📢 LE MALETESTE 📢
14 gen 2025
La rete nazionale "A Pieno Regime" raccoglie la proposta di Amnesty International contro il DDL "Sicurezza" del governo - IL MANIFESTO e
No Ddl Ungheria. La rete nazionale "A Pieno Regime" raccoglie la proposta di Amnesty International. Proteste anche davanti alle prefetture in tutt’Italia mentre la destra monta l’allarme «piazze violente»
di Giuliano Santoro
14 gennaio 2025
l prossimo appuntamento per chi protesta contro il Ddl sicurezza è fissato per venerdì 17. Su proposta di Amnesty International la mobilitazione arriverà con una fiaccolata fino a piazza Sant’Andrea della Valle, a due passi dal Senato. Dove nel frattempo in questi giorni si decidono le sorti del disegno di legge e la consistenza delle proposte di accelerare i tempi che in questi giorni sulla scia degli allarmi mediatici provengono da destra. Sempre venerdì, in altre città si manifesterà davanti alle prefetture per segnalare il rifiuto di quello che viene definito il «Ddl paura».
IL CLIMA DELLE ultime ore si è acuito in seguito alle proteste che rivendicano giustizia per Ramy Elgaml, il giovane morto al Corvetto, a Milano. Circa una trentina di persone sono state identificate dopo le tensioni di sabato sera al quartiere di San Lorenzo di Roma, quando qualche centinaio di manifestanti, la maggior parte dei quali molto giovani, ha provato a partire in corteo sfidando il divieto della polizia in assetto antisommossa. Nelle stesse ore si scendeva in piazza anche a Bologna.
Anche qui ci sono state tensioni tra polizia e manifestanti e anche in questo caso dalla questura fanno sapere di avere individuato trenta persone. In questo caso, l’allarme è stato acuito da alcune ricostruzioni secondo le quali nel corso del parapiglia e subito dopo gli scontri i manifestanti avrebbero assaltato e fatto scritte in difesa della Palestina sui muri della sinagoga di Bologna.
LA NOTIZIA è rimbalzata nei commenti dei politici, soprattutto quelli di destra, e ha suscitato anche la condanna del sindaco del capoluogo emiliano Matteo Lepore. A smentire la circostanza, tra gli altri, un giovane di origine ebraica che si trovava in piazza per chiedere giustizia per Ramy e che ieri ha affidato la sua ricostruzione agli account social del Laboratorio ebraico antirazzista: «Siamo stati ripetutamente caricati, manganellati, ed asfissiati dai lacrimogeni della polizia – si legge tra l’altro nella sua testimonianza – Ma ne è valsa la pena, così come è valsa la pena di spostare qualche transenna, se era necessario per far sentire a tutti che i carabinieri hanno assassinato un ragazzo a Milano, se può servire a far sì che l’omicidio di Ramy non accada mai più. Quella scritta non rappresenta nulla di quel corteo, i manifestati non hanno assaltato la sinagoga, e non c’è stato nessun attacco premeditato».
Insomma, la destra utilizza l’indignazione per la morte di Ramy e alcuni episodi di tensione forse scomposti ma non particolarmente drammatici per rafforzare l’emergenza sicurezza che si traduce nella limitazione del diritto al dissenso. Prova ne è che la Lega oggi presenterà la sua proposta di legge per un patrocinio gratuito riservato per gli uomini in divisa indagati a seguito di atti compiuti in servizio.
INTANTO IL CAPO della Polizia Vittorio Pisani in una lettera aperta alle donne e agli uomini del Corpo esprime l’apprezzamento per la «compostezza e l’equilibrio» dimostrato sul campo. «La libertà di manifestare è uno dei semi vitali della democrazia, ed abbiamo il dovere di garantirla – osserva Pisani – Nello stesso tempo, i comportamenti violenti ed illegali vanno perseguiti; e ciò va fatto con gli strumenti forniti dal diritto».
MA È PROPRIO lo stato del diritto che genera allarme se, come ha spiegato nel suo intervento Silvia Albano qualche giorno fa parlando alla rete «A Pieno Regime», il Ddl sicurezza punta a ribaltare il rapporto tra norma ed eccezione. Se la norma finora è stata l’espressione del dissenso e il diritto alla protesta e l’eccezione la loro limitazione di fronte a casi straordinari, insomma, il rischio è che la norma diventi l’impossibilità di protestare e l’esercizio di una libertà sia soltanto un’eccezione.
«Laddove le autorità tenteranno di imporre divieti o limitazioni, rispondiamo con la forza collettiva della disobbedienza – ribadiscono dalla rete a proposito della fiaccolata di venerdì e delle prossime scadenze – Nessuna piazza verrà abbandonata, nessun divieto resterà incontestato. Costruiamo insieme un fronte popolare che accenda migliaia di luci in ogni angolo del Paese e che trasformi la paura in lotta e il silenzio in ribellione».
Fonte: ilmanifesto.it - 14 gen. 2025
Assemblea nazionale della rete No Ddl sicurezza “A pieno regime”: il documento finale
L'assemblea del 12 gennaio promuove diversi appuntamenti nel percorso di opposizione sociale al Governo Meloni
13 Gennaio 2025
L’assemblea di domenica 12 gennaio segna un momento decisivo nel percorso di opposizione sociale al Governo Meloni. Se il 14 dicembre ha aperto uno spazio di mobilitazione, questa due giorni rilancia la necessità di consolidare e allargare la rete delle lotte contro politiche reazionarie e liberticide. Sono state lanciate scadenze fondamentali: il 17 gennaio, con la mobilitazione “100mila luci contro il buio del regime”; la carovana a Bruxelles del 3-5 febbraio; le iniziative territoriali di metà febbraio; e la giornata di blocchi e assedio nel giorno dell’approvazione del Ddl.
Chiudiamo questa assemblea di oggi con una convinzione: se la piazza del 14 dicembre ha mostrato la capacità di questo percorso in termini di mobilitazione di massa, questa due giorni ci restituisce il fatto che quella giornata ci ha consegnato una responsabilità collettiva, quella di essere l’opposizione sociale a questo governo. Bisogna rivendicarlo con chiarezza: se i tempi di approvazione del DDL si sono dilatati è stato perché abbiamo messo centomila granelli di sabbia in un ingranaggio reazionario che fino a pochi mesi fa sembrava perfetto, è stato perché nei mesi precedenti c’è stata un’attivazione territoriale che ha consentito un continuo accumulo.
Se il 14 dicembre è stato uno spartiacque, lo è stato soprattutto in termini di possibilità: è stato aperto uno spazio concreto che ribalta la narrazione dominante, ossia che l’attacco alla democrazia, ai diritti, alla libertà sia un passaggio storico ineluttabile. La forza di questo percorso ci consegna – in realtà – la consapevolezza che nel nostro Paese ci troviamo di fronte a un governo che è uno dei principali interpreti a livello internazionale del superamento in termini autoritari dello Stato di diritto, ma allo stesso tempo è un esempio di come il potere si regga su dinamiche fragili, talvolta ingovernabili. E noi dobbiamo essere in grado di sedimentare e organizzare proprio questa ingovernabilità, a partire dai territori, dai luoghi di lavoro e della formazione, dai tanti presidi di lotta che costellano il Paese.
Tutto questo è emerso con chiarezza anche nel dibattito di ieri, che è stato un momento importante e all’altezza della manifestazione del 14 dicembre e di tutto il percorso che stiamo facendo. Questo perché non è stato solo un momento di approfondimento teorico-giuridico-politico, ma ci ha dato una vera e propria indicazione strategica: se questo DDL è il manifesto politico e culturale di un intero ciclo reazionario e di un mondo che si regge sempre più attorno al regime di guerra, ribaltarlo significa creare una frattura storica nel rapporto tra governanti e governati, tra capitale e lavoro.
Dall’assemblea di oggi emerge la necessità di sedimentare, allargare, continuare a convergere. Lo facciamo guardando alle piazze che in questi giorni si sono date appuntamento in molte città d’Italia per chiedere “giustizia per Ramy”, perché l’ennesimo omicidio di Stato, tra l’altro con un chiaro connotato razziale, non può che avere come risposta la rabbia diffusa. Lo facciamo guardando ad altri percorsi di lotta contro le leggi di questo governo che si stanno dando– dal DDL Bernini al DDL Valditara, passando per il contrasto alla legge sull’autonomia differenziata e alla stagione referendaria che si aprirà in primavera – con cui c’è una necessità concreta di trovare momenti di convergenza e mobilitazione comune proprio per fare in modo che lo spazio di opposizione sociale al governo si allarghi ogni giorno di più.
Da oggi emerge anche un altro aspetto fondamentale. L’opposizione al Governo Meloni deve coinvolgere anche gli amministratori locali delle forze politiche che hanno dichiarato di voler contrastare il Ddl Sicurezza: questo significa assumersi la responsabilità di disobbedire all’istituzione di “zone rosse” nelle nostre città, che sono la forma più becera, classista e razzista di trasformare i diritti in privilegi. La battaglia contro le “zone rosse” è naturalmente legata a quella contro il Ddl e la rete A pieno regime la assume nella sua interezza.
Questo percorso sta avendo la capacità di tenere al suo interno soggetti sociali reali. Ognuno deve essere capace di mettere il proprio dentro questa lotta unitaria: movimenti, associazioni, studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori, docenti, giuristi e tutto il mondo del lavoro. Dai nodi della logistica ai cancelli delle fabbriche ai “non luoghi” del lavoro precario, l’opposizione sociale deve passare sempre di più dal coinvolgimento dei soggetti vivi di questa società. Diversi corpi, ma un’unica mente, quella che ambisce al cambiamento reale di questo Paese, e non solo.
Dopo questa due giorni, il lavoro nei territori diventa ancora più intenso.
L’assemblea ha lanciato alcune scadenze che devono servire non solo a produrre mobilitazione, ma anche per potenziare e far diventare sempre più molecolari i processi organizzativi.
La prima scadenza proposta è quella del 17 gennaio: “100mila luci contro il buio del regime”. A Roma e nelle altre città ci battiamo per portare la mobilitazione popolare e la protesta senza restrizioni di luogo. Invitiamo tutte le forze politiche alle costruzioni di cordone di difesa e tutela di chi manifesta, già a partire da questa data. Laddove le questure negheranno permessi e agibilità lo annunciamo fin da subito che disobbediremo a qualsiasi divieto.
Il 3, 4 e 5 febbraio verrà fatta una carovana a Bruxelles. Una rappresentanza della Rete Nazionale No Ddl Sicurezza promuoverà un evento pubblico e una conferenza stampa dentro il Parlamento Europeo per portare la discussione ad un livello superiore: il pericolo di una nuova Ungheria in Europa è qualcosa che deve riguardare tutti.
Nel week-end di metà febbraio (14-15) lanciamo una scadenza in tutti i territori del Paese che avrà, tra i diversi temi, anche quello di contrastare le “zone rosse”.
Il 15 e 16 marzo saremo presenti all’assemblea transnazionale del Network Against Migrant Detention.
Il 28, 29, 29 marzo attraversiamo l’assemblea europea Reset-Rete per lo sciopero sociale eco-trasfemminista.
Infine ribadiamo quello che abbiamo sempre detto fin dall’inizio di questo percorso. Rilanciamo la mobilitazione a Roma nel giorno dell’approvazione del Ddl. Sarà una giornata di blocco e di assedio, a partire da una piazza comune, nella quale la molteplicità delle pratiche che porteremo stanno dentro la cornice di esercitare conflitto e ampliare il consenso.
Quella giornata non sarà solo un punto di arrivo, ma anche il punto di partenza di un percorso che – qualora il Ddl venisse approvato – ha un obiettivo comune e preciso: continuare a fare disobbedienza, scioperi, occupazioni di case, blocchi delle grandi opere e iniziare ad immaginare insieme un nuovo percorso per la democrazia.
Fonte: meltingpot.org - 13 gen. 2025