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ITALIA A DESTRA parte 1. Repressione e informazione, due campi 'attenzionati'

🧧 LE MALETESTE 🧧

4 mag 2024

Perquisizioni e sequestri contro Ultima Generazione. Libertà di stampa, l’Italia scivola verso l’orbanizzazione.
di GIANSANDRO MERLI e DANIELE NALBONE

Perquisizioni e sequestri contro Ultima generazione


IN VENETO. A ordinarle lo stesso pm che aveva ipotizzato l'associazione a delinquere, poi archiviata dal gip. I fatti risalgono al 12 aprile scorso. Protestano Pd e Avs: «Trattati come criminali, Piantedosi deve chiarire»


di Giansandro Merli

4 maggio 2024


Ieri tra Padova, Venezia e Valbrenta decine di agenti hanno perquisito sei abitazioni, tra luoghi di domicilio e di residenza. L’obiettivo erano quattro attivisti di Ultima generazione che il 12 aprile scorso sono stati riconosciuti e fermati dalla digos di Padova fuori dalla mostra «Da Monet a Matisse», a palazzo Zaborella. «Sventato un blitz di alcuni estremisti dell’ambientalismo», aveva detto il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari, sottolineando che i ragazzi erano «armati di gessetti, sostanza collante e striscioni». In questura erano finiti in sette. Tra loro: un minorenne, la cui posizione è poi stata stralciata; un cronista del Mattino di Padova, trattenuto per diverse ore senza la possibilità di comunicare; un ignaro turista che era andato a vedere i quadri ma si è ritrovato coinvolto nella vicenda.


Le accuse mosse ai quattro indagati sono di manifestazione non autorizzata e «Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici», ovvero il nuovo reato introdotto recentemente dal governo Meloni, che in questo caso è nella forma del «tentato». Anche perché non c’è stata né la manifestazione, né altro.

Proprio per questo il pm Benedetto Manlio Roberti ha disposto le perquisizioni: alla ricerca di prove contenute in cellulari e computer, che sono stati sequestrati, necessarie a dimostrare l’azione illegale che stava per essere compiuta all’interno della mostra. «Presenteremo certamente riesame contro i decreti di sequestro. Riteniamo si tratti di un’operazione del tutto sovradimensionata a fronte di una vicenda priva di qualsiasi offensività», afferma l’avvocato Leonardo De Luca, del foro di Venezia.


Non è la prima volta che il nome di Roberti compare vicino a quello di Ultima generazione: si tratta dello stesso pubblico ministero che aveva ipotizzato l’associazione a delinquere nei confronti di cinque attivisti dell’organizzazione ecologista. Il giudice per le indagini preliminari di Padova ha archiviato il procedimento il 12 aprile di quest’anno, cioè lo stesso giorno dell’azione incriminata.

«La contestazione ambientalista va ascoltata non repressa. Le perquisizioni nelle case delle attiviste e degli attivisti di Ultima generazione sono l’ennesima prova di una scelta da parte del Viminale di trattare le proteste come fenomeni criminali», ha dichiarato Luana Zanella, capogruppo di Alleanza verdi e sinistra. Per il dem Alessandro Zan: «La destra di governo, che ha gettato fango e lanciato una campagna d’odio verso questi attivisti definendoli addirittura “terroristi”, è responsabile di un clima inedito di controllo e repressione. Piantedosi deve chiarire».


Dal canto suo Ultima generazione ha convocato un’assemblea popolare nel pomeriggio di ieri presso il palazzo Bo, sempre a Padova, e rilanciato gli appuntamenti di maggio: tre settimane di mobilitazione che verosimilmente avranno luogo nella capitale, dove dall’11 al 27 maggio si terrà il «Festival disobbediente» ospitato dallo spazio sociale Brancaleone.


Al centro della nuova campagna di azioni non ci saranno i temi ambientali ma la difesa della democrazia che, si legge nel comunicato, «il governo ha deciso di calpestare per aprire la strada, come conferma la riforma costituzionale del premierato, della trasformazione della repubblica in una democrazia illiberale» sul modello dell’Ungheria di Viktor Orbán.



 


Libertà di stampa, l’Italia scivola verso l’orbanizzazione


INFORMAZIONE. Reporter Senza Frontiere ci colloca al 46esimo posto, in discesa di 5 punti. E critica l’acquisizione dell’Agi da pare di Angelucci


di Daniele Nalbone

4 maggio 2024


«Orbanisation»: orbanizzazione. Nell’analisi di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa nel mondo, pubblicata ieri, l’Unione europea è chiamata a confrontarsi con il tentativo della classe politica di ridurre sempre di più lo spazio di azione per il giornalismo indipendente. E il metro di paragone preso dall’ong per l’Europa è l’Ungheria di Viktor Orbán, dove «la radiodiffusione pubblica è stata trasformata in una macchina di propaganda» e «diversi media privati sono stati messi a tacere». Risultato: «Grazie all’acquisizione dei media da parte degli oligarchi con stretti legami con Fidesz, il partito al potere, quest’ultimo controlla ora l’80% dei media del paese».


L’UNGHERIA, che occupa il 67esimo posto (su 180) nella classifica guidata da tre paesi europei (Norvegia, Danimarca e Svezia), vede avvicinarsi proprio l’Italia, che scende di ben cinque posizioni, dal 41esimo al 46esimo posto, diventando così il peggior paese dell’Europa «occidentale» per libertà di stampa, finendo in piena «zona Orbán». In occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, Rsf ha sottolineato come «alcuni gruppi politici alimentano l’odio e la sfiducia nei confronti dei giornalisti insultandoli, screditandoli e minacciandoli» mentre altri «stanno orchestrando un’acquisizione dell’ecosistema mediatico, sia tramite mezzi di informazione di proprietà statale sotto il loro controllo, sia attraverso media di proprietà privata acquistati da parte di uomini d’affari alleati».


QUESTO È IL CASO, citato espressamente nel report, dell’Italia di Giorgia Meloni, «dove un membro della coalizione parlamentare al potere sta cercando di acquisire l’Agi». Il riferimento è al tentativo di Antonio Angelucci, imprenditore della sanità, proprietario già di Libero, Il Giornale e Il Tempo e, soprattutto, deputato della Lega di rilevare dall’Eni – di cui lo stato è principale azionista tramite il Mef (4,7%) e Cassa Depositi e Prestiti (28,5%) – «la seconda più grande agenzia di stampa».


IN QUESTO SCENARIO, anche se «la maggior parte dei giornalisti italiani gode di un clima di libertà», a volte «cedono all’autocensura, sia per conformarsi alla linea editoriale della loro testata giornalistica, sia per evitare una causa per diffamazione o altre forme di azione legale». Il tutto aggravato, per i giornalisti di cronaca nera e giudiziaria, «dalla “legge bavaglio” sostenuta dalla coalizione di governo del primo ministro Meloni, che vieta la pubblicazione di un ordine di custodia cautelare fino alla fine dell’udienza preliminare».


L’ITALIA così è passata dal giallo all’arancione, da paese in cui la situazione per i giornalisti è «piuttosto buona» a «problematica», ed è in compagnia di Ungheria (67), Malta (73) e Grecia (88), i tre stati peggiori d’Europa. Ed è proprio il caso greco a dover ulteriormente preoccupare l’Ue. Qui «pochi imprenditori gestiscono la stragrande maggioranza dei media, pur essendo coinvolti in altri settori aziendali altamente regolamentati» e alcuni di loro «hanno stretti legami con l’élite politica del paese». Inoltre il portavoce del governo «è responsabile della supervisione dei media pubblici, il che mette in pericolo la loro indipendenza editoriale». Infine Rsf sottolinea come il Servizio di intelligence greco (EYP), guidato dal primo ministro, «è stato coinvolto nella sorveglianza dei giornalisti, molti dei quali sono stati presi di mira da “Predator”», un programma spyware altamente invasivo che una volta infiltrato in un dispositivo ha accesso al microfono, alla fotocamera e a tutti i dati all’insaputa dell’utente.


IL RISCHIO per l’Europa «orientale» (più l’Italia) è scivolare sempre di più verso la zona rossa dell’indice di Rsf, occupata stabilmente dalla maggior parte dei paesi asiatici, da alcuni dell’America Latina (Venezuela, Honduras, Nicaragua e Cuba) e dagli stati del Golfo Persico e del Mar Rosso. Soprattutto, il vero pericolo è quello di vedere un’Europa sempre più sotto quella che viene definita «l’influenza tossica del Cremlino», in un lento processo di orbanizzazione.


COME HA DENUNCIATO Anne Bocandé, direttrice editoriale di Rsf, «mentre più della metà della popolazione mondiale si recherà alle urne nel 2024, gli stati e le forze politiche stanno svolgendo un ruolo sempre minore nella protezione della libertà di stampa, minando il ruolo dei giornalisti o addirittura strumentalizzano i media attraverso campagne di disinformazione».


fonte: ilmanifesto.it - 4 maggio 2024

Nota: per visionare l'immagine di copertina al completo, tornate all'immagine in piccolo qui:

https://laboratorivisionari.wixsite.com/le-maleteste/controtempo

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