📢 LE MALETESTE 📢
1 dic 2023
La mia ipotesi è: non esiste rimedio. La convivenza equilibrata tra uomo e natura è ormai impossibile. Nel confronto vincerà chi avrà più tempo: la natura.
Estratto da uno scritto di "el capitàn" (MEX, Chiapas - novembre 2023)
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Appunti:
La convivenza equilibrata tra uomo e natura è ormai impossibile. Nel confronto vincerà chi avrà più tempo: la natura.
Il capitale ha trasformato il rapporto con la natura in uno scontro, in una guerra di saccheggio e distruzione. L’obiettivo di questa guerra è l’annientamento dell’avversario, in questo caso la natura (umanità compresa). Con il criterio della “obsolescenza programmata” (o “scadenza prevista”), la merce “esseri umani” scade in ogni guerra.
La logica del capitale è quella del maggior profitto alla massima velocità. Ciò fa sì che il sistema diventi una gigantesca macchina per rifiuti, compresi gli esseri umani. Nella tormenta, le relazioni sociali vengono interrotte e il capitale improduttivo getta milioni di persone nella disoccupazione e, da lì, nelle “occupazioni alternative” nella criminalità e nella migrazione. La distruzione dei territori include lo spopolamento. Il “fenomeno” migratorio non è il preludio della catastrofe, ne è la conferma. La migrazione produce l’effetto di “nazioni nelle nazioni”, grandi carovane migratorie che si scontrano contro muri di cemento, di forze di polizia, di militari, di criminali, di burocrazie, razziali ed economici.
Quando parliamo di migrazione, dimentichiamo l’altra migrazione che la precede nel calendario. Quella delle popolazioni originarie dai propri territori, oggi trasformati in merce. Il popolo palestinese non è forse diventato un migrante che deve essere espulso dalla propria terra? Non accade la stessa cosa con le popolazioni originarie del mondo?
In Messico, ad esempio, le comunità originarie sono lo “strano nemico” che osa “profanare” il suolo della finca del sistema, situata tra i fiumi Bravo e Suchiate. Per combattere questo “nemico” ci sono migliaia di soldati e poliziotti, megaprogetti, compravendita di coscienze, repressione, sparizioni, omicidi e una vera e propria fabbrica di colpevoli (cit. https://frayba.org.mx/). Gli omicidi del fratello Samir Flores Soberanes e di decine di guardiani della natura definiscono l’attuale progetto di governo.
La “paura dell’altro” raggiunge livelli di vera paranoia. Scarsità, povertà, disgrazie e criminalità sono responsabili del sistema, ma ora la colpa è trasferita al migrante che deve essere combattuto fino all’annientamento.
In “politica” si propongono alternative e offerte, ognuna più falsa dell’altra. Nuovi culti, nazionalismi – nuovi, vecchi o riciclati –, la nuova religione dei social network e i suoi neo profeti: gli “influencer”. E la guerra, sempre guerra.
La crisi della politica è la crisi delle alternative al caos. Il frenetico susseguirsi dei governi della destra, dell’estrema destra, del centro inesistente e di quella che presuntuosamente viene chiamata “sinistra”, è solo il riflesso di un mercato che cambia: se ci sono nuovi modelli di cellulari, perché non “nuove” opzioni politiche?
Gli Stati-Nazione diventano funzionari doganali del capitale. Non ci sono governi, c’è solo una Border Patrol di colori diversi e bandiere diverse. La disputa tra “Stato Grasso” e “Stato Famelico” è solo il mancato occultamento della sua natura originaria: la repressione.
Il capitale comincia a sostituire il neoliberismo come alibi teorico-ideologico, con la sua logica conseguenza: il neo-malthusianesimo. Cioè la guerra di annientamento di grandi popolazioni per raggiungere il benessere della società moderna. La guerra non è un’irregolarità della macchina, è la “manutenzione regolare” che ne garantirà il funzionamento e la durata. La riduzione radicale della domanda per compensare i vincoli dell’offerta.
Non si tratterebbe di neo-darwinismo sociale (i forti e i ricchi diventano sempre più forti e i deboli e i poveri diventano sempre più deboli) o di Eugenetica, che fu uno degli alibi ideologici per la guerra nazista di sterminio del popolo ebraico. O non solo. Sarebbe una campagna globale per annientare la maggioranza della popolazione mondiale: quella dei diseredati. Privarli anche della loro vita. Se le risorse del pianeta non sono sufficienti e non esiste un pianeta di riserva (o non è stato ancora trovato, anche se ci stanno lavorando), allora è necessario ridurre drasticamente la popolazione. Rimpicciolire il pianeta attraverso lo spopolamento e il riordino non solo di alcuni territori, ma del mondo intero. Una Nakba per l’intero pianeta.
Se la casa non può più essere ampliata né è possibile aggiungere altri piani; se gli abitanti del seminterrato vogliono salire al piano terra, razziano la dispensa e, orrore!, non smettono di riprodursi; se i “paradisi naturali” o “autosufficienti” (in realtà solo “panic room” del capitale) non bastano; se quelli del primo piano vogliono le stanze del secondo e così via; in breve, se la “civiltà moderna” e il suo nucleo (la proprietà privata dei mezzi di produzione, circolazione e consumo) è in pericolo, ebbene, allora bisogna espellere gli inquilini – a cominciare da quelli del seminterrato – finché non si raggiunge “l’equilibrio”.
Se il pianeta è impoverito di risorse e territori, ne consegue una sorta di “dieta” per ridurre l’obesità del pianeta. La ricerca di un altro pianeta sta incontrando difficoltà impreviste. La corsa allo spazio è prevedibile, ma il suo successo è ancora una grande incognita. Le guerre, invece, hanno dimostrato la loro “efficacia”.
La conquista dei territori ha portato alla crescita esponenziale del “surplus”, degli “esclusi” o dei “sacrificabili”. Seguono le guerre per la ripartizione. Le guerre hanno un duplice vantaggio: rilanciano la produzione bellica e le sue sussidiarie ed eliminano quelle eccedenze in modo rapido e irrimediabile.
I nazionalismi non solo riemergeranno o avranno nuovo respiro (da qui l’abbondanza di offerte politiche di estrema destra), ma costituiscono la base spirituale necessaria per le guerre. “Il responsabile delle tue mancanze è chi ti sta accanto. Ecco perché la tua squadra perde”. La logica delle “sciarpe”, dei “club” e degli “hooligans” – nazionali, razziali, religiosi, politici, ideologici, di genere – alimenta guerre di media, grande e piccola dimensione, ma con lo stesso obiettivo di purificazione.
Ergo: il capitalismo non scade, si trasforma soltanto.
Lo Stato-Nazione ha smesso da tempo di svolgere la sua funzione di territorio-governo-popolazione con caratteristiche comuni (lingua, valuta, ordinamento giuridico, cultura, ecc.). Gli Stati Nazionali sono ormai le postazioni militari di un unico esercito, quello del cartello del capitale. Nell’attuale sistema criminale globale, i governi sono i “capi della piazza” che mantengono il controllo di un territorio. La lotta politica, elettorale o meno, è vedere chi sarà promosso a capo della piazza. La “riscossione del pizzo” avviene attraverso le tasse e i contributi per le campagne elettorali e le elezioni. La criminalità disorganizzata ne finanzia così la riproduzione, anche se è sempre più evidente la sua incapacità di offrire ai suoi sudditi sicurezza e giustizia. Nella politica moderna i capi dei cartelli nazionali vengono decisi tramite elezioni.
Da questo insieme di contraddizioni non emerge una nuova società. La catastrofe non è seguita dalla fine del sistema capitalista, ma da una diversa forma del suo carattere predatorio. Il futuro del capitale è lo stesso del suo passato e presente patriarcale: sfruttamento, repressione, espropriazione e disprezzo. Per ogni crisi, il sistema ha sempre una guerra a portata di mano per risolverla. Pertanto: non è possibile delineare o costruire un’alternativa al collasso al di là della nostra stessa sopravvivenza come comunità originarie.
La maggioranza della popolazione non vede o non crede possibile la catastrofe. Il capitale è riuscito a instillare l’immediatismo e il negazionismo nel codice culturale di base di chi sta in basso.
Al di là di alcune comunità native, popoli in resistenza e di alcuni gruppi e collettivi, non è possibile costruire un’alternativa che vada oltre il minimo locale.
La prevalenza della nozione di Stato-Nazione nell’immaginario in basso costituisce un ostacolo.
Mantiene le lotte separate, isolate, frammentate. I confini che le separano non sono solo geografici.
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Dalle montagne del Sudest Messicano
El Capitán
fonte del brano estratto dall'originale: (MEX) https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2023/11/28/catorceava-parte-y-segunda-alerta-de-aproximacion-la-otra-regla-del-tercero-excluido/ -
traduzione: LE MALETESTE