📢 LE MALETESTE 📢
5 gen 2024
SCHIAVI MODERNI. Guerre, carestie, legislazioni inadeguate. Preoccupa la situazione anche in Europa e Italia.
di SABATO ANGIERI
Sabato Angieri
Sono più di 50 milioni le persone che oggi nel mondo vivono in una condizione di «schiavitù moderna». Di queste, 6,4 milioni si trovano in Europa e nei Paesi euroasiatici e 200 mila in Italia, dove i numeri sono cresciuti in modo preoccupante nell’ultimo lustro.
Ma il nostro Paese non è il solo in cui si registri un aumento di questo tipo di pratiche lesive della dignità e dei diritti delle persone. Le guerre e gli aumenti dei prezzi dei beni di prima necessità, le spinte alla crescita produttiva senza remore in alcuni stati come India e Cina, i lavori per i grandi eventi internazionali e le catastrofi naturali stanno delineando un contesto in cui il concetto di «schiavitù moderna» non dipende solo dai meccanismi di sfruttamento del capitalismo.
Il Global Slavery Index (Indice mondiale della schiavitù, ndr) del 2023, frutto di cinque anni di analisi e indagini in tutto il pianeta ci offre un quadro impietoso e preoccupante.
CONTRARIAMENTE a quanto siamo abituati a pensare, la schiavitù non è una pratica arcaica legata a società ed epoche ormai passate. Al giorno d’oggi questa assume molte forme ed è conosciuta con molti nomi. In estrema sintesi, si riferisce a situazioni di sfruttamento che una persona non può rifiutare o abbandonare a causa di minacce, violenza, coercizione o inganno. Comprende il lavoro forzato, il matrimonio forzato o servile, la servitù per debiti, lo sfruttamento sessuale commerciale forzato, la tratta di esseri umani, l’asservimento la vendita e lo sfruttamento dei bambini.
In tutte le sue forme, la schiavitù moderna origina dalla rimozione della libertà di una persona al fine di sfruttarla per un guadagno personale o finanziario. Quella stessa libertà, ad esempio, di abbandonare un datore di lavoro per un altro, o di decidere se, quando e con chi sposarsi. I più vulnerabili, come sempre, sono donne, bambini e migranti illegali che vengono colpiti dal fenomeno in modo sproporzionato rispetto agli altri campioni presi in esame.
La schiavitù moderna esiste in ogni regione e in ogni Paese, ma il modo in cui si manifesta all’interno di un Paese dipende dalla combinazione unica di fattori caratterizzanti, dalla dimensione e dalla distribuzione dei gruppi vulnerabili all’interno della popolazione e dal modo in cui i governi rispondono a tali fragilità. Ad esempio, il matrimonio forzato è diffuso nei Paesi in cui la cultura patriarcale dominante porta alla disuguaglianza e alla discriminazione di genere, rafforzata in molti casi da leggi che impediscono alle donne di ereditare la terra o dall’assenza di leggi che stabiliscono che l’età minima per il matrimonio è di 18 anni.
Nei Paesi in cui è presente un alto numero di migranti e senza sufficienti tutele lavorative per tali categorie, il lavoro forzato può essere particolarmente diffuso. Ma si registrano anche contesti in cui il lavoro forzato è perpetrato dallo Stato, lasciando alle vittime poche possibilità di ricorso. Si stima che nel 2021 circa 3,9 milioni di persone siano state costrette a lavorare dalle autorità statali. Il lavoro forzato imposto dallo Stato assume molte forme, tra cui l’abuso di leva, il lavoro carcerario obbligatorio o come mezzo di discriminazione razziale, sociale, nazionale e religiosa.
L’INDICE MONDIALE sulla schiavitù di quest’anno ci dice che la maggior parte dei Paesi del mondo, benché si fossero impegnati a sradicare il problema attraverso politiche ad hoc, negli ultimi anni non hanno fatto progressi in tal senso. Al contrario, i grandi eventi, sia sportivi sia mediatici hanno accentuato pratiche di sfruttamento in Paesi la cui disponibilità economica è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni. Si pensi al Quatar o all’Arabia Saudita. Ma anche i vecchi stati egemoni non sono esenti da un peggioramento generale del contesto.
ITALIA
«Non si tratta di storie di singoli la schiavitù è ormai un fatto»
ITALIA. «Non è impossibile che anche chi nasce qui venga schiavizzato sul lavoro»
Nel nostro Paese gli «schiavi moderni» sono 197 mila, pari allo 0,33% dell’intera popolazione. Il che determina che l’Italia sia in una posizione piuttosto bassa rispetto alla macro-regione europea ed euroasiatica, ma solo perché abbiamo una popolazione assoluta molto più numerosa della maggior parte degli stati dello stesso campione esaminato. In realtà siamo al settimo posto per numero totale di individui che vivono nell’inferno della schiavitù moderna.
Si noti che il fenomeno non riguarda solo individui stranieri, che pure sono la schiacciante maggioranza. Come ha spiegato il sociologo e ricercatore dell’Eurispes, Marco Omizzolo: «non è impossibile che anche i cittadini dei Paesi Occidentali più industrializzati possano lavorare in condizioni di schiavitù. Nella mia attività mi è capitato di agire contro il proprietario di un’azienda agricola in provincia di Latina che teneva segregati lavoratori del Bangladesh, un ucraino e un uomo di mezza età sardo. Come quell’uomo sardo, dice Omizzolo, «esistono decine di casi documentati» di individui nati e cresciuti in Italia che per i motivi più disparati sono finiti a lavorare in condizioni di schiavitù.
«Se dovessi incontrare il vostro primo ministro e parlare del fatto che in Italia esiste la schiavitù moderna, non sarebbe la mia opinione» ha dichiarato Grace Forrest, fondatrice dell’Ong Walk Free che si occupa da 25 anni di compilare l’Indice «non si tratta di singoli aneddoti. La situazione è peggiorata rispetto all’Indice del 2018: i lavoratori sono in un contesto di crescente vulnerabilità e la risposta delle autorità è minore, soprattutto rispetto alla piaga delle agromafie. Ma anche per quanto riguarda settori insospettabili, legati alle cose che compriamo, usiamo e vendiamo i tutto il mondo sotto la prestigiosa etichetta Made in Italy, il quadro appare torbido».Si stima che tra prodotti elettronici, indumenti, prodotti eno-gastronomici, tecnologia e tessili, il giro d’affari generato dagli «schiavi moderni» in Italia sia pari a 10,9 miliardi di dollari
EUROPA
Molti i Paesi a rischio: dagli Urali al Mediterraneo non si migliora
EUROPA. Peggiore la Turchia dove il fenomeno riguarda il 15,6% della popolazione: 1.320.000 persone
In Europa e nella regione euroasiatica ci sono attualmente 6,4 milioni di persone, suddivise tra 47 stati, che possono essere definite «schiavi moderni». Il triste primato spetta alla Turchia con il 1,56% dei residenti (pari a 1.320.000 individui) che lavorano in un contesto di schiavitù. Mentre in coda c’è la Svizzera con lo 0,05%, ovvero 4 mila individui. Al terzo posto la Russia con l’1,3% della popolazione, ma con il numero più alto in assoluto di tutta la macro-regione: ben 1.899.000 persone. A seguire, ironia della sorte, l’Ucraina con il 1,28% della popolazione, pari a 559 mila cittadini.
Gli stati mitteleuropei occupano più o meno la metà della classifica e nei primi 10 il solo paese dell’Europa centro-occidentale è l’Albania, al 7° posto con l’1,18% della popolazione in condizioni di schiavitù. Tuttavia, secondo quanto si legge nel rapporto: «nonostante Albania e Georgia siano tra i paesi della regione con livelli più bassi di PIL pro capite, hanno mostrato risposte politiche alla schiavitù moderna relativamente più forti di molti Paesi più ricchi» come Islanda e Liechtenstein che invece sono molto poco attivi nel contrastare il fenomeno. Chi agisce di meno in tal senso sono Russia e Turkmenistan. Tra l’altro, nel Vecchio Continente ci sono anche due dei primi 3 Paesi più virtuosi del mondo, ovvero che rispondono con più forza al problema, e sono Gran Bretagna (al primo posto) e Olanda (al terzo). I Paesi occidentali sono in fondo alla classifica e Italia, Spagna e Francia si susseguono tra la 34° e la 37° posizione.
Tra i migliori Germania e Paesi nordici. «È importante notare – inoltre – che più della metà dei paesi della regione non dispone di leggi che riconoscano che i sopravvissuti alla schiavitù non dovrebbero essere trattati come delinquenti per la loro condotta mentre erano sotto il controllo di criminali». Questa prima distinzione, che manca in molte legislazioni e che tra l’altro viola la Convenzione europea per l’azione contro il traffico di esseri umani, spesso porta a confondere vittima e carnefice.
INTERNAZIONALE
Negli Stati Uniti raddoppiano i casi di sfruttamento. Male anche in Asia
RESTO DEL MONDO. «Nell’Indice del 2023 notiamo che il quadro sta addirittura peggiorando»
Corea del Nord, Eritrea e Mauritania sono i Paesi peggiori per rapporto tra individui in stato di schiavitù moderna e popolazione assoluta.
Tra i dati più preoccupanti, da poco entrati nelle tristi classifiche dell’Ims, tuttavia, ci sono anche i Paesi mediorientali come l’Arabia Saudita, il Qatar o gli Emirati Arabi Uniti. Grace Forrest, presidente della Ong che si occupa di redigere l’Indice, ci racconta: «ritengo che sia molto importante avere uno sguardo d’insieme. Pensiamo, ad esempio, al fatto che la Cop 28 è stata ospitata in un Paese in cui i lavoratori migranti sono largamente sfruttati. O all’Arabia saudita che ospiterà l’Esposizione universale del 2030, mentre l’ultima Coppa del Mondo in Qatar ha fatto registrare decine di migliaia di casi di abusi estremi. Nell’Indice del 2023 osserviamo che la situazione non solo non sta migliorando, ma sta addirittura peggiorando».
Ma cosa trasforma dei lavoratori in moderni schiavi? Coloro che fuggono da conflitti, disastri naturali o dalla repressione politica, o che cercano di migrare per lavoro, sono particolarmente vulnerabili allo sfruttamento. «Il numero di persone che migrano oggi è superiore a qualsiasi altro periodo negli ultimi 50 anni» continua Forrest, «il deterioramento su larga scala dei diritti civili e politici a fronte di queste crisi aumenta i rischi per coloro che sono già vulnerabili alla schiavitù moderna».
Il rapporto conferma anche che nei Paesi guidati da autocrazie o teocrazie in cui i diritti civili sono pochi e continuamente vessati sia il numero di schiavi moderni, sia il rischio che le persone si trasformino in schiavi è altissimo. Si predilige lo sfruttamento di stranieri provenienti da Paesi più poveri, tutto ciò in palese contrasto con le politiche xenofobe che questi governi quasi sempre portano avanti e non c’è da stupirsi se nei Paesi dove l’immigrazione clandestina è aumentata nell’ultimo lustro c’è stato anche un aumento della schiavitù. Solo negli Usa il numero di persone in condizioni di moderna schiavitù è raddoppiato rispetto al 2018.
SABATO ANGIERI
fonte: ilmanifesto.it - 2 gen. 2024