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ITALIA IN GUERRA. Università, mobilitazioni contro i tirocini di guerra. In viaggio con Warfree, riconvertire la produzione alla pace

☮ LE MALETESTE ☮

5 mag 2024

Gli studenti italiani e il popolo sardo vogliono un futuro diverso, di pace.
di LUCIANA CIMINO e LINDA MAGGIORI

Università, mobilitazioni contro i tirocini di guerra


di Luciana Cimino

5 maggio 2024


Venti giorni di mobilitazioni contro la campagna «Mare Aperto 2024». I collettivi delle 13 università coinvolte nel programma della Marina militare, che prevede esercitazioni di guerra nel Mediterraneo, hanno aperto ieri un altro fronte nella lotta contro la militarizzazione della ricerca che si aggiunge alla richiesta di sciogliere ogni legame tra atenei e industria bellica.


Se le prime due edizioni del tirocinio erano passate in sordina, quest’anno non poteva non passare per una «provocazione» rispetto alla mobilitazione internazionale degli studenti contro le guerre. «Questo bando dimostra ulteriormente il legame strutturale con la guerra che le nostre università presentano, soprattutto nell’ambito della giustificazione ideologica che sta portando i nostri paesi a impegnarsi sempre di più nei teatri di guerra, rilanciando il progetto di riarmo generalizzato», hanno scritto gli studenti e le studentesse del coordinamento dei collettivi di Cambiare Rotta, comunicando il lancio della campagna «L’Università non si arruola».


«Chiediamo l’annullamento di questi tirocini e una presa di posizione pubblica da parte dei rettori coinvolti contro questo genere di esercitazioni che preparano la guerra». La mobilitazione si articolerà in maniera differente nelle diverse città. «Il boicottaggio accademico non ha posto solo il tema della complicità con il possibile genocidio in corso ma ha messo al centro il dato strutturale di come le nostre università siano un vero e proprio tassello dell’industria delle armi e della guerra», scrivono i collettivi sui social ricordando come nelle scorse edizioni professori e studenti di Scienze politiche e Giurisprudenza siano stati fatti imbarcare «a titolo di “political advisors”, “cyberexperts” e “legal advisors”».


«È un tirocinio di guerra che mira a fornire strumenti di giustificazione politica e ideologica alle manovra della marina militare; non si può non notare la gravità di questo tentativo mentre la nostra marina, con quella francese e tedesca, sta portando avanti una missione come Aspides contro gli Houthi».


Domani alle 15 ci sarà un presidio al ministero degli Interni contro la repressione del movimento studentesco. Il coordinamento dei collettivi della Sapienza è in agitazione permanente in attesa di un incontro con la rettrice Polimeni: «Chiediamo un confronto democratico con la governance della nostra università sugli accordi di collaborazione con l’industria militare.



«In viaggio con Warfree, riconvertire la produzione alla pace»


SULCIS-IGLESIENTE. «La nostra terra è da decenni colonizzata dalle servitù militari, tra basi, poligoni e la grande fabbrica di armi Rwm. Ma il popolo sardo vuole un futuro diverso» spiegano Cinzia Guaita e Arnaldo Scarpa, che dal 2017 hanno fondato il Comitato Riconversione Rwm e poi la Rete Warfree.


di Linda Maggiori

5 maggio 2024


«In viaggio con Warfree alla scoperta della sostenibilità nel Sulcis-Iglesiente» è il tour organizzato dalla Rete Warfree nella giornata di ieri, proprio in concomitanza con le imponenti esercitazioni militari «Mare Aperto 2024». «La nostra terra è da decenni colonizzata dalle servitù militari, tra basi, poligoni e la grande fabbrica di armi Rwm, che ci tiene in pugno col ricatto lavorativo. Ma il popolo sardo vuole un futuro diverso» spiegano Cinzia Guaita e Arnaldo Scarpa, che dal 2017 hanno fondato il Comitato Riconversione Rwm e poi la Rete Warfree, liberu Dae Sa Gherra, con oltre 60 aziende etiche e sostenibili che ripudiano la guerra dalla loro filiera produttiva.


«Vogliamo riconvertire a una produzione etica e sostenibile tutti i posti di lavoro dello stabilimento Rwm. Non possiamo più tollerare che nelle nostre terre si producano e sperimentino ordigni di morte».


La prima azienda che visitiamo è la Domus Api a Domus Novas, piccola azienda agricola che produce miele e alleva asini a scopo didattico e terapeutico. Dista pochi chilometri dalla fabbrica di bombe Rwm, e l’adesione alla rete pacifista non è stata indolore, causando anche una sorta di boicottaggio locale. Gli asinelli ci vengono incontro per essere accarezzati e coccolati, benché non ci conoscano neppure.


«La Rwm si è recentemente ampliata, viste le numerose commesse. Nei pressi dell’area protetta del Linas-Marganai-Oridda, in pieno parco geominerario, il bosco è sparito, una collina è stata spianata e al suo posto è sorto un campo prove per esplosivi militari, mentre grandi capannoni industriali sono stati realizzati a ridosso di un torrente, in un’area a forte rischio idrogeologico» spiegano Cinzia e Arnaldo.


Il tour prosegue nella pineta di Porto Pino, vicino a Capo Teulada, una splendida penisola che ospita uno dei più grandi poligoni d’Europa, dove le esercitazioni hanno contaminato e devastato l’ambiente. Il pranzo del tour solidale è preparato da piccoli produttori, tra cui Jajius l’azienda domestica di Ielena, che cucina a partire dalla farina bio locale: «Il nostro grano è un miscuglio di semi antichi studiato per essere resistente al cambiamento climatico» spiegano Michele e Silvana, aggiungendo orgogliosi «ogni metro quadrato di terra che coltiviamo è un metro quadrato sottratto alla guerra e alle servitù militari».


Dopo il tour solidale, oggi la marcia della pace, da san Giovanni Suergiu a Carbonia. «Forti venti di guerra soffiano su di noi, dall’Europa e dal Mediterraneo – dichiarano gli organizzatori ricordando le vittime della guerra russo-ucraina e della striscia di Gaza -. Si fa sempre più concreto il rischio di un conflitto nucleare». Le associazioni chiedono «un immediato cessate il fuoco in Ucraina e nella striscia di Gaza, la condanna di ogni violazione del diritto internazionale, che si fermi la corsa agli armamenti, che si sospendano le esercitazioni militari in Europa e la riconversione civile della produzione di armamenti».


fonte: ilmanifesto.it - 5 maggio 2024


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