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Cosa ci guadagnano gli Stati Uniti a proteggere Israele dalle sue responsabilità all’ONU

# LE MALETESTE #

27 feb 2023

"Quasi tutti i paesi del mondo hanno considerato la continua occupazione israeliana dei territori palestinesi una violazione del diritto internazionale.... (B. Obama)
di MICHAEL LYNK

Cosa ci guadagnano gli Stati Uniti a proteggere Israele dalle sue responsabilità all’ONU?


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Il 20 febbraio scorso, il Consiglio di Sicurezza ha adottato all’unanimità una blanda e non vincolante Dichiarazione Presidenziale, in cui si esprime “profonda preoccupazione e sgomento” per l’annuncio del nuovo governo israeliano, all’inizio del mese, di legittimare nove avamposti di insediamento e di approvare più di 10.000 nuove unità abitative negli insediamenti della Cisgiordania occupata. La non vincolante Dichiarazione Presidenziale è stata adottata dopo che gli Stati Uniti hanno minacciato di porre il veto a una risoluzione molto più forte e legalmente vincolante proposta dagli Emirati Arabi Uniti, uno dei 10 membri a rotazione del Consiglio di Sicurezza.

La risoluzione degli Emirati Arabi Uniti avrebbe condannato gli insediamenti israeliani come una “flagrante violazione del diritto internazionale”, facendo eco a precedenti risoluzioni adottate dal Consiglio di Sicurezza.

Secondo fonti vicine ai lavori del Consiglio di Sicurezza, la risoluzione proposta dagli Emirati Arabi Uniti aveva l’approvazione di 12 dei 15 membri del Consiglio, con il Regno Unito e l’Albania in bilico e solo gli Stati Uniti pronti a votare contro.


A differenza della risoluzione accantonata e di molte risoluzioni precedenti del Consiglio, la Dichiarazione Presidenziale, per lo più simbolica, non ha fatto alcun riferimento all’illegalità degli insediamenti israeliani, né al consolidato principio del Consiglio di Sicurezza sull’inammissibilità dell’acquisizione di territorio con la forza, né all’annessione in corso del territorio palestinese da parte di Israele.

Inoltre, il passaggio della risoluzione degli Emirati Arabi Uniti, in cui si affermava che Israele deve cessare tutte le attività di insediamento, è assente dalla Dichiarazione Presidenziale. Il paragrafo più lungo della Dichiarazione si concentra sul terrorismo palestinese, ma non fa alcuna critica ai crescenti livelli di violenza commessi dall’esercito israeliano contro i palestinesi negli ultimi anni.

Solo nei primi due mesi del 2023, almeno 62 palestinesi sono stati uccisi dall’esercito, dalla polizia israeliana o dai coloni israeliani a Gerusalemme Est e in Cisgiordania. Nello stesso periodo, 10 israeliani e un ucraino sono stati uccisi da palestinesi.



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Diverse fonti di informazione hanno indicato che il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha negoziato un’intesa di fondo per garantire il ritiro della bozza di risoluzione degli Emirati Arabi Uniti e la sua sostituzione con la Dichiarazione Presidenziale, molto più blanda.

Secondo quanto riferito, il governo israeliano sarà autorizzato ad andare avanti con molte delle nuove unità abitative attualmente proposte e con la legittimazione della maggior parte degli avamposti di insediamento designati, ma farà una pausa di almeno tre mesi prima di procedere con l’espansione degli insediamenti.

Sebbene questi avamposti di insediamento siano illegali anche secondo la legge israeliana, sono potuti fiorire perché il governo israeliano ha ignorato le proprie leggi. Una volta insediati, l’esercito israeliano ha difeso questi avamposti e il governo li ha dotati di strade, servizi pubblici e altri servizi.

A quanto pare, Israele ha anche accettato di ridurre il numero di demolizioni di case palestinesi, sfratti e incursioni militari durante questo periodo di pausa.



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La punta estrema della protezione americana a favore di Israele in seno al Consiglio di Sicurezza si è manifestata nelle risoluzioni di condanna degli insediamenti israeliani. Gli insediamenti sono il motore dell’occupazione israeliana, i “fatti sul campo” per l’incombente ricerca di Israele di annettere la Cisgiordania e sono la fonte di molte delle violazioni dei diritti umani contro i palestinesi che vivono a Gerusalemme Est e in Cisgiordania.

L’illegalità degli insediamenti israeliani è anche una delle questioni più consolidate del diritto internazionale moderno, essendo stata affermata dalla Corte Internazionale di Giustizia, dall’Assemblea Generale, dal Consiglio per i diritti umani, dal Comitato internazionale della Croce Rossa, dalle Alte Parti contraenti della Quarta Convenzione di Ginevra, da Amnesty International e da Human Rights Watch, tra molti altri.

Nel dicembre 2016, il Consiglio di Sicurezza ha adottato la risoluzione 2334, con l’astensione dell’amministrazione Obama, in cui si afferma che gli insediamenti sono “una flagrante violazione del diritto internazionale” e si chiede a Israele di “cessare immediatamente e completamente tutte le attività di insediamento”. La risoluzione richiedeva inoltre che il Segretario Generale delle Nazioni Unite riferisse ogni tre mesi al Consiglio di Sicurezza sulla sua attuazione.  


I 24 rapporti trimestrali consegnati al Consiglio di Sicurezza da allora, sia da Guterres che dal coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, hanno tutti affermato che Israele non ha fatto alcun passo per rispettare gli obblighi previsti dalla Risoluzione 2334. Quando è stata adottata, poco più di sei anni fa, c’erano circa 400.000 coloni israeliani in Cisgiordania e altri 215.000 a Gerusalemme Est. Oggi i coloni israeliani sono 500.000 in Cisgiordania e circa 235.000 a Gerusalemme Est.


Se Israele, in quanto potenza occupante che punta all’acquisizione di terra, capisce che nessuna conseguenza deriverà dai suoi fatti sul terreno, allora non ci si deve aspettare che uno qualsiasi degli obiettivi dichiarati nella blanda Dichiarazione Presidenziale del 20 febbraio –l'”incrollabile impegno del Consiglio di Sicurezza verso la visione della soluzione dei due-stati in cui due Stati democratici, Israele e Palestina, vivono fianco a fianco in pace”– venga mai raggiunto.

Come ha scritto Shibley Telhami nel 2021 a proposito della relazione sui generis tra Stati Uniti e Israele, “se un presidente americano non è in grado di far leva su questo sostegno straordinario e senza precedenti per portare avanti i valori fondamentali dell’America, che speranza c’è di avere successo altrove?”.



MICHAEL LYNK

Michael Lynk è stato Relatore Speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi occupati, dal 2016 al 2022. Ha insegnato presso la Facoltà di Giurisprudenza della Western University in Ontario dal 1999 al 2022. Recentemente è stato coautore di “Protecting Human Rights in Occupied Palestine: Working through the United Nations”, con Richard Falk e John Dugard.



da: DAWN, 24 febbraio 2023

Tradotto da: assopacepalestina.org 25 feb. 2023

Foto di copertina: L'insediamento israeliano di Givat Zeev, vicino alla città palestinese di Ramallah nella Cisgiordania occupata, 3 febbraio 2023. (Foto di Ahmad Gharabli/AFP via Getty Images)

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