📌 LE MALETESTE 📌
12 dic 2024
Come Ypj, dall’inizio della rivoluzione abbiamo promesso che avremmo lottato per la difesa e la libertà di ogni donna, chiunque essa sia, che sia nelle nostre regioni, in medio oriente o ovunque nel mondo e continueremo a farlo - di TIZIANO SACCUCCI
Il comandante delle Sdf annuncia il cessate il fuoco nella regione di Manbij e il ritiro verso Kobane.
L'appello della portavoce delle Ypj (Unità di Protezione delle Donne), Ruksen Mihemed.
di Tiziano Saccucci
12 dicembre 2024
Martedì il comandante generale delle Forze della Siria Democratica (Sdf) Mazloum Abdi ha annunciato il raggiungimento di un cessate il fuoco nella regione di Manbij e il ritiro delle truppe in direzione di Kobane.
Contemporaneamente le Sdf si sono ritirate anche dalla città di Deir EzZor, mettendo fine alla loro presenza militare a ovest dell’Eufrate. Secondo Abdi, l’obiettivo ultimo dell’accordo è estendere il cessate il fuoco a tutta la Siria e iniziare finalmente un processo politico.
Parla Ruksen Mihemed, la comandante delle Unità di Protezione delle Donne (YPJ)
«Negli ultimi 12 giorni l’Esercito nazionale siriano (Sna) ha sferrato attacchi pesantissimi contro le nostre regioni, potendo contare sul supporto aereo illimitato dell’aviazione turca – Racconta Ruksen Mihemed, la portavoce delle Unità di Protezione delle Donne (Ypj) – A Manbij le bande dello stato turco hanno impiegato armi pesanti e artiglieria, mentre aerei e droni bombardavano ininterrottamente. Il consiglio militare di Manbij e le Sdf, con le Ypj in prima linea, hanno risposto a questi attacchi. C’è stata una dura resistenza anche sul ponte di Qereqozaxê, che collega Manbij a Kobane».
MENTRE nella cattura di Shebah di una settimana fa l’aviazione turca aveva fornito supporto limitato, parallelamente all’offensiva Sna su Manbij l’attività dei droni turchi si è intensificata sul fronte e oltre, arrivando a colpire ripetutamente Kobane e Ayn Issa, a centinaia di km dalla battaglia. «Lo stato turco ha compiuto dei veri e propri massacri in questi giorni. Ad Ayn Issa 20 civili, in maggioranza donne e bambini, sono stati massacrati in due diversi attacchi di droni», commenta Mihemed. «La guerra che si sta abbattendo sulle nostre regioni è molto vasta e ben programmata per distruggere il progetto della nazione democratica e dell’Amministrazione autonoma, spopolando le nostre aree e costringendo le persone alla fuga. A Shebah circa 200.000 persone, che già avevano dovuto abbandonare le loro case nel corso dell’invasione di Afrin del 2018, sono state nuovamente sfollate, alcuni sono stati uccisi dai miliziani che hanno bloccato l’evacuazione e migliaia di persone sono ancora nelle loro mani».
SECONDO LE SDF l’ingresso a Deir EzZor, avvenuto simultaneamente al ritiro delle forze del regime dirette a Damasco, sarebbe stata una misura temporanea per evitare la cattura della città da parte delle cellule di Isis attive nel deserto siriano. Il ritiro dalla stessa, dunque, sarebbe una mossa già programmata.
Ciò nonostante va notato che la città è stata teatro di brevi schermaglie tra Sdf e gruppi dell’Esercito nazionale siriano a cui si è unito, dopo aver disertato dalle Sdf, uno dei leader del consiglio militare di Deir EzZor. In generale, l’Sna sta utilizzando la retorica del conflitto etnico per guadagnare l’appoggio della popolazione araba del nord della Siria.
«MINBIC (così viene chiamata dai curdi la città di Manbij) è un mosaico di popoli: turkmeni, circassi, arabi, curdi e altri lì vivono insieme», spiega la comandante delle Ypj. «Oggi tre donne di Zenobiya, l’organizzazione ombrello delle donne arabe che lavora principalmente a Raqqa, Manbij e Deir EzZor, sono state uccise dall’Sna. Queste sono le strategie con cui lo stato turco si scaglia contro la rivoluzione delle donne e contro le donne libere». «La guerra che viene portata avanti oggi è, in definitiva, una guerra contro la nostra esistenza e i nostri valori. Così come abbiamo combattuto dal 2014 ad oggi per cancellare il terrore di daesh dall’umanità, oggi portiamo avanti una lotta per la libertà di ogni donna – continua Mihemed – Queste bande non sono diverse da daesh, e per quanto i loro attacchi possano essere violenti, la nostra resistenza sarà ancora più feroce. Non c’è altra strada per noi oltre la lotta».
Un’importante incognita è rappresentata dal futuro degli affiliati allo stato islamico detenuti nel Nord-Est, anche se per ora la coalizione dichiara di voler rimanere nella regione per reprimere ogni tentativo del califfato di riemergere. «Oggi nella Siria del Nord-Est ci sono campi colmi di prigionieri di Daesh e prigioni con i loro peggiori elementi. Per anni li abbiamo combattuti e dato migliaia di martiri per difendere il nostro popolo, la nostra terra e il mondo. Lo stato turco con questi attacchi vuole che daesh torni in attività e il mondo torni nel terrore», aggiunge la comandante.
«RIVOLGO UN APPELLO a tutte le donne del mondo, alle attiviste che lottano per libertà e democrazia, alle amiche e gli amici della rivoluzione del Rojava e dei popoli della Siria del nord che già nel 2014 ci hanno teso la mano, affinché difendano la rivoluzione ancora una volta», conclude Mihemed. «Da parte nostra, come Ypj, dall’inizio della rivoluzione abbiamo promesso che avremmo lottato per la difesa e la libertà di ogni donna, chiunque essa sia, che sia nelle nostre regioni, in medio oriente o ovunque nel mondo. Ad oggi ogni volta che è stato necessario abbiamo tenuto fede alla nostra promessa».
Fonte: ilmanifesto.it - 12 dic. 2024