📢 LE MALETESTE 📢
15 dic 2023
Zim, grande compagnia marittima israeliana, quotata in borsa e con sede ad Haifa, attivamente coinvolta nel trasporto di armi, è boicottata in tutto il mondo da portuali e cittadini che hanno accolto l’appello lanciato lo scorso 16 ottobre dai sindacati palestinesi per «smettere di armare Israele.
di LINDA MAGGIORI
Anche Ravenna contro le navi di armi dirette nei porti israeliani
Linda Maggiori
15 dicembre 2023
Nel porto di Ravenna, ieri alle 18, decine di cittadine e cittadini hanno preso parte all’iniziativa contro il traffico di armi organizzata dall’organizzazione giovanile Cambiare Rotta e da Osa (Opposizione studentesca alternativa). Il presidio si è svolto davanti all’Autorità portuale di Ravenna per denunciare il passaggio di una nave della Zim Integrated Shipping Services (Zim), compagnia navale israeliana che trasporta armi per Israele e che in questi giorni farà scalo a Ravenna. «Abbiamo chiamato a raccolta studenti, lavoratori e la città tutta a schierarsi attivamente contro la guerra – spiega Caterina – Viviamo in uno dei paesi in prima fila nel sostegno al genocidio dei palestinesi, dobbiamo mobilitarci contro il nemico in casa nostra, contro il nostro governo e gli interessi dei capitalisti italiani e israeliani. La continuazione di rapporti commerciali tra l’Italia e Israele equivale a una partecipazione diretta del “nostro” paese nel genocidio in corso».
«La Zim è la stessa compagnia già bloccata il 10 novembre dai portuali di Genova (la notizia è riportata in calce a quest'articolo, NdR) – aggiunge Fabio – Abbiamo contattato i portuali ravennati, ma non riuscivano a organizzare un blocco, anche perché qui a Ravenna non c’è una storia di proteste di questo tipo. Abbiamo comunque voluto esserci, anche solo con un presidio, per rimarcare la nostra contrarietà al supporto logistico alla guerra in Palestina, per lanciare un grido di protesta contro la strage a Gaza ma soprattutto per sensibilizzare la cittadinanza e gli stessi portuali. Vogliamo che sia solo il primo passo». Alcuni portuali presenziano al si-in, ma preferiscono non rilasciare dichiarazioni.
Ravenna città silente, assoggettata da decenni al petrolchimico e a «mamma Eni» come la chiamano da queste parti, si sta risvegliando anche grazie all’azione di piccoli ma combattivi gruppi ambientalisti che da almeno due anni stanno duramente contestando l’arrivo del rigassificatore, previsto per il prossimo anno. «Siamo qui perché guerra e fossile sono due facce della stessa medaglia, il conflitto che sta devastando la Palestina è alimentato anche dalla nostra dipendenza dal gas e da stati come Israele che controllano importanti giacimenti di gas, con cui anche Eni fa accordi», dichiarano Mauro e Giovanna, storici attivisti del Coordinamento ravennate per il Clima fuori dal Fossile.
I manifestanti richiamano l’eco mondiale della protesta: «Al porto di Oakland i lavoratori hanno bloccato le navi piene di armi dirette in Israele, mentre a Liegi, in Belgio, i lavoratori della logistica si stanno rifiutando di caricare armi sui voli cargo per Tel Aviv».
Zim, grande compagnia marittima israeliana, quotata in borsa e con sede ad Haifa, attivamente coinvolta nel trasporto di armi, è boicottata in tutto il mondo da portuali e cittadini che hanno accolto l’appello lanciato lo scorso 16 ottobre dai sindacati palestinesi per «smettere di armare Israele». Dal Belgio alla Catalogna, un insieme di sindacati della logistica e dei trasporti hanno esortato i lavoratori a rifiutarsi di caricare armamenti diretti verso Israele. Un mese fa anche al porto di Melbourne e poi di Sydney gli attivisti hanno bloccato i camion della Zim, sdraiandosi davanti ai mezzi. Tanto che la compagnia si è vista costretta ad avvisare i propri “clienti” di possibili interruzioni nel servizio.
«Di fronte al genocidio a cui stiamo assistendo e all’evidente complicità tra Israele e il nostro governo, che si dichiara neutrale, ma continua a sostenere politicamente e militarmente Israele, respingendo ipocritamente anche la proposta di un cessate il fuoco, è necessario continuare a mobilitarsi e portare avanti boicottaggio attivo contro il continuo traffico di armi, il massacro a Gaza e l’occupazione della Palestina. Nessuna complicità con Israele, fuori la guerra da Ravenna!», gridano gli attivisti sventolando bandiere palestinesi.
LINDA MAGGIORI
fonte: ilmanifesto.it - 15 dic. 2023
«Non carichiamo armi d’Israele», Genova entra nella lotta globale
LAVORATORI DI PACE. I camalli bloccano puntano a fermare le navi della Zim, la compagnia che ha sede a Haifa. Dal Belgio a Sydney, da Washington a Barcellona si allarga la protesta pacifista nei porti
I portuali di Genova protestano contro la guerra - Foto Ansa
Lidia Ginestra Giuffrida
8 novembre 2023
«Per anni abbiamo denunciato il fatto che i lavoratori non vogliono essere complici dei massacri delle guerre portate avanti dalle industrie belliche o da interessi legati ad alcune zolle di terra», dichiara José Nivoi, referente mare e porti dell’Unione sindacale di base, «per questo venerdì a partire dalle sei del mattino bloccheremo simbolicamente il varco San Benigno, a Genova, per poi spostarci verso la sede della compagnia marittima Zim, compagnia israeliana che ha sede a Haifa e ha messo a disposizione la sua flotta per portare armi verso Israele».
AL PRESIDIO DI VENERDÌ prossimo a Genova, che è stato indetto dal Collettivo autonomo lavoratori portuali del capoluogo ligure contro l’invio di armi in Israele, hanno aderito diversi sindacati di base, Bds Italia (sezione italiana per il movimento a guida palestinese per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele), Giovani palestinesi italia, Potere al popolo e alcune associazioni pacifiste. «Già nel 2021 assieme ai portuali di Livorno e Napoli avevamo provato a boicottare una nave piena di missili ad alta precisione diretti ad Israele – continua Nivoi – così abbiamo aperto un canale di interlocuzione con i palestinesi che allora ci avevano mandato una lettera di ringraziamento. Negli anni abbiamo continuato il boicottaggio delle guerre, in particolar modo della compagnia navale saudita Bahri specializzata nel trasporto di armamenti». Questa volta, però, ad essere contestata è la compagnia Zim, che ha dichiarato «la nostra priorità sarà quella di stanziare le risorse necessarie per aiutare Israele in questa situazione dura e difficile».
La mobilitazione di venerdì dei camalli risponde, inoltre, al comunicato dei sindacati palestinesi che lo scorso 16 ottobre chiedevano ai movimenti internazionali di boicottare il sistema bellico israeliano. «Noi abbiamo immediatamente accolto la richiesta dei lavoratori palestinesi con la mobilitazione del 10 novembre. Siamo contro il genocidio della popolazione di Gaza ancora in corso e soprattutto difendiamo la legge 185 del 1990 che vieta l’esportazione di armamenti verso zone di guerra. Una cosa è certa: le nostre mobilitazioni non si fermeranno venerdì», conclude José Nivoi.
A RISPONDERE ALL’APPELLO dei sindacati palestinesi anche altre città in diverse parti del mondo: mobilitazioni simili a quella di Genova sono in corso a Sydney, in Australia, e ci saranno a Barcellona, in Spagna. Da alcune settimane, invece, gli addetti aeroportuali in Belgio si stanno rifiutando di caricare armi, nel loro comunicato dichiarano che «caricare e scaricare ordigni bellici contribuisce all’uccisione di innocenti».
ANCHE NEGLI STATI UNITI, al porto di Tacoma, nello Stato di Washington, ci sono state delle proteste. Alcuni attivisti sospettavano che la Cape Orlando, nave statunitense, trasportasse munizioni ed armamenti per Israele. Anche il sindacato francese Cgt e il coordinamento dei sindacati greci, Pame, hanno dimostrato solidarietà con i lavoratori palestinesi. Altre manifestazioni si sono svolte alla sede londinese dell’azienda d’armi italiana Leonardo.
LIDIA GINESTRA GIUFFRIDA
fonte: ilmanifesto.it - 8 nov. 2023
In Australia, attivisti della Solidarietà Palestinese stanno bloccando le navi ZIM di proprietà di Israele
13 dicembre 2023
Nei porti di Melbourne, Sydney e Fremantle, i blocchi hanno ritardato le navi di proprietà israeliana. Di fronte alle multe salatissime e alla minaccia del carcere, i manifestanti sono determinati a interrompere l’offensiva israeliana a Gaza.
fonte: (USA) jacobin.com - 13 dic. 2023