
🌟 LE MALETESTE 🌟
15 mag 2025
Intervista a Meghan Bodette, analista del Kurdish Peace Institute: “Se la questione curda non viene affrontata, potrebbe arrivare un nuovo gruppo” - RICCARDO ANTONIUCCI
15 maggio 2025
Secondo Meghan Bodette, lo storico annuncio del Partito dei lavoratori curdo è l'esito di un percorso scritto negli ultimi 20 anni: "Né la Turchia né il Pkk hanno le forze per distruggere l'altro, la tregua era inevitabile. Ma Erdogan non è affidabile"
La via della dissoluzione e del disarmo intrapresa dal Partito dei lavoratori curdo questa la settimana scorsa non è stata una svolta improvvisa, per l’organizzazione ufficialmente guidata da Abdullah Ocalan, dal carcere. Meghan Bodette, ricercatrice del Kurdish Peace Institute di Washington, valuta che questo sviluppo è l’esito previsto degli ultimi trent’anni di relazioni tra Turchia e curdi, ma anche conseguenza dei nuovi rapporti di forza che si stanno instaurando in Medio oriente e in Siria, dopo il rovesciamento del regime di Bashar al-Assad.
Il Pkk ha deciso di seguire l’appello all’addio alle armi fatto dal leader Abdullah Ocalan il 27 febbraio. Da quel giorno ci si chiede perché la scelta del disarmo sia avvenuta proprio ora. Cosa ha portato l’organizzazione a chiudere così rapidamente un conflitto quarantennale?
Il Pkk è disposto a risolvere la questione curda in forma negoziale con Ankara dal 1993, quando Abdullah Ocalan ha dichiarato il primo cessate il fuoco unilaterale del gruppo. Da anni ormai è evidente che nessuna delle due parti in conflitto può raggiungere con la forza gli obiettivi bellici originari: il Pkk non è in grado di liberare il Kurdistan con la forza e di creare un nuovo Stato; la Turchia non è in grado di assimilare e distruggere l’identità curda. Perciò i negoziati e la fine della lotta armata del Pkk erano inevitabili. È probabile che la tempistica dipenda dagli sviluppi dei conflitti regionali con Stati come Israele e Iran, della visione che Erdogan ha della sua eredità e delle sue fortune interne e della situazione in Siria dopo la caduta del regime di Assad.
Anche se il processo sarà lungo, la strada tracciata dal partito di Ocalan è segnata. Cosa darà in cambio la Turchia di Erdogan, invece?
I curdi si aspettano che la Turchia ponga fine alle operazioni militari transfrontaliere tra Turchia e Siria, rilasci i prigionieri politici, ponga fine alla repressione della politica legale filo-curda e conceda ai curdi pieni diritti e riconoscimento all’interno dell’ordinamento giuridico turco. Finora, la Turchia non ha compiuto nessuno di questi passi, a parte la cessazione de facto degli attacchi contro i curdi siriani. In effetti questa mancanza di trasparenza da parte di Erdogan ha reso molti curdi e molti turchi sospettosi del processo e delle sue possibilità di successo.
Ha citato la Siria: quanto è rilevante la salvaguardia dell’amministrazione autonoma curda nel nordest della Siria, in questo processo, soprattutto ora che l’occidente ha avviato il processo di riconoscimento del governo di Ahmed Al-Sharaa a Damasco?
L’internazionalizzazione del conflitto dopo l’abbandono dei colloqui da parte del presidente turco Recep Tayyip Erdogan nel 2015 ha reso la pace più importante che mai per la parte curda. L’Sdf e il Aanes si ispirano alle idee di Abdullah Ocalan sul pluralismo etnico e religioso, sull’uguaglianza delle donne e sulla governance decentrata; molti membri del Pkk hanno dato la vita per difendere i curdi siriani dall’Isis La Turchia ha iniziato a usare il Pkk come pretesto per minacciare l’autogoverno curdo nel nord della Siria. Almeno dal 2019, la leadership del Pkk si è offerta di tornare ai colloqui di pace in Turchia per proteggere i curdi siriani. La decisione di sciogliersi unilateralmente prima di qualsiasi concessione pubblica da parte turca è probabilmente volta a rafforzare l’Sdf siriano nei negoziati con Damasco e a togliere definitivamente dal tavolo la minaccia di un intervento militare turco nel nord est della Siria. Questa strategia ha già dato risultati, se consideriamo che l’importante accordo di integrazione tra l’Sdf curdo e l’esercito del governo di transizione siriano di Al-Sharaa è stato raggiunto poco più di una settimana dopo l’appello di Ocalan al disarmo.
Come hanno reagito le diverse comunità curde alla decisione del Pkk? E cosa significa per i curdi che vivono in Turchia?
La maggior parte dei curdi della regione desidera la pace, ma non ha fiducia che Erdogan e il suo governo compiano passi reciproci. Finora, poco è cambiato per i curdi in Turchia. Ci sono ancora migliaia di prigionieri politici curdi e centinaia di migliaia di elettori curdi privati della rappresentanza elettiva. I genitori curdi devono ancora mandare i loro figli in scuole di lingua turca. La Costituzione turca afferma ancora che ogni cittadino turco è di etnia turca, cancellando di fatto l’identità curda. È importante ricordare che il Pkk è il risultato di queste condizioni sociali e politiche. Se non vengono affrontate, è probabile che un nuovo gruppo le raggiunga.
Quali potenze o istituzioni internazionali sono intervenute nel processo di mediazione tra il Pkk e la Turchia?
Questa iniziativa sembra in tutto e per tutto interna alle relazioni tra curdi e Stato turco. Senza dubbio, però, gli sviluppi regionali e globali hanno certamente motivato entrambe le parti a sedersi al tavolo. La Turchia è preoccupata per l’impatto che la crescente opposizione di Israele alle politiche regionali turche e la prospettiva di instabilità in Iran potrebbero avere sulla questione curda regionale. Inoltre, molti Paesi occidentali, che un tempo erano sostenitori inequivocabili della guerra della Turchia contro i curdi, ritengono ora che questo conflitto sia destabilizzante e dannoso per i loro interessi in Siria, Iraq e altrove, come dimostra il presunto sostegno degli Stati Uniti al cessate il fuoco parziale del Pkk del 2023. Inoltre, la caduta del regime di Assad ha acceso i riflettori del mondo sul conflitto tra Turchia e curdi siriani, costringendo entrambe le parti a negoziare se vogliono evitare di riavviare la guerra civile siriana.
Con l’annuncio dello scioglimento del Pkk e l’accoglienza dello Stato, non ci sono più scuse per il sostegno internazionale alla guerra. La comunità internazionale dovrebbe continuare a impegnarsi per sostenere la de-escalation nel nord della Siria, l’attuazione dell’accordo tra Sdf e Damasco, una più forte cooperazione regionale intra-curda e l’impegno della Turchia a seguire le proprie leggi e a garantire a tutti i cittadini i diritti fondamentali, in linea con gli impegni internazionali condivisi dalla Turchia e dai suoi alleati occidentali.
Fonte: ilfattoquotidiano.it - 15 maggio 2025