📢 LE MALETESTE 📢
2 dic 2023
Succede in Libia. la mafia libica, in affari con i guardiacoste che l'Italia sostiene, lo tortura per mandare il video alla famiglia al fine di estorcere loro un riscatto.
di LA PUNTINA (vita.it - newsletter)
Quest'Italia che non sa più accogliere
«Lasciatemi morire!»: è questo il grido disperato dell'ennesimo ragazzo torturato dalla mafia libica, nel video (attenzione le immagini sono forti). diffuso questa settimana da Refugees in Libya.
La vittima è un migrante subsahariano e, come molti altri, è finito nelle mani della mafia libica, che lo ha chiuso nel lager.
Lì la mafia libica, in affari con i guardiacoste che l'Italia sostiene, lo tortura per mandare il video alla famiglia al fine di estorcere loro un riscatto. Il lager in cui si trova questo ragazzo è a Bani Walid, la stessa città dove sono stati girati altri video dell'orrore, diffusi nelle scorse settimane.
Refugees in Libya, movimento degli stessi rifugiati, continua a rilanciare questi video per svegliare le coscienze dell'Europa e dell'Italia che continua a patteggiare e finanziare bande libiche, ma da questa sponda del mare tutto tace.
Per questo vi propongo di attivarvi firmando l'appello ICE su questa emergenza (Iniziativa dei Cittadini Europei), si tratta di uno strumento a disposizione di noi cittadini per smuovere l'Unione: occorrono le firme di un milione di cittadini residenti in un quarto almeno degli Stati membri chiederanno alla Commissione UE un intervento legislativo che chiede il rispetto dell'art.4 della Carta fondamentale dei diritti europei.
È scritto nell'appello: "L'Unione Europea si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà", così recita il preambolo della Carta dei diritti fondamentali della UE. Da anni, tuttavia, assistiamo alla continua e sistematica violazione di questi principi. Ne sono innegabili esempi: la militarizzazione ed esternalizzazione delle frontiere interne ed esterne; i respingimenti brutali; le violenze perpetrate nell'ambito degli Stati membri e nei Paesi terzi con cui l'Europa ha stretto accordi per impedire l'ingresso nel proprio territorio dei richiedenti asilo.
In Croazia, Francia, Grecia, Italia, Spagna, come in Libia e Turchia, si verifica ormai da tempo l'impietosa sospensione dei diritti umani. Gli abusi e le violenze sono diventate il tratto dominante della governance europea nella gestione del fenomeno migratorio.
È il momento di unire in una azione politica comune tutti coloro che si oppongono alle violazioni dei diritti fondamentali, alle torture, agli abusi nei confronti di esseri umani inermi, colpevoli solo di cercare una vita dignitosa e una speranza per il futuro, lontani dai propri Paesi di origine".
Per firmare e far firmare andate a questo sito.
La burocrazia che fa male
Sono passati 10 anni da quando l'allora segretario della Lega Nord, Umberto Bossi, bollava i prefetti come "brutti figuri" e "viceré romani" studiando i modi per limitarli o addirittura eliminarli. Ora, invece, nel Governo Meloni-Salvini-Piantedosi (guarda a caso un ex Prefetto) le 103 Prefetture (organo monocratico dello Stato sui territori) sono diventate sempre più centrali nella gestione degli immigrati e persino nelle politiche sociali. Ovviamente le prefetture cui sono demandati questi compiti portano con sé tutte le inefficienze delle strutture statali (si veda la gestione della sanatoria 2020).
Inefficienze e sciatterie che purtroppo colpiscono la vita concreta e la carne delle persone, quelle più indifese e fragili. Per esempio, l'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI) ha analizzato il contratto di appalto per la gestione e il funzionamento del Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) di via Corelli a Milano affidato con gara d'appalto nell'ottobre 2022 a Martinina Srl per 4,4 milioni di euro per un anno di gestione dei 72 posti del centro, e quanto emerso delinea un quadro molto preoccupante. Il contratto di appalto include l'offerta tecnica, ovvero il documento con cui la società che partecipa al bando descrive i servizi e le attività che svolgerà nel CPR. All'interno vi si trova la previsione di una vasta gamma di attività: dai servizi di mediazione linguistico-culturale all'orientamento legale, fino a laboratori teatrali/musicali, cineforum e attività ludico-motorie-sportive e ricreative. Questa rappresentazione è molto diversa da quanto è emerso grazie alla visita effettuata da una delegazione di soci e socie ASGI nel settembre 2023, dall'ultima visita del Garante Nazionale dei Diritti delle persone private della libertà personale e da tante altre organizzazioni della società civile che hanno monitorato il CPR di Milano nell'ultimo anno. La Prefettura è la stazione appaltante e l'amministrazione incaricata della vigilanza sull'operato dell'Ente gestore. In questa veste ha svolto sei ispezioni nel corso dei tre anni di apertura del CPR.
Tali ispezioni sono il mezzo con cui viene verificato dall'Amministrazione il rispetto del contratto di appalto e di quanto previsto in tutti gli allegati al contratto stesso, compresa l'offerta tecnica In caso di inadempimenti contrattuali, può essere revocato l'appalto all'Ente a cui era stata affidato.
La mancata erogazione di molti dei servizi previsti dal contratto ha comportato ricadute rilevanti sulle condizioni di vita e sui diritti delle persone trattenute nel centro. Mentre il Governo in carica preme sull'acceleratore per l'apertura di nuovi Cpr sul territorio nazionale, affidandone la realizzazione alla Difesa, emerge il fallimento del sistema Cpr, incluso il caso di Milano. Si tratta di un fallimento che non riguarda solo le ormai croniche e documentate violazioni dei diritti fondamentali e l'inefficienza, ma anche l'opacità dell'impianto burocratico-amministrativo che concede in appalto la vita delle persone a società private senza esercitare un controllo. Ora, grazie alle denuncie della società civile, proprio ieri c'è stata l'ispezione a sorpresa della Procura di Milano e della Guardia di Finanza per verificare le condizioni nelle quali sono trattenuti i migranti nel Cpr: l'ispezione avviene nell'ambito di un'inchista che contesta le ipostesi di reato di "frode in pubbliche forniture" e di "turbativa d'asta" a carico degli amministratori della società Martinina Srl.
L'accoglienza sospesa
Il Sistema accoglienza integrazione (Sai) sta da tempo dimostrando di essere un modello virtuoso. L'accoglienza diffusa a governance pubblica e territoriale non è solo uno "strumento" di accoglienza assai più efficace di altri, ma un "metodo", quello del welfare community, dove la collaborazione fra ente locale, terzo settore e cittadinanza si attivano insieme e creano coesione sociale e sviluppo territoriale. Purtroppo oggi c'è una forte preoccupazione per il ritardo dell'emanazione dei decreti con i quali il Governo dovrebbe consentire la prosecuzione dei progetti comunali di accoglienza diffusa.
In Italia sono 8.600, infatti, i posti nei Sai, compresi quelli per i Minori stranieri non accompagnati-Msna, per i quali oltre 200 Comuni italiani titolari hanno presentato domanda di prosecuzione entro lo scorso maggio e sono ancora in attesa di una risposta. A questi si aggiungono gli oltre 4mila posti Sai finanziati tra agosto e settembre 2022 per far fronte alle esigenze di accoglienza determinatesi a seguito dei conflitti in Afghanistan e Ucraina, con scadenza alla fine del 2023, dei quali non si hanno informazioni circa la possibile prosecuzione, nonostante le richieste ufficiali presentate anche dall'Anci nazionale (qui un approfondimento).
Se il governo non provvederà entro fine anno all'emanazione dei decreti, e proprio in un anno che registra il record di arrivi (si è sfondata quota 150mila) «occorrerà trovare una nuova collocazione per migliaia di persone», denuncia il delegato Anci per l'immigrazione Matteo Biffoni. In pericolo anche centinaia di posti di lavoro. Governo ci senti? Meloni-Salvini-Piantedosi, ci siete?
Eppure del Sai ci sarebbe ancor più bisogno vista la condanna dell'Europa: «Trattamento disumano e degradante» dice la Corte europea dei Diritti umani.
I numeri del Viminale al 27 novembre parlano di oltre 17mila minori stranieri non accompagnati sbarcati di cui spesso si perdono le tracce e che sempre più frequentemente vengono mandati in strutture di permanenza. La legge italiana vieta espressamente il trattenimento dei minori stranieri non accompagnati, secondo quanto previsto dal D.Lgs. 142/2015, nei centri di permanenza per il rimpatrio, negli hotspot e nei centri governativi di prima accoglienza. Infatti, i minori, appena giunti sul nostro territorio, hanno diritto al permesso di soggiorno per minore età (art. 32 D.Lgs. 286/98) e ad essere accolti nei centri a ciò deputati dal Ministero dell'Interno fino al raggiungimento della maggiore età. Ciò che invece avviene sistematicamente presso alcuni posti di frontiera italiani, è il trattenimento generalizzato dei minori stranieri non accompagnati ivi accolti, che non possono lasciare il centro e sono quindi costretti a una condizione di totale isolamento. Inoltre, è prassi, come nel caso del territorio pugliese, che i minori stranieri non accompagnati siano accolti in strutture destinate ad adulti, in condizioni di promiscuità.
«Adesso prepariamoci a una raffica di ricorsi, il caos sarà inevitabile», dice Sandra Zampa, la parlamentare che ha dato il nome alla legge sui minori non accompagnati in Italia, approvata dopo i fatti su cui si è pronunciata mercoledì la Corte dei diritti umani di Strasburgo. Da mesi, il suo testo è oggetto di attacchi da parte dell'attuale governo, che ne sta ridiscutendo gli aspetti cruciali, cambiando le regole sulle modalità di permanenza nei centri di primissima accoglienza, sui tempi di attesa nelle strutture, financo sull'età da accertare degli stessi under 18 stranieri. «La sentenza della Corte dice che non si possono tenere dei ragazzi in stato di reclusione, come invece è avvenuto e avverrà sempre di più, viste le novità introdotte dall'esecutivo di Giorgia Meloni. Aggiungo un particolare: arriveranno condanne anche per la situazione di promiscuità in cui i minori saranno costretti a stare, insieme ai migranti adulti» dice Zampa, oggi capogruppo Pd nella Commissione Affari sociali per la sanità.
a cura di RICCARDO BONACINA