
🌹 LE MALETESTE 🌹
12 feb 2025
"Scrivo sulla legge regionale della Toscana sul fine vita con un punto di vista di cattolica e di compagna di un uomo, toscano, malato di sclerosi multipla da 25 anni. Una persona serena che vuole vivere e che ogni mattina dice agli altri: sarà una buona giornata." - DARIO LUCISANO e BARBARA SCARAMUCCI
La Toscana è la prima regione in Italia a dotarsi di una legge sul suicidio assistito
di Dario Lucisano
12 Febbraio 2025 - 11:30
Ieri, martedì 11 febbraio, il Consiglio regionale della Toscana ha approvato una legge che regola tempi, modalità e costi per l’accesso al suicidio assistito, rendendo così la regione la prima in Italia a dotarsi di una legge in materia. La legge si fonda sulla sentenza della Corte Costituzionale del 2019 ed era stata proposta dall’Associazione Luca Coscioni. Il testo è composto da sei articoli più il preambolo. La norma approvata prevede l’istituzione di una Commissione multidisciplinare permanente in ogni distaccamento ASL, composta da un medico palliativista, uno psichiatra, un anestesista, uno psicologo, un medico legale e un infermiere. La legge affida alla commissione, affiancata dal Comitato etico locale, il compito di valutare le istanze presentate e garantisce al richiedente l’eventuale accesso alla pratica in meno di due mesi.
La legge approvata dalla Regione Toscana ha ricevuto 27 voti a favore (Partito democratico, Italia viva, Movimento 5 stelle e gruppo misto), e 13 voti contrari (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia).
Il testo si basa in larga parte sulla proposta di iniziativa popolare “Liberi Subito” elaborata dall’associazione Luca Coscioni e presentata alla Regione dopo la raccolta di 10.000 firme. Innanzitutto, stabilisce i criteri di accesso alla pratica, che riprendono la nota sentenza 242/2019 (nota anche come “sentenza Cappato”) della Corte Costituzionale. La legge toscana individua quattro requisiti specifici, che devono presentarsi tutti insieme perché il richiedente possa essere considerato idoneo. Egli deve: essere vigile e capace di prendere decisioni consapevolmente; essere affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze intollerabili; essere dipendente da un “trattamento di sostegno vitale”; aver richiesto l’accesso alla procedura in modo “libero e autonomo, chiaro e univoco”.
Il suicidio assistito, inoltre, deve considerarsi come una sorta di ultima opzione, e il paziente che presenta la domanda deve aver in precedenza rifiutato gli altri possibili trattamenti praticabili, che gli devono essere stati adeguatamente illustrati. Il paziente ha la facoltà di individuare un medico di fiducia che lo assista nelle pratiche.
Individuati i requisiti di accesso alla pratica, la legge fissa la procedura e i tempi da seguire, che si discostano leggermente dalla proposta dell’Associazione Luca Coscioni. In prima istanza, il richiedente deve rivolgersi alla propria ASL di riferimento, presentando una richiesta di verifica dei requisiti che dovrà includere tutta la documentazione sanitaria. La domanda viene così inoltrata alla Commissione multidisciplinare, che dovrà completare la verifica dei requisiti entro trenta giorni, con la possibilità di sospendere il procedimento per condurre accertamenti clinici una sola volta e per non più di cinque giorni. In questa prima fase, la Commissione deve anche richiedere il parere del Comitato etico, che deve arrivare non oltre venti giorni dopo la richiesta e nel rispetto della scadenza dei trenta giorni. La Commissione dovrà fornire il proprio parere finale e comunicare la propria decisione alla ASL, che la inoltrerà al paziente.
In caso di esito positivo, la Commissione avrà dieci giorni di tempo per individuare le modalità di attuazione del suicidio medicalmente assistito; il paziente può richiedere che le modalità della procedura siano stabilite anche con la presenza del medico di fiducia. La procedura deve svolgersi nel rispetto della dignità della persona e il Comitato etico deve dare il proprio lasciapassare entro cinque giorni e – come nella fase precedente – nel rispetto della scadenza di dieci giorni. Stabilita anche la procedura, essa verrà eseguita entro sette giorni. In totale, contando l’eventuale proroga, la legge garantisce ai pazienti una risposta entro trentacinque giorni e l’eventuale accesso alla pratica entro cinquantadue giorni, che si riducono rispettivamente a trenta e quarantasette nel caso in cui non ci fosse bisogno di effettuare ulteriori accertamenti clinici.
La legge verrà promulgata nei prossimi dieci giorni, e avrà effetto a partire dai venti giorni dopo la pubblicazione. A quel punto le ASL avranno quindici giorni di tempo per individuare le Commissioni multidisciplinari. Con l’approvazione di ieri, la Toscana diventa la prima regione a normare l’accesso al suicidio assistito. Precedentemente, ci aveva provato anche il Veneto, ma la legge non era stata approvata, mentre in Lombardia è stata bocciata prima ancora di venire discussa.
A oggi, il suicidio assistito non è infatti normato da alcuna legge, né locale, né tantomeno di respiro nazionale, ed è regolato dalla cosiddetta “sentenza Cappato”, che fornisce le basi per stabilire non quando esso sia attuabile, ma quando diventa punibile. L’iter odierno non prevede scadenze e ha spesso costretto i pazienti ad attendere anni prima di ricevere una risposta, spesso portando il proprio caso in tribunale.
La Toscana rompe il silenzio sul fine vita
di Barbara Scaramucci
11 Febbraio 2025
Doverosa premessa: scrivo sulla legge regionale della Toscana sul fine vita con un punto di vista di cattolica e di compagna di un uomo, toscano, malato di sclerosi multipla da 25 anni. Una persona serena che vuole vivere e che ogni mattina dice agli altri: sarà una buona giornata.
La pagina che ha scritto la giunta regionale della Toscana è una pietra miliare sulla strada di una legge che in Italia la politica non vuole fare, quasi tutta la politica, non solo la destra. Ed è un riconoscimento di giustizia per centinaia di migliaia di malati terminali o cronici che, nella stragrande maggioranza dei casi, vogliono vivere fino all’ultimo battito del loro cuore e amano la vita più degli altri, ma chiedono la garanzia che, nel caso non ce la facciano più e non ci sia più niente da fare,possano lasciare questo mondo in serenità, addormentandosi per l’ultima volta su questa terra senza smorfie di sofferenza.
La Toscana dunque è la prima regione italiana a dotarsi di una legge che regola il suicidio medicalmente assistito.Il Consiglio regionale ha approvato la norma – frutto di una discussione avvenuta sulla base della legge d’iniziativa popolare presentata dall’associazione “Luca Coscioni” – con 27 voti favorevoli, 13 contrari e una consigliera che (nonostante fosse presente) ha preferito non esprimersi.
Il tema è inevitabilmente drammatico, lacera le coscienze, coinvolge le nostre emozioni, il nostro credere o non credere. Ma ancora una volta, come fu per l’aborto, la politica dovrebbe far prevalere l’interesse collettivo secondo quanto stabilito dalle norme e non la posizione personale.
Chi da cattolico votò la legge sull’aborto spesso nella sua vita privata non ha abortito, ma capiva che lo stesso non poteva essere impedito ad un altro cittadino. Ora è la stessa cosa. La giunta della Toscana lo ha capito e la spaccatura è stata netta: tutto il centro sinistra, compresi i 5 stelle che sono fuori dalla giunta, e il gruppo misto hanno votato a favore e tutta la destra attualmente al governo ha votato contro, auspicando che il governo stesso impugni (come farà) questa decisione.
La legge regionale della Toscana sul fine vita, sul suicidio medicalmente assistito, è composta da 6 articoli e un preambolo che ribadisce il carattere meramente organizzativo delle norme e rimanda agli articoli 32 e 117 della Costituzione. «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge» assieme alla competenza legislativa riservata allo Stato per determinare i livelli essenziali delle prestazioni che riguardano i diritti civili e sociali, con una competenza ‘concorrente’ sul tema della salute.”
La Corte Costituzionale si era già pronunciata lo scorso anno mantenendo i requisiti fissati dal 2019 riguardo ai sostegni vitali del paziente e alla decisione demandata ad una commissione medica interdisciplinare della ASL escludendo ogni responsabilità per il medico che assiste il malato fino alla fine.. Nessuna regione è riuscita ad applicare la legge senza far attendere mesi ai pazienti, rinviando, decidendo solo in parte, ritardando la concessione dei farmaci palliativi, indicazioni che già sono contenute in una legge del 2017 che istituisce il cosiddetto “testamento biologico”, di cui mai nessuno parla. Tranne ovviamente i radicali e l’associazione Coscioni che di questo movimento sono stati gli unici testardi promotori.
Alcuni malati, lo sappiamo, sono andati in Svizzera a morire. La maggior parte erano malati cronici, di Sla o di sclerosi multipla, molti di più dei malati oncologici. E aggiungo: la sclersi multipla e altre malattie neurologiche in Toscana sono più diffuse che in altre regioni, esiste perfino un virus chiamato Toscana che aggredisce il cervello fin dall’infanzia.
Vorrei far capire a chi non ha esperienza diretta – che non auguro a nessuno – che un malato cronico che perde progressivamente a volte lentamente ogni sua capacità vitale e per ogni gesto, anche prendere un cucchiaino di miele, deve essere aiutato da un’altra persona, può diventare complicato continuare ad avere voglia di vivere. Se poi è accompagnato da dolori progressivi ancora di più. Se può solo comunicare con un gesto degli occhi non ne parliamo. E poi c’è un aspetto che nessuno analizza mai: occorre un’assistenza domiciliare o in ricovero che in Italia non esiste. Colpisce che la prima legge sul fine vita venga dalla Toscana, una realtà fra le migliori – forse la migliore- per questo tipo di assistenza, che, come al solito, se puoi pagare la trovi, ma se non puoi sei perduto. E i familiari possono non esserci, non farcela, non potere materialmente: oggi si chiamano caregiver e nessuna legge li riconosce.
Se si vuole ridurre al minimo il numero dei malati che chiedono il suicidio assistito c’è una sola cosa da fare: potenziare in modo notevole l’assistenza multidisciplinare ai pazienti in condizioni gravi, alle loro famiglie, alla loro comunità. E’ questo l’antidoto, non le polemiche. Il tormento della coscienza rimane, doloroso, angosciante.
Ma mi piace pensare che il più grande rivoluzionario della storia, di nome Gesù, sia accanto a quei malati che per loro scelta si addormentano forse anche con un sorriso.
fonte: https://www.articolo21.org/2025/02/la-toscana-rompe-il-silenzio-sul-fine-vita/