📢 LE MALETESTE 📢
20 nov 2023
Il 9 luglio 2021, giorno della chiusura dello stabilimento toscano, il rappresentante sindacale Dario Salvetti spiegava ai microfoni del Corriere Fiorentino che «l’azienda ha preparato tutto nei minimi dettagli, fingendo fino all’ultimo secondo e aspettando il momento più propizio per fare quello che ha fatto».
Qui, i risultati dell'inchiesta di IRPIMEDIA
Documenti interni dimostrano che la multinazionale, a differenza di quanto dichiarato pubblicamente, pensava di chiudere l’impianto fiorentino oltre un anno prima dell’annuncio. Ma lo ha sempre tenuto riservato
Edoardo Anziano
15 Novembre 2023
Non si decide di chiudere una fabbrica da un giorno all’altro. È un processo che richiede mesi, spesso anni, di pianificazione. Quando GKN Automotive, multinazionale della componentistica per automobili, comunica pubblicamente di voler chiudere il suo storico stabilimento di Chester Road a Birmingham, nell’Inghilterra centro-occidentale, è la fine di gennaio del 2021. Gli operai, oltre 500, non verranno licenziati prima di un anno, nel 2022. «La proposta prevede che GKN Automotive proceda a un’attenta chiusura del sito nell’arco di 18 mesi, per garantire una transizione ordinata e stabile delle attività e dare alle persone interessate il tempo di trovare un nuovo lavoro», si legge nel comunicato dell’azienda. «Supportare il nostro personale è la nostra prima priorità», scrivono i dirigenti, mentre gli operai tentano di opporsi scioperando.
Quello che è successo a Birmingham è parte della strategia di “spezzatino e vendita” del fondo speculativo britannico Melrose Industries Plc, che qualche anno fa ha acquistato GKN con l’intento di ridurre i costi e smembrare il gruppo, vendendo i singoli stabilimenti e distribuendo dividendi ai propri azionisti. Una strategia che ha colpito anche la fabbrica di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze. La vendita dell’impianto toscano si è effettivamente conclusa a dicembre 2021.
Rispetto al caso inglese, però, c’è una macroscopica differenza: tutti gli operai, più di 400, sono stati licenziati all’improvviso, con un messaggio di posta elettronica certificata, nell’estate del 2021. «La decisione è dolorosa. Abbiamo realizzato che nello scenario di mercato che si sta delineando non è possibile rendere l’impresa sostenibile», aveva spiegato, solo alcuni mesi dopo, l’amministratore delegato della fabbrica, Andrea Ghezzi.
La decisione era stata presa a luglio, quando le proiezioni di mercato a medio termine indicavano ulteriori perdite. «La chiusura – aveva concluso Ghezzi – è stata una decisione conseguente e inevitabile». A questa ricostruzione si sono sempre opposti gli operai.
Il 9 luglio 2021, giorno della chiusura, il rappresentante sindacale Dario Salvetti spiegava ai microfoni del Corriere Fiorentino che «l’azienda ha preparato tutto nei minimi dettagli, fingendo fino all’ultimo secondo e aspettando il momento più propizio per fare quello che ha fatto». Perché, appunto, una fabbrica non si chiude da un giorno all’altro.
L'INCHIESTA IN BREVE
Qualche anno fa il fondo speculativo Melrose ha acquistato la multinazionale di componenti per auto GKN, con l’intento di ridurre i costi e smembrare il gruppo, vendendo i singoli stabilimenti. Questa strategia, chiamata “spezzatino e vendita”, ha colpito anche la fabbrica di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze
I lavoratori di GKN a Campi Bisenzio sono stati licenziati a luglio 2021, all’improvviso, con un messaggio di posta elettronica certificata. Una modalità mai vista per altri licenziamenti del gruppo. Prima della fine dell’anno, la fabbrica è stata venduta
Documenti interni, parte di un leak di cui IrpiMedia è venuta in possesso, dimostrano che il processo per decidere la chiusura non è stato né improvviso né improrogabile, al contrario di quanto dichiarato dall’azienda. Ci sono stati due piani – nomi in codice «Forest» e «Skye» – mai condivisi con i lavoratori
Il primo, Forest, aveva lo scopo di ridurre il numero di lavoratori, in diversi stabilimenti GKN. Il secondo, Skye, progettava addirittura di dismettere del tutto l’impianto fiorentino. Mentre i dirigenti valutavano la possibilità di lasciare Campi Bisenzio, continuavano a promettere ai lavoratori il loro impegno per sviluppare la fabbrica a Firenze e negavano lo scenario dei licenziamenti
GKN, nel settembre 2021, è stata costretta a bloccare i licenziamenti collettivi che aveva previsto, perché il Tribunale di Firenze ha ritenuto il suo comportamento «antisindacale». Nel rispondere all’esposto della FIOM, l’azienda aveva invece dichiarato al giudice di «non aver sottaciuto alcunché» ai sindacati
Documenti interni, ottenuti da IrpiMedia, provano – per la prima volta – che Melrose stava valutando la chiusura di Campi Bisenzio fin da febbraio 2020, un anno e mezzo prima dell’annuncio ufficiale. Tuttavia, l’azienda ha comunicato ai dipendenti la sua decisione solo il giorno stesso, dopo aver tenuto i sindacati all’oscuro di tutto. Non c’è una spiegazione esplicita dei motivi di questa scelta, ma dai documenti emerge che, fin da prima dell’ingresso di Melrose, il management aveva pregiudizi verso i sindacati: ne temeva le azioni e li riteneva responsabili dei problemi di produzione.
In un vecchio documento di appunti, privo di data, si trova anche una cronistoria commentata dei rapporti sindacali nello stabilimento fiorentino, preparata per i manager internazionali. Nella prima parte si descrivono i miglioramenti nelle relazioni sindacali a partire dal 2007 (i contrasti dell’epoca erano in merito allo svolgimento dei turni). In una seconda, emergono invece le opinioni sulla leadership della «rossa» FIOM, la Federazione Impiegati Operai Metallurgici, sigla sindacale a cui aderiscono quasi tutti i lavoratori dello stabilimento toscano: è considerata «fortemente ideologica», con una linea, «a volte», «totalmente folle», nonostante spesso le rivendicazioni dei lavoratori di GKN Firenze siano in linea con quelle della FIOM in tutta Italia (per esempio in merito alle contestazioni sul Jobs Act o sul “modello Marchionne”) e rientrino a pieno titolo nella contrattazione in un Paese in cui i rapporti sindacali sono normati.
Per quanto presentata come improvvisa e inevitabile, la chiusura della GKN di Campi Bisenzio è l’esito di una strategia spregiudicata e di una totale mancanza di trasparenza da parte della dirigenza. I documenti trovati nel leak, che IrpiMedia ha condiviso con il settimanale Panorama, contengono infatti riferimenti a due progetti segreti, nomi in codice «Forest» e «Skye». Il primo, Forest, viene nominato in alcuni documenti per la gestione del personale e ha lo scopo di ridurre il numero di lavoratori in diversi stabilimenti GKN nel mondo. Il secondo, Skye, è menzionato come progetto «strettamente confidenziale» nelle clausole di accordi firmati dai vertici aziendali a inizio 2020, e si spinge fino a ipotizzare di chiudere completamente l’impianto di Campi Bisenzio. Lo si capisce da bozze di lavoro, memorandum interni e presentazioni PowerPoint, contenenti grafici, tabelle e linee del tempo, che IrpiMedia ha trovato nel leak.
Mentre i dirigenti valutavano la possibilità di lasciare Campi Bisenzio, continuavano a esprimere ai lavoratori «la volontà di operare per favorire lo sviluppo del sito e la tenuta occupazionale dello stabilimento», si legge nell’accordo sindacale del 9 luglio 2020. Gli accordi di non divulgazione, con cui la proprietà ha vincolato al silenzio i manager che sono venuti a conoscenza del progetto Skye, hanno ostacolato il processo di verifica delle informazioni da parte dei giornalisti di IrpiMedia.
I tagli di GKN in Europa
I licenziamenti pianificati negli stabilimenti europei di GKN a ottobre 2020
Dai documenti analizzati da IrpiMedia, il «progetto Skye», e la conseguente valutazione se chiudere Campi Bisenzio, viene impostato dall’azienda almeno da febbraio 2020. Poco dopo arriva la pandemia da Covid-19, che impatta sull’intero settore dell’automotive, già in crisi da tempo: tutti i circa 50 stabilimenti del gruppo avevano già visto la loro produttività calare e a Firenze lo stabilimento era stato costretto a chiudere per il lockdown. Le perdite di Campi Bisenzio non erano peggiori degli altri impianti e, fra la prima e la seconda ondata di Covid, il bollettino delle risorse umane dello stabilimento di Firenze contava 445 lavoratori, di cui solo 42 considerati dall’azienda in surplus rispetto al budget. Una crescita inaspettata della domanda dopo il primo lockdown aveva persino costretto la direzione ad assumere temporaneamente nuovi operai con contratto interinale. Queste circostanze non mutano la strategia di Melrose, fondo non interessato alla produttività industriale ma alla massimizzazione dei profitti per i propri azionisti.
La prova della chiusura completa di Campi Bisenzio si trova in una presentazione PowerPoint datata ottobre 2020, indicata come «bozza – per discussione». La tabella «riduzioni» riassume tutti i tagli di manodopera previsti alla GKN: elenca il progetto Skye, che indica «-482» dipendenti in totale a Firenze e «-7» allo stabilimento di Arnage, in Francia; il progetto Bluebird, che pianifica la chiusura di Birmingham; il progetto Rubikon, con tagli a Rösrath (Germania), Ribemont (Francia) e Minworth (Gran Bretagna). Totale: meno 1.115 dipendenti.
Torniamo al progetto Skye e alla sua applicazione a Firenze. La totale dismissione dello stabilimento, come previsto dalla tabella, avviene puntualmente a metà del 2021. L’esistenza del piano segreto contraddice quindi la posizione tenuta dall’azienda nei confronti dei sindacati, ai quali ha sempre promesso di avere a cuore il futuro della fabbrica. Smentisce anche la ricostruzione della vicenda che GKN ha sostenuto in tribunale, in risposta alla vertenza aperta dai sindacati nel 2021 contro Melrose per bloccare i licenziamenti. Il management dell’azienda afferma, a più riprese, che «non ha mai sottaciuto alcunché» ai lavoratori. Tranne, appunto, un piano segreto con cui licenziarli tutti.
Il giorno del licenziamento, nell’estate 2021, comincia l’occupazione dell’impianto da parte dei lavoratori, riuniti nel Collettivo di fabbrica. Un’occupazione che prosegue tutt’ora. Tra il 3 e il 5 novembre 2023 lo stabilimento avrebbe dovuto ospitare a Campi Bisenzio delegazioni di sindacati europei e movimenti ecologisti. Poi però è arrivata l’alluvione, che ha visto fra le zone più colpite proprio la città della piana fiorentina. La casa di molti ex operai GKN si è allagata e il Collettivo si è subito mobilitato con centinaia di volontari per assistere la popolazione.
Tensioni sindacali
Nonostante la mancanza di trasparenza da parte dell’azienda, gli operai della GKN avevano intuito che la fabbrica di Campi Bisenzio avrebbe potuto chiudere anche prima della pandemia. Si erano resi conto che le decisioni prese dalla direzione non andavano verso il rilancio dello stabilimento. Così, nel 2019, avevano aperto una vertenza sul prepensionamento di sedici dipendenti: le rappresentanze sindacali volevano una risposta dall’azienda in merito al futuro di Campi Bisenzio, risposta che però non è mai arrivata. Sono le prime avvisaglie di quanto accadrà nel 2020 e nel 2021.
Come hanno ricostruito a posteriori i rappresentanti sindacali di GKN in una nota, «la comunicazione della chiusura della fabbrica spesso è preceduta da un lungo lavoro di logorio: la proprietà manda “in buca” lo stabilimento iniziando a bollirlo, con investimenti irrazionali, distruzione delle catene di comando tecnico, scarsa manutenzione». Insomma, gli operai di Campi Bisenzio erano consapevoli che «la chiusura materiale [arriva] prima della chiusura formale». Tradotto, la direzione indebita lo stabilimento con scelte industriali discutibili fino a rendere la chiusura inevitabile.
In una serie di presentazioni interne, GKN assume dei comportamenti molto gravi, come classificare i sindacati dei suoi stabilimenti europei, sulla base della rappresentatività e del grado di collaborazione, identificando come «posizionamento ottimale» quello di un sindacato molto rappresentativo ma anche conciliante con la direzione. Se questo è presente nella fabbrica di Eskişehir, in Turchia, e in parte a Vigo, Spagna, a Firenze è l’opposto: c’è una sigla sindacale, la FIOM, che raccoglie la maggioranza dei lavoratori e che viene classificata come «avversaria» rispetto alle decisioni dei manager. Nella presentazione su Firenze, viene indicato – caso unico fra i PowerPoint di tutti gli impianti europei – il numero di scioperi: 41 in tre anni, tutti organizzati dalla FIOM. Fra i documenti trovati da IrpiMedia nel leak c’è anche una lista che contiene i nominativi di tutti i lavoratori, schedati per appartenenza a ciascuna organizzazione sindacale.
In questo contesto, la comunicazione preventiva di una graduale chiusura dello stabilimento avrebbe potuto innescare la resistenza degli operai. Con il «progetto Skye» l’intero processo, dalla rivalutazione del destino della fabbrica di Campi Bisenzio alla decisione di chiuderlo, è rimasto segreto fino all’ultimo giorno. Mentre la proprietà rassicurava i lavoratori di volersi impegnare per lo sviluppo dell’impianto.
L’illusione del rilancio
Fino alla fine del 2019, però, il fondo Melrose sembra mantenere vivo l’interesse al rilancio di Campi Bisenzio. Lo conferma a IrpiMedia una fonte a conoscenza della vicenda, che non può essere riconoscibile. L’idea era quella di alleggerire i costi tramite alcuni prepensionamenti, dimostrando che lo stabilimento potesse ripartire in maniera competitiva. Il management locale presenta un budget, e cerca di ricucire i rapporti con le rappresentanze sindacali. È a livello europeo però che si prendono le decisioni. Tutto cambia, infatti, quando Melrose avvia la sostituzione dei vertici, nazionali e internazionali, con l’obiettivo di gestire una ristrutturazione del gruppo a livello globale. Far ripartire GKN Firenze non è più la priorità e forse – coerentemente con la strategia di un fondo speculativo qual è Melrose – non lo è mai stata. A cavallo fra il 2019 e il 2020, il futuro di Campi Bisenzio va sempre più verso la chiusura. Si delineano i contorni del «progetto Skye», non divulgabili al resto dei lavoratori.
Chi è stato coinvolto in queste fasi embrionali del piano conferma che si trattava di un progetto per decidere cosa fare dello stabilimento di Firenze. Processi di questo tipo sono lunghi, conferma la fonte a IrpiMedia, e solitamente prevedono un’analisi preliminare prima di decidere il destino dello stabilimento.
Il piano segreto per valutare il futuro di GKN a Campi Bisenzio si concretizza a poche settimane dallo scoppio della pandemia. A febbraio 2020 viene assunto a Firenze l’esperto di gestione delle risorse umane in contesti di crisi aziendale Alex Aceti. Il 14 febbraio Aceti riceve una lettera in inglese, marcata «Strettamente Confidenziale». Dal quartier generale nel Regno Unito, la direttrice delle risorse umane di tutto il gruppo Automotive scrive ad Aceti, confermando l’interesse ad assumerlo. Nella lettera si dice già che per un primo periodo Aceti lavorerà a Firenze, ma poi non ci sarà più bisogno di lui e dovrà svolgere un altro incarico in Europa. «Inizialmente il ruolo sarà fortemente concentrato su Firenze ma il nostro impegno, sulla base di una supposta buona performance, è quello di assegnarti a un altro ruolo nella regione europea nel corso del Q1 2021 (cioè nel primo trimestre del 2021, ndr)». Questo perché, dopo quella data, l’esistenza dell’impianto di Firenze è già in forse.
Lo stesso giorno in cui viene confermata l’assunzione di Aceti si svolge un incontro fra l’azienda e i rappresentanti dei lavoratori della fabbrica fiorentina. Sono presenti esponenti di Confindustria e di LabLaw, uno studio legale specializzato in diritto del lavoro. Partecipa anche il fondatore di LabLaw, Francesco Rotondi, giuslavorista in passato scelto da Matteo Salvini come consulente tecnico della Lega. Recentemente, Rotondi è stato nominato al Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) presieduto da Renato Brunetta, su proposta della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. L’incontro ha come oggetto il futuro della fabbrica e di fronte alle preoccupazioni dei sindacati, Marco Gelardi, amministratore delegato dello stabilimento, conferma l’impegno allo «sviluppo dell’impianto e a cercare di tutelare l’occupazione».
I sindacati, riporta il resoconto, escono soddisfatti dalla riunione. A conclusione del riassunto riservato dell’incontro, i consulenti di LabLaw – che si dimostrano perfettamente a conoscenza del piano Skye, a differenza dei lavoratori – rassicurano il management che nessuno dei punti discussi impegna l’azienda: «Non sono stati assunti impegni vincolanti che possano essere considerati in conflitto o non coerenti con gli obiettivi finali di PJ [Project] Skye». Almeno da febbraio 2020, quindi, GKN sapeva di voler quantomeno valutare una chiusura di Campi Bisenzio, licenziando tutti i lavoratori.
Campi Bisenzio come l'Iveco di Avellino dieci anni fa
Quando Alex Aceti viene nominato responsabile risorse umane dello stabilimento GKN di Campi Bisenzio ha accumulato quasi quindici anni di esperienza nel settore industriale. Quasi tutta la sua carriera si è svolta all’Iveco, multinazionale dei veicoli commerciali con sede a Torino, di proprietà del gruppo Exor della famiglia Agnelli. La sua carriera comincia allo stabilimento di Valle Ufita, in provincia di Avellino, chiuso improvvisamente dalla proprietà, che allora si chiamava ancora Fiat, nel luglio 2011. Qui gestisce, come racconta sul proprio profilo LinkedIn, la chiusura e la messa in cassa integrazione di tutti i circa 300 dipendenti.
Dopo esperienze in vari impianti Iveco, approda, come responsabile risorse umane, alla GKN di Firenze nel febbraio 2020. In una presentazione intitolata «Skye deep dive», Aceti viene presentato fra i «nuovi membri del team», insieme al direttore di stabilimento Ghezzi, come esperto nella «gestione dei processi di ristrutturazione in ambito automobilistico».
La vicenda della GKN di Campi Bisenzio e quella dello stabilimento Iveco di Avellino sono molto simili: la decisione di chiudere dal mattino alla sera, l’azienda irremovibile, la resistenza degli operai, che all’Iveco scioperarono per oltre cento giorni.
Pochi mesi dopo che il «progetto Skye» fa la sua prima comparsa nei documenti interni, anche il neoassunto responsabile delle risorse umane, Alex Aceti, viene ufficialmente inserito nel piano segreto. Il 14 maggio 2020 GKN Automotive fa firmare ad Aceti un accordo di riservatezza. «GKN Automotive propone di coinvolgerti in un progetto riservato noto come Progetto Skye. L’esistenza del Progetto Skye non è generalmente nota agli altri dipendenti e deve essere mantenuta strettamente riservata», si legge. Il progetto proviene direttamente dai vertici europei di GKN, menzionati esplicitamente nel testo dell’accordo.
Un nuovo piano di licenziamenti
Nel frattempo, siamo fra la prima e la seconda ondata della pandemia, il gruppo GKN pianifica una ristrutturazione a livello globale. Il piano viene chiamato «progetto Forest». Sono previsti tagli sia negli stabilimenti americani sia in quelli europei. A Campi è prevista una riduzione di 50 lavoratori, di cui 18 vicini alla pensione, a cui offrire un percorso di uscita anticipata, per un totale di 307 lavoratori da licenziare in cinque stabilimenti europei. Sono numeri consistenti, ma ancora lontani dalla dismissione di interi stabilimenti. È l’estate del 2020, manca un anno all’“improvvisa” chiusura della fabbrica a Campi Bisenzio, e di progetti di massiccia ristrutturazione o chiusura l’azienda non fa alcun cenno. Anzi, continua a rassicurare i rappresentanti dei lavoratori. In un accordo con i sindacati di Firenze, firmato il 9 luglio 2020, viene messo nero su bianco: «La Società ha comunque confermato di continuare a essere aperta al dialogo e al confronto sull’andamento dello stabilimento, ribadendo, ancora una volta, la volontà di operare per favorire lo sviluppo del sito e la tenuta occupazionale».
Sotto traccia, però, l’azienda sembra prepararsi a dismettere la fabbrica. E lo fa anche pensando a come costruire una narrazione pubblica tranquillizzante. Fa preparare un piano confidenziale per condizionare l’inevitabile interesse dei giornalisti nella vicenda del futuro di Campi Bisenzio. Nel documento, contenuto nel leak, l’agenzia milanese Barabino & Partners, specializzata in comunicazione d’impresa, viene indicata come coordinatore per le comunicazioni pubbliche di GKN. Lo scenario a maggior rischio è che filtrino all’esterno immagini che dimostrino come prototipi per componenti del maggior cliente di GKN Firenze, ovvero FCA (oggi Stellantis), vengano testati in altri impianti europei. Sarebbe una prova molto concreta del fatto che l’azienda si stia preparando a chiudere Campi Bisenzio e a delocalizzare la produzione. In questo caso, è scritto nel piano, «GKN e FCA devono essere ben allineati (a livello di vertice)». Il messaggio da far passare è che il test dei prototipi non preannuncia chiusure, ma fa parte della strategia per rimanere competitivi in un mercato difficile. Le direttive stabiliscono, a precisa domanda, di rispondere che «l’azienda non prevede attualmente di lasciare Campi Bisenzio».
Il «progetto Forest», però, quello che prevedeva “solo” una cinquantina di licenziamenti a Firenze, subisce una battuta d’arresto. L’8 agosto 2020 il Governo Conte II vara il decreto 104, per favorire il rilancio dell’economia, fiaccata dalla prima ondata della pandemia. Prevede, fra le altre cose, che un’azienda che non abbia esaurito tutte le settimane di cassa integrazione straordinaria (la cosiddetta “cassa Covid”), non possa iniziare né una procedura di licenziamento collettivo né avviare licenziamenti individuali. Il divieto non si applica però in caso di chiusura dell’azienda. GKN, che fra agosto e settembre non avrà bisogno di chiedere la cassa integrazione perché la produzione è ripresa, non riuscirà a esaurire tutte le settimane richieste entro ottobre 2020, data in cui prevede di iniziare i licenziamenti di Forest.
«Necessità di valutare l’approccio strategico Skye 2021», scrive l’azienda in una presentazione dedicata proprio agli effetti del decreto Agosto. È evidente come il «progetto Forest» sia solo un punto di partenza, una “sforbiciata” che serve a preparare la strada per la chiusura dello stabilimento, che sembra già l’obiettivo ultimo del «progetto Skye». Infatti, a settembre 2020, Forest viene cancellato: da un lato, il divieto ai licenziamenti non scadrà prima dell’inizio del 2021; dall’altro, c’è stato un forte rimbalzo della produzione, che «costringe l’impianto ad utilizzare tutte le ore produttive disponibili». Paradossalmente, però, i preparativi dietro le quinte convergono tutti verso il licenziamento in blocco degli operai. Una presentazione parla esplicitamente di «arresto delle operazioni a FIR (sigla usata per indicare lo stabilimento di Firenze, ndr) + avvio della fase di chiusura».
La tabella di marcia viene definita in un documento preparato dallo studio legale LabLaw. Prevede di iniziare una fase di test dei prototipi per le autovetture FCA in nove altri stabilimenti, per poi accumulare stock dei componenti e arrivare all’annuncio della chiusura di Campi Bisenzio nei primi tre mesi del 2021, avviando così la fase di «attuazione» dei «licenziamenti». A ottobre del 2020, viene concluso un ulteriore «Accordo di Segretezza» per il «progetto Skye», con Marco Gelardi, amministratore delegato di GKN Firenze. Il piano di dismissione entra nella sua fase esecutiva. A luglio 2021 verrà comunicato il licenziamento collettivo.
GKN «non ha mai sottaciuto alcunché» ai lavoratori. Tranne il piano segreto Skye
L’esistenza di un piano segreto che contemplasse la chiusura completa della fabbrica di Campi Bisenzio e il licenziamento di tutti i suoi operai, addirittura prima del lockdown imposto dal Covid-19, smentisce la narrazione pubblica che GKN ha sempre portato avanti sulla vicenda: quella di una decisione improvvisa e improcrastinabile. Non solo, i documenti confidenziali sul «progetto Skye» contraddicono anche la posizione assunta dall’azienda di fronte ai giudici. Infatti, portata in tribunale dalla FIOM per violazione dell’articolo 28 dello statuto dei lavoratori – quello che punisce la condotta antisindacale – GKN ribadisce ripetutamente di essere stata sempre trasparente con i suoi operai. All’udienza del 9 settembre 2021, l’azienda presenta una memoria difensiva, scritta dai legali dello studio LabLaw.
Nella memoria, ottenuta da IrpiMedia, l’azienda afferma che «non ha mai sottaciuto alcunché al sindacato, al quale ha invero sempre rappresentato e riportato qualunque informazione afferente lo svolgimento dell’attività produttiva». Il «progetto Skye», però, è sempre rimasto confidenziale. A febbraio 2020, scrivono i legali dell’azienda, GKN aveva informato i sindacati di trovarsi «in una situazione di criticità strutturale attualmente oggetto di una nuova revisione da parte del management», ma riaffermava la «volontà di operare per favorire lo sviluppo del sito e la tenuta occupazione [sic] dello stabilimento». In realtà, a febbraio 2020, Skye era già noto ai dirigenti dello stabilimento fiorentino e ai consulenti di LabLaw, e di lì a poco verrà comunicato al nuovo responsabile delle risorse umane, Alex Aceti, assunto proprio in quel periodo.
Nella memoria, viene citato esplicitamente l’accordo del 14 febbraio 2020, come prova della convinzione aziendale di voler difendere l’impianto di Campi Bisenzio. Tuttavia, mentre l’azienda manteneva questa facciata tranquillizzante con i sindacati, le note riservate relative a quell’incontro menzionano già il «progetto Skye». «La Società – dichiara GKN al Giudice del Lavoro di Firenze – al momento della firma, non aveva alcun retropensiero su una possibile chiusura, semplicemente perché questa era una possibilità mai presa in considerazione in quel momento storico (e per l’intero anno successivo)».
I nodi irrisolti della vendita dello stabilimento
A settembre 2021 il Tribunale del Lavoro del capoluogo toscano blocca i licenziamenti collettivi decisi dalla GKN. Nel verdetto, la giudice fiorentina scrive che l’azienda ha impedito al sindacato «di interloquire, come sarebbe stato suo diritto, nella delicata fase di formazione della decisione di procedere alla cessazione totale dell’attività di impresa». Nel verdetto non si fa menzione di Skye o di Forest. La decisione della giudice però non fermerà l’intenzione dell’azienda di sbarazzarsi della fabbrica Campi Bisenzio, che verrà venduta al Gruppo Borgomeo, presieduto dall’advisor di GKN stessa, Francesco Borgomeo, con l’obiettivo di far partire un ambizioso piano di reindustrializzazione. Il fallimento di questo processo, già raccontato da IrpiMedia, si è concluso il 19 ottobre scorso, quando ai circa 170 lavoratori ancora rimasti sono state consegnate le lettere di licenziamento. Come hanno rivelato diverse inchieste uscite nelle ultime settimane, dietro questa operazione sembra celarsi una speculazione immobiliare. Da un lato, come ha raccontato Domani, ad agosto 2020 il fondo Melrose ha rivalutato in bilancio lo stabilimento, nonostante fosse fermo, da due a 30 milioni di euro. Dall’altro, ha scritto L’Espresso, la società del Gruppo Borgomeo, che aveva comprato il 100% di GKN (e quindi dello stabilimento), ha venduto metà delle azioni a Toscana Industry srl, di proprietà di una fiduciaria della banca Monte dei Paschi di Siena. Mentre la reale proprietà è schermata dalla fiduciaria, l’amministratore di Toscana Industry Mirko Polito, scrive L’Espresso, «ha una lunga esperienza nel settore immobiliare».
Secondo GKN c’è un’unica versione: non appena la direzione si è resa conto che era impossibile continuare a operare in una tale situazione di crisi, lo ha comunicato ai lavoratori e ha chiuso. «E quindi la Società ha condiviso con il sindacato tutte le informazioni e i dati in suo possesso nel corso sia del 2020 sia del 2021, non tenendo in sindacato [sic] all’oscuro di niente con riferimento ad un mutamento dello scenario e condizioni di mercato», conclude la memoria difensiva di GKN. Ancora una volta, nessuna menzione viene fatta ai giudici circa il «progetto Skye». Né GKN, né le altre aziende o persone citate in questo articolo hanno risposto alla richiesta di commenti inviata da IrpiMedia.
IRPIMEDIA
Fonte: irpimedia.irpi.eu - 15 nov. 2023