💣 LE MALETESTE 💣
22 dic 2024
Rojava: due giornalisti curdi assassinati da un drone turco. Come si vive nella Siria sotto il dominio delle truppe turche. Il presidente turco verso la soluzione finale contro i curdi - di IL FATTO QUOTIDIANO, KURDISTAN AU FEMININ, RICCARDO NOURY
Erdoğan, 20 dicembre 2024: “È tempo di neutralizzare le organizzazioni terroristiche presenti in Siria”
di Fabio Bucciarelli
21 Dicembre 2024
Un cartello in curdo e in arabo segnala “strada principale”, perché qui orientarsi è una questione di vita o di morte. Lungo i lati si aprono altre vie, passaggi scavati a forza, bagni ridotti all’osso, cunicoli, anfratti soffocanti e andando più avanti, le stanze dei combattenti. Ancora più in giù c’è il locale più grande, quello con le prese della luce e lo spazio dedicato alla televisione, dove vivevano i leader: un ambiente rivestito di carta argentata, un fragile scudo contro il sudore della terra.
Qui non siamo a Gaza e questi tunnel non sono quelli di Hamas. Siamo nel nord Siria, fra Aleppo e Azaz, a Tal Rifat per la precisione, nel mondo dei curdi, dove la resistenza si costruisce metro dopo metro, sopra e sottoterra.
I tunnel del Pkk e dello Ypg e Ypj in questa zona della Siria sono stati scoperti a inizio dicembre, quando un combattente catturato dal Free Syrian Army (Fsa) – l’Esercito libero siriano, ancora radicato in questa parte del paese – avrebbe parlato per salvarsi la vita. (...)
È un sistema rudimentale, ma efficace, che trasforma questo dedalo nel ventre della resistenza. L’accesso è una botola di ferro con serratura per chiudersi dall’interno, nascosta in un edificio fatiscente. Le uscite, invece, sono numerose e distanti, distribuite a diverse centinaia di metri, progettate per fuggire o prendere il nemico alle spalle. Non sono semplici passaggi sotterranei, ma un’opera di ingegneria e di astuzia, scavati nella terra come se il suolo potesse proteggere dalla guerra che devasta la superficie. Gli scavi sono cominciati nel 2016 e in otto anni di militanza i curdi hanno combattuto per mantenere le loro posizioni e custodire il loro segreto. Il tunnel in cui ci troviamo, visitato in esclusiva per il Fatto, ha richiesto quattro anni per essere completato e pochi minuti per essere abbandonato, perché una volta scoperto nessuno vuole fare la fine dei topi in gabbia.
Cacciata dalla dittatura sanguinaria degli Assad, la Siria è ancora lontana dal potersi considerare un territorio libero dagli interessi stranieri. La ricostruzione turca nel nord della Siria non è solo un processo di rinascita, ma un atto di annessione mascherato da operazione di recupero.
Nel gennaio del 2018 prende il via l’operazione Olive Branch, quando il Free Syrian Army, in difficoltà contro i curdi, chiede aiuto alla Turchia, che coglie al volo l’opportunità di lanciare un’offensiva militare per conquistare il distretto di Afrin, nel nord della provincia di Aleppo.
L’obiettivo dichiarato è creare una zona cuscinetto per proteggere i confini dalle infiltrazioni nemiche che nella pratica significa inglobare il territorio siriano.
Erdogan non si lascia sfuggire l’occasione, bombardando i curdi, con la promessa non velata, di diventare il nuovo padrone di quelle terre una volta “liberate”.
E così comincia il rinnovamento, non solo materiale di quello che la guerra ha raso al suolo, ma anche culturale. Mentre i palazzi e le infrastrutture vengono riedificate, ciò che emerge è una trasformazione profonda del tessuto sociale. Si insegna il turco nelle scuole e la lira turca diventa la moneta corrente, relegando quella siriana – che ad oggi non ha un valore chiaro di cambio – a un lontano ricordo. La gestione della cosa pubblica, dai servizi alle scuole, è nelle mani turche, e le decisioni urbanistiche e politiche vengono dettate da Ankara. Così, mentre la ricostruzione avanza, il nord della Siria è diventato a tutti gli effetti un governatorato turco, con una popolazione che si trova a vivere sotto il controllo di un’autorità straniera, ma con il volto della rinascita.
Cosa ne pensano i cittadini di questo cambiamento? Vedere un paese che rinasce, con strade nuove e denaro che scorre, porta speranza. Ma il prezzo da pagare per alcuni è troppo alto: la rinascita di Erdogan non ha sapore di libertà.
Ad Azaz, l’ultima città siriana prima del confine, il vento della ricostruzione soffia da tempo. Qui, dove le insegne luminose con la scritta turca “restoran” luccicano come promesse e i benzinai funzionano, diversamente dal resto del paese, ogni angolo racconta un compromesso. Nel centro dell’agglomerato urbano, due mani giganti si stringono in segno di fratellanza con al polso di ciascuna, due bandiere che parlano di radici distinte: quella della mezzaluna rossa cancellata da inchiostro nero, e quella dell’opposizione siriana con le tre stelle, che vuole annunciare la speranza dopo il regime di Assad. “È tempo di neutralizzare le organizzazioni terroristiche esistenti in Siria”, ha annunciato il presidente Erdogan in un vertice al Cairo. Un chiaro riferimento alla causa curda, accompagnato dalla promessa di nuove ritorsioni nel nord della Siria, giustificate con la consueta accusa di terrorismo rivolta ai nemici di Ankara e sostenute da una retorica ormai logora sulla difesa dei confini nazionali.
Fonte: ilfattoquotidiano.it - 21 dic. 2024
Un drone turco assassina due giornalisti curdi
22 dicembre 2024 alle 11:01
SIRIA/ROJAVA – Diversi giornalisti della Siria settentrionale e orientale hanno condannato l’uccisione deliberata dei giornalisti curdi Nazim Daşdan e Jihan Bilgin da parte di un drone turco, considerando questo crimine come un tentativo di coprire i crimini commessi nella regione. Hanno inoltre invitato le organizzazioni internazionali interessate alla protezione dei giornalisti ad assumersi la responsabilità e a ritenere responsabile lo stato colonialista turco.
Per settimane, l’occupazione turca e i suoi mercenari hanno lanciato attacchi contro le regioni settentrionali e orientali della Siria, in particolare contro la diga di Tishrin e il ponte Qaraquzaq a sud della città di Kobani, nel tentativo di occupare queste aree vitali. Ma la resistenza delle Forze Democratiche Siriane e dei loro consigli militari ha sventato questi attacchi, nonostante l’uso intensivo e continuo di droni.
Prendere di mira i giornalisti: un tentativo di insabbiare i crimini
Il 19 dicembre, mentre coprivano la resistenza e i crimini commessi dall’occupazione turca, i giornalisti Jihan Bêlkîn e Nazim Daşdan sono stati presi di mira da un drone dell’occupazione turca, provocandone il martirio. I giornalisti hanno documentato le violazioni commesse dall'occupazione e le hanno trasmesse al pubblico.
I crimini dell'occupazione e la presa di mira dei giornalisti: un contesto sistematico
Gli attacchi contro i giornalisti nella Siria settentrionale e orientale non sono un incidente isolato, ma parte di una strategia sistematica dell’occupazione turca volta a sopprimere il giornalismo libero e impedire la rivelazione della verità. Gli attacchi prendono di mira direttamente i giornalisti mentre coprono gli eventi, con l’obiettivo di mettere a tacere la libera espressione e coprire crimini e violazioni.
Fonte: kurdistan-au-feminin.fr - 22/12/2024 alle 11:01
Siria, uccisi due giornalisti. Si sospetta un drone turco
di Riccardo Noury *
* portavoce di Amnesty International Italia
21 Dicembre 2024
Cihan Bilgin e Nazım Daştan sono stati uccisi il 20 dicembre mentre erano diretti verso la città di Sarrin, nella Siria settentrionale. Nella zona dall’inizio del mese sono in corso scontri tra le Forze democratiche siriane, a guida curda, e l’Esercito nazionale siriano, un gruppo armato sostenuto anche militarmente dalla Turchia.
Cihan Bilgin, una reporter di 28 anni molto nota nella zona, lavorava per l’Anha (Hawar News Agency). Nazım Daştan era un freelance di 32 anni che a volte collaborava con la medesima agenzia e con altri organi d’informazione pro-curdi. Entrambi seguivano gli eventi in corso nei territori dell’Amministrazione autonoma curda nel nord-est della Siria da molti anni.
Secondo molte fonti locali, il loro veicolo è stato colpito da un drone turco nonostante recasse in modo molto evidente la scritta “Press”. L’autista, Ezîz Hec Bozan, è rimasto ferito.
Fonte: articolo21.org - 21 dic. 2024