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“Israele viola il diritto internazionale”, intervista alla relatrice dell’Onu Francesca Albanese.

📢 LE MALETESTE 📢

16 mar 2023

Intervista a FRANCESCA ALBANESE Special Rapporteur dell'ONU
di UMBERTO DE GIOVANNANGELI + Lettera di Francesca Albanese alla Presidente Meloni

di Umberto De Giovannangeli,

Mar 15, 2023 


Una intervista che squarcia il velo di silenzi omertosi e compiacenti sulla sistematica violazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati da parte d’Israele. A parlare è Francesca Albanese, Special Rapporteur dell’ONU sulla situazione dei diritti umani nei Territori occupati. Albanese è anche Research Fellow all’International Institute of Social Studies of Erasmus University Rotterdam. Delle tematiche che sono al centro delle documentate denunce della Special Rapporteur dell’Onu, non c’è traccia alcuna nelle parole del ministro degli Esteri Antonio Tajani in questi giorni in missione in Israele e a Ramallah. Per il titolare della Farnesina la tragedia palestinese semplicemente non esiste . se non in termini di generica riproposizione di un indefinibile impegno per rilanciare un inesistente processo di pace, o, comunque, non è tale da poter perturbare il “roseo” futuro nelle relazioni Italia-Israele.



Da più parti, e non solo quella palestinese, si denuncia il regime di apartheid che Israele avrebbe instaurato.

La situazione nel territorio palestinese – invito a usare il singolare per preservare l’importanza dell’unità territoriale della Palestina, o ciò che ne resta – è estremamente complessa, volatile e violenta. È il frutto dell’incancrenirsi di un’occupazione che da quasi 56 anni opprime un intero popolo con mezzi sempre più sofisticati, in violazione dei trattati internazionali e nell’impunità più totale. A Gaza, due milioni di persone vivono sotto assedio e spesso sotto attacco militare di Israele. In Cisgiordania, alla presenza dei militari israeliani si aggiunge quella di 750 mila coloni e per garantire la loro sicurezza i diritti fondamentali dei palestinesi sono violati sistematicamente. Gerusalemme è illegalmente considerata ‘annessa’ allo stato di Israele contro la stessa Carta dell’Onu. Le risorse del territorio occupato sono utilizzate a beneficio esclusivo di Israele, non esistono diritti civili e politici perché non c’è attività politica che non sia passata al vaglio o che non venga soppressa da Israele e, spesso, anche dalle autorità palestinesi. Persino esporre in pubblico la bandiera palestinese è proibito perché, nella logica dell’occupante e del colonizzatore, l’identità nazionale palestinese è una minaccia per quella di Israele. Questo regime è incontrovertibilmente apartheid: adesso la comunità internazionale comincia a prenderne consapevolezza, anche se i paesi occidentali fanno fatica anche solo a considerare l’utilizzo del termine nei confronti dello stato di Israele. Io sostengo che il crimine di apartheid costituisca un elemento analitico necessario ma non sufficiente, giacché chiede l’uguaglianza, ma non mette in discussione la mancanza di sovranità di Israele sul territorio che occupa dal 1967. Chiedere uguaglianza tra coloni e palestinesi, tra occupanti e occupati, non ha senso dal punto di vista legale.


Come definirebbe quindi ciò che accade?

Il concetto che a mio parere meglio si adatta alla situazione è quello di colonialismo d’insediamento (settler-colonialism). Un termine che descrive il controllo da parte di un popolo su di un altro a mezzo di presenza fisica del colonizzatore, con intento acquisitivo, segregante e repressivo. È quello che è successo in Algeria, in Sudafrica, in Canada, negli Stati Uniti e in Australia, con il trasferimento massiccio di coloni europei e la sottomissione delle popolazioni indigene locali. Ed è quello che sta succedendo in Cisgiordania e a Gerusalemme Est: si cacciano i palestinesi per sostituirli con una minoranza di israeliani, spesso originari dell’America o dell’Europa, che arrivano con la missione ideologico-colonizzatrice di ‘riprendersi la terra che Dio ha promesso loro.’ Anche Gaza rientra in questa logica come riserva, parte del territorio dove ammassare e rinchiudere i nativi sgraditi, invisi al colonizzatore.


La legalità internazionale s’invera nelle risoluzioni Onu, nel diritto internazionale, nel diritto umanitario, nelle delibere assunte dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, nella Convenzione di Ginevra sulla guerra. Cosa ne è della legalità internazionale in Palestina?

La giustizia in merito alla Palestina è più vicina agli interessi geopolitici degli Stati occidentali, ma questo deve cambiare e bisogna ri-orientarla verso il diritto internazionale. Non può esserci pace senza libertà e pieno godimento dei diritti e delle libertà fondamentali di tutti e tutte.


Israele e i suoi sostenitori in Italia la accusano di essere parziale, “filopalestinese”, e di non avere l’equilibro necessario per ricoprire l’importante incarico che assolve.

Il mio ruolo mi impone di condurre inchieste in modo imparziale ed indipendente, e di relazionare in modo onesto e trasparente sul contenuto delle mie osservazioni alla luce del diritto internazionale; ed è quello che faccio. Israele è potenza occupante nel territorio palestinese dal 1967 e opera marcatamente al di fuori di ciò che è permesso dal diritto internazionale. Non è un caso che il mio mandato, creato nel 1993, mi obblighi a relazionare sulle violazioni del diritto internazionale commesse da Israele. Ciò nonostante, io ho chiarito dal principio del mio mandato che intendo esaminare le violazioni commesse da chiunque nel territorio palestinese occupato, incluso le autorità palestinesi. La questione della mia presunta parzialità ha altra matrice…


Quale?

Le campagne diffamatorie contro il mio mandato sono solo l’esempio più recente di una campagna globale guidata da Israele e dai suoi sostenitori, con l’obiettivo di distrarre la comunità internazionale dai potenziali crimini di guerra e crimini contro l’umanità che Israele commette ogni giorno e per cui è sotto inchiesta dalla Corte Penale Internazionale. Citando il mio collega Nils Melzer, il precedente Relatore Speciale sulla tortura, “Se un governo si rifiuta di impegnarsi in un dialogo costruttivo e viola ripetutamente i suoi obblighi in modo grave, allora c’è un punto in cui devo rendermi impopolare e mobilitare il pubblico. Qualsiasi altra cosa mi renderebbe un traditore del mio mandato.”


Nel giustificare le azioni condotte in Cisgiordania e a Gaza, Israele invoca il diritto di difesa dalla minaccia terroristica.

Israele è la potenza occupante – in quanto tale, è ossimorico che invochi il diritto all’autodifesa ‘in bianco’ contro il popolo che sta tenendo sotto occupazione da quasi 56 anni. Vorrei ricordare inoltre che la creazione di gruppi ritenuti terroristici, Hamas in primis, è stata sostenuta da Israele stesso – Hamas, per l’appunto, è stato aiutato a crescere e ad inserirsi nella scena politica palestinese da Israele, per contrastare una forza politica (guidata da forze laiche) in grado di unire tutto il popolo palestinese, volutamente frammentato da Israele. Tale unità rappresentava una minaccia per Israele, che invece ha sempre mirato a rompere e prevenire una simile realtà politica, elemento fondante del diritto all’autodeterminazione. Inoltre, dal 22 Novembre 1967, quando il Consiglio di Sicurezza ha ordinato l’immediato ritiro delle forze di occupazione israeliane dal territorio palestinese, in quanto tale occupazione non ha ragion d’essere. Tale ordine, incessantemente rinnovato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU (ultima risoluzione: 2234 del 2016), viene continuamente ignorato da Israele, che rafforza la sua stretta sul territorio palestinese ostentando, ancora una volta, la lettura apologetica di una guerra difensiva, presupponendo equivalenti interessi, poteri e mezzi da entrambe le parti.


Sul piano umano, cosa l’ha più colpita nell’esperienza che sta conducendo?

Mi colpisce l’ignoranza dei fatti fondanti della questione israelo-palestinese, l’uso arbitrario della legge internazionale e, ancora di più, la mancanza di empatia con il popolo palestinese. Ma mi colpisce anche la solidarietà di tanti nei confronti del mio mandato. Io credo nella forza delle leggi, nella potenza della ragione umana, e spero che tutto questo sinergicamente funzioni prima o poi.



da: https://www.ilriformista.it/israele-viola-il-diritto-internazionale-intervista-a-francesca-albanese-348169/



 



Presidente Meloni, Gerusalemme non può essere la capitale di Israele


La relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei territori palestinesi occupati scrive una lettera aperta alla presidente Meloni: riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele significherebbe rendersi complici di una grave e insanabile violazione del diritto internazionale che sancisce il divieto di acquisizione territoriale attraverso l’uso della forza.



di: Francesca Albanese

10-03-2023


Presidente Meloni,in occasione della visita in Italia del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, apprendo da quotidiani israeliani vicini al Governo che il premier chiederà alla controparte italiana di riconoscere Gerusalemme capitale dello Stato di Israele e di rafforzare la cooperazione economica tra i due paesi, soprattutto in materia di gas ed energie naturali.


In qualità di Relatrice speciale delle Nazioni unite sulla situazione dei diritti umani nel territorio palestinese occupato dal 1967, mi preme sollevare, in punto di diritto, l’assoluta inammissibilità di tale richiesta: chiede il riconoscimento di una situazione illegale (l’annessione di Gerusalemme) come contropartita a un’altra situazione potenzialmente illegale (il commercio di risorse provenienti dal territorio occupato).


Gerusalemme, che dal 1947 l’Onu considera corpus separatum da amministrare a mezzo di una presenza internazionale, è considerata da Israele la propria «capitale indivisa», e quindi annessa al proprio territorio, sin dagli albori dell’occupazione di Gaza e Cisgiordania (comprendente Gerusalemme) nel 1967. Il diritto internazionale proibisce tassativamente l’annessione del territorio occupato. Tale illegalità è insanabile, poiché tocca uno dei cardini dell’ordine internazionale: il divieto di acquisizione territoriale attraverso l’uso della forza. Tale divieto, sancito nelle Convenzioni di Ginevra e nello Statuto di Roma, e pilastro portante della Carta delle Nazioni Unite, è incessantemente riaffermato dal Consiglio di Sicurezza Onu (ultima risoluzione: 2234 del 2016). L’assolutezza di tale norma risponde a un valore universale: che sia la forza del diritto, non l’arbitrio del più forte, a definire i rapporti internazionali.


Lo stesso ordine giuridico vieta agli Stati di riconoscere nei propri rapporti gli effetti di un grave illecito internazionale, favorendone commissione o continuazione. Per questo il Consiglio di Sicurezza chiede agli Stati di astenersi dal riconoscere qualsiasi esercizio di sovranità israeliana su Gerusalemme, come ad esempio l’instaurazione di relazioni diplomatiche (e a revocarle qualora già intraprese). Significa che se l’Italia riconoscesse Gerusalemme capitale dello Stato d’Israele, si renderebbe complice di un grave illecito internazionale. Verrebbe meno all’art. 10 della propria Costituzione, che impone di conformarsi al diritto internazionale. La tradizione diplomatica dell’Italia ha storicamente dato prova di poter agire in modo imparziale, oggettivo, e costituzionalmente orientato, mantenendo solidi rapporti con Israele, ma anche difendendo i diritti fondamentali del popolo palestinese, primo fra tutti quello all’autodeterminazione.


Rifiutare la richiesta di Israele non solo è in linea con il diritto e la storia dell’Italia democratica, ma anche con l’attuale politica europea in risposta al conflitto in Ucraina, anch’essa vittima di un’aggressione violenta e di un’occupazione illegale.


A tal riguardo, nel 2022, l’Italia ha promosso un piano di sostituzione delle importazioni di energia dalla Russia, in linea con il diritto internazionale che obbliga gli Stati ad adottare misure politiche, economiche e diplomatiche per arginare gli effetti dei gravi illeciti internazionali. È dunque ragionevole confidare che lo stesso trattamento riservato alla Russia, portante sul diritto internazionale, venga applicato anche a Israele, dacché entrambi peccano della stessa condotta. Inoltre, ciò che Israele offre come contropartita – gas e risorse naturali – va anche soppesato: parte del gas israeliano viene estratto dalle acque della Striscia di Gaza, nelle quali Israele limita l’accesso dei palestinesi, gli unici sovrani delle risorse naturali nella Palestina occupata. Il saccheggio costituisce un ulteriore crimine di guerra.


Come il popolo ucraino, Presidente, anche quello palestinese, a Gaza, in Cisgiordania e Gerusalemme, è sotto occupazione. L’occupazione israeliana – che impedisce con violenza l’esercizio dei più elementari diritti e insedia centinaia di migliaia di cittadini in territorio occupato – è ormai giudicata illegale da studiosi e organizzazioni internazionali. Alla posizione dell’Italia in merito è affidato anche un messaggio ad altre potenze: se si rinuncia del tutto al diritto internazionale nei confronti di qualche Stato, come si potrà invocarlo contro chi, per ipotesi la Russia, decidesse un domani di trasferire 750.000 cittadini russi in Donbass, e in virtù di quella presenza considerarla come parte dello Stato russo?



da: volerelaluna.it . - 10 marzo 2023


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