toni Servillo, Filippo Timi
produzione: Minimum Fax Media, in collaborazione con RAI Kids, in coproduzione con Amka Films e RSI, Radio Televisione Svizzera, con il sostegno del MiC e il supporto di Eurimages e Regione Lazio, ECRA Edizioni del Credito Cooperativo
distribuzione: Lucky Red
Animazione b/n colore
durata: 82’
Fonte: comune-info.net - 1 settembre 2024