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HAMAS. La versione di Hamas

🌈 LE MALETESTE 🌈

24 gen 2024

Hamas ha pubblicato un documento che costituisce una sorta di resoconto aperto in cui presenta le ragioni dell’attacco, i suoi successi così come i suoi fallimenti, con alcune dichiarazioni di vasta portata.
Il punto di vista di uno studioso israeliano, MENECHEM KLEIN, + il documento ufficiale di Hamas in appendice, tradotto da ASSOPACE PALESTINA.

La lotta per la propaganda, la versione di Hamas


Sullo sfondo delle dure critiche internazionali e interne palestinesi subite da Hamas in seguito all’attacco del 7 ottobre, l’organizzazione ha pubblicato un documento che costituisce una sorta di resoconto aperto in cui presenta le ragioni dell’attacco, i suoi successi così come i suoi fallimenti, con alcune dichiarazioni di vasta portata.

Menachem Klein

23.1.2024


Il barbaro attacco condotto da Hamas il 7 ottobre e la brutale vendetta contro tutti i residenti della Striscia di Gaza che Israele sta conducendo fino ad oggi sono eventi senza precedenti di una gravità senza precedenti, scioccanti e sconvolgenti. I pochi israeliani che credevano che Hamas avesse subito un cambiamento politico dal 2017 hanno fatto marcia indietro. Lo stesso hanno fatto i funzionari governativi occidentali che hanno condotto un dialogo diretto o indiretto con Hamas, sostenendo che i crimini commessi dai suoi agenti il 7 ottobre sono stati commessi a causa della sua adesione all'Islam fondamentalista in stile ISIS. La maggior parte dell'opinione pubblica israeliana giustifica la dura vendetta di Israele e sostiene persino la sua escalation fino al punto di deportare tutti i residenti di Gaza in Egitto e demolire gli edifici che rimangono ancora intatti.


Le reazioni nell'opinione pubblica palestinese sono varie e possono coesistere in una stessa persona. Nei forum chiusi, Hamas è criticato per gli ingenti danni ai civili e per il rapimento di donne e bambini. C'è anche rabbia nei confronti di Hamas per non aver tenuto conto delle terribili uccisioni e distruzioni che Israele avrebbe inflitto in risposta, ritenendo così il movimento responsabile dei terribili risultati della guerra.


Allo stesso tempo, c'è orgoglio nel fatto che nessuna organizzazione palestinese o stato arabo abbia colpito Israele con tale forza dal 1948, o abbia trasformato il conflitto israelo-palestinese in un conflitto regionale e internazionale così ampio. In netto contrasto con le carenze personali dei membri di Fatah e dell'Autorità Palestinese, che collaborano con l'occupazione, i combattenti di Hamas hanno messo a nudo la superpotenza tecnologica e di intelligence con armi semplici, una pianificazione meticolosa e un'organizzazione motivata, e c'è anche un'espressione di soddisfazione per il fatto che Israele stia vivendo la sofferenza che i palestinesi stanno vivendo da molti anni. Sensazioni e pensieri che sono mescolati e contraddittori l'uno con l'altro.


Al fine di riconciliare un po' le contraddizioni, il discorso palestinese intensifica i resoconti dei media israeliani e stranieri sull'uccisione di civili israeliani da parte dell'IDF (esercito israeliano, NdR) , e attribuisce la maggior parte dei crimini di guerra commessi il 7 ottobre ad una folla in rivolta che si è infiltrata da Gaza in Israele seguendo i combattenti e al collasso generale del sistema di difesa israeliano.

La domanda alla fine del contorto labirinto è: cosa vuole ottenere Hamas? – Rimane sospeso nell'aria. Sullo sfondo, naturalmente, c'è la campagna di propaganda israeliana nelle capitali del mondo, che mette in evidenza i crimini di guerra di Hamas. Israele è riuscito a convincere le istituzioni politiche in Occidente, ma l'aggressività disumana dell'esercito restituisce a Israele come un boomerang la critica delle masse.


La leadership politica di Hamas sente di dover rendere conto all’opinione pubblica palestinese e ai suoi sostenitori in tutto il mondo. Lo fa in un documento pubblicato all'inizio di questa settimana in arabo e in inglese, intitolato "La nostra narrazione – Operazione Al-Aqsa Flood". Si tratta di un documento ufficiale, graficamente ben progettato e accurato nei dettagli, firmato dall'Ufficio Stampa di Hamas. Ha 16 pagine contenenti cinque capitoli concisi. Non si tratta di improvvisazione, ma di un lavoro elaborato; Per Hamas è importante che la sua versione della guerra sia ascoltata e compresa, non solo dai palestinesi, ma anche nei corridoi politici internazionali.


Il documento segue le linee del documento Principi e Politiche del 2017  e non segue in alcun modo i principi e il linguaggio della Carta islamica del 1988. In contrasto con il contesto antisemita-islamico in cui Israele colloca Hamas, il documento sottolinea che il movimento sta combattendo il sionismo, non gli ebrei, e si oppone all'assoluta identificazione che Israele fa tra ebraismo e sionismo. Hamas si sforza di negare l'accusa di antisemitismo fino al punto di affermare che si oppone alla soppressione del diritto di ogni persona a una definizione nazionale, religiosa o di gruppo. Questa è un'affermazione di vasta portata, poiché solleva la questione del perché il movimento si opponga all'autodeterminazione degli ebrei. Inoltre, mostra quanto il documento sia lontano dalla Carta islamica. La fede religiosa non accetta l'autorità dell'uomo, ma lo sottomette all'autorità di Allah. Il centro di gravità della Carta islamica è la Parola di Dio, che la Carta cita ampiamente, non le convenzioni universali. Va notato che in questo modo, Hamas differisce dal sionismo religioso e da Otzma Yehudit, la cui visione politica del mondo si basa sulla religiosità tribale piuttosto che sui valori universali.


In due punti del documento, il movimento si presenta, come nel 2017, come un movimento di liberazione nazionale, la cui legittimità deriva dal diritto all'autodeterminazione. Ma solo una volta aggiunge il titolo "islamico" alla sua caratterizzazione di movimento di liberazione nazionale. L'Islam dà un tocco, ma non è un principio esclusivo o decisivo nella sua politica. Il significato politico della liberazione nazionale è stato discusso da Khaled Mashaal in una recente intervista. Il movimento, ha dichiarato Mashaal, si rifiuta di legittimare Israele all'interno dei confini del 1948 come parte della soluzione dei due Stati, perché così facendo rinuncia al suo legame e al suo diritto storico di governare questo territorio. Anche se è un sogno, non ci rinuncia. Allo stesso tempo, ha detto Mashaal, nel documento del 2017, Hamas ha riconosciuto che il consenso nazionale, arabo e internazionale sosteneva la creazione di uno stato entro i confini del 1967 con Gerusalemme Est come capitale. Hamas lo accetta a condizione che non vi sia alcuna rinuncia al diritto al ritorno. E' importante sottolineare che non si tratta di un ritorno al piano graduale dell'OLP del 1974, poiché Hamas condiziona la realizzazione del sogno all'esistenza di un consenso interno, arabo e internazionale, mentre nel piano graduale dell'OLP, la transizione tra le fasi restava aperta e non condizionata da fattori politici occasionali.


Hamas osserva nel documento appena pubblicato che la sua lotta non è solo contro l'occupazione dei territori del 1967. Il resoconto storico che fa si concentra sul sionismo coloniale, che ha espropriato i palestinesi della loro patria anche nei territori del 1948. Questo è il contesto generale del suo attacco effettuato il 7 ottobre. Il contesto concreto è la necessità di rompere la morsa imposta da Israele alla Striscia di Gaza dal 2007 con il sostegno attivo o passivo dell'Occidente, e il grave, deliberato e continuo danno di Israele ai civili. Il documento esprime un acuto senso di mancanza di scelta: Israele ha ostacolato gli accordi di Oslo e dichiara apertamente la sua opposizione ad uno Stato palestinese. L'estrema destra che governa Israele progetta di annettere i territori del 1967 e di deportarne gli abitanti, e il mondo tace. Era imperativo prendere l'iniziativa, affrontare coraggiosamente l'occupazione. L'indipendenza sarà raggiunta solo attraverso una lotta eroica.


Come l'opinione pubblica palestinese in generale, i crimini commessi il 7 ottobre mettono in imbarazzo anche Hamas, e il movimento si sente obbligato a ripudiarli. Osserva che, in conformità con i valori islamici, sono state date istruzioni di non fare del male a donne, bambini e anziani. I combattenti di Hamas non hanno violentato le donne o massacrato i bambini. L'obiettivo dell'attacco era colpire obiettivi militari e prendere prigionieri solo i soldati che, secondo Hamas, erano uomini che non erano troppo vecchi per servire nelle riserve o essere membri di una squadra di allerta. Se c'è stato un danno alla popolazione non combattente, è stato causato accidentalmente durante un conflitto militare difficile da controllare. È possibile, osserva Hamas, che le sue forze abbiano sbagliato nel loro modo di operare, ma questi errori sono stati commessi a causa del rapido e inaspettato collasso del sistema di difesa israeliano e del caos che ne è seguito. Per rafforzare la sua affermazione, il documento rileva che Hamas si è comportato in modo equo nei confronti dei prigionieri civili, come testimoniato dagli ostaggi che sono stati rilasciati. È l'esercito israeliano che prende sistematicamente di mira i civili, e pesanti bombardamenti hanno ucciso anche 60 prigionieri. Vale la pena notare che, in contrasto con il discorso palestinese, che tende a incolpare la folla di Gaza che si è infiltrata in Israele seguendo i combattenti per crimini di guerra, il documento di Hamas si astiene dal farlo. Il movimento non vuole creare alienazione tra sé e la popolazione.


Il documento di Hamas si rivolge anche alla comunità politica internazionale. In primo luogo, ciò è espresso nella dichiarazione secondo cui il movimento è pronto affinché la Corte Penale Internazionale indaghi sul suo ruolo e su quello di Israele nel provocare danni ai civili. In secondo luogo, Hamas chiede che la comunità internazionale faccia pressione su Israele affinché ponga fine all'occupazione e smetta di esonerarlo dall'obbligo di obbedire al diritto internazionale. Infine, alludendo alle intense discussioni del giorno dopo, Hamas osserva che solo l'opinione pubblica palestinese ha il diritto di decidere il futuro della Striscia di Gaza e chi la gestirà. Questa è un'affermazione importante a cui prestare attenzione quando si pianifica “il giorno dopo”. Hamas non chiede di rimanere al potere a qualsiasi condizione, ma di indire elezioni. Se non per vincerle, spera almeno di ottenere un risultato significativo che gli dia un punto d'appoggio al potere. Inoltre, Fatah e l'Autorità palestinese non sono affatto menzionate nel documento. In altre parole, alla luce delle discussioni nel sistema internazionale sull'ingresso di un'Autorità Palestinese migliorata nella Striscia di Gaza, Hamas non esclude a priori il ritorno dell'Autorità Palestinese, se questo è ciò che deciderà il popolo. Questa dichiarazione contiene anche un avvertimento: qualsiasi istituzione: qualsiasi istituzione, che non riceva il sostegno pubblico, sarà considerata collaboratrice dell'occupazione e diventerà di conseguenza un bersaglio che può essere colpito.


MENACHEM KLEIN*

fonte: (ISR) mekomit.co.il - 23 gen. 2024

traduzione: LE MALETESTE

*Menachem Klein è professore emerito di Scienze Politiche presso l'Università Bar-Ilan (ISR). Klein è stato consigliere della delegazione israeliana nei negoziati con l'OLP nel 2000 ed è stato uno dei leader dell'Iniziativa di Ginevra.


 



Il documento politico-ideologico pubblicato da Hamas:

“La nostra posizione. L’Operazione Al-Aqsa Flood”

Gen 22, 2024 | Notizie

dall’Ufficio Stampa di Hamas,

21 gennaio 2024. 


Nel nome di Allah, il Buono, il Misericordioso

Il nostro tenace popolo palestinese,

Le nazioni arabe e islamiche,

I popoli liberi di tutto il mondo e coloro che si battono per la libertà, la giustizia e la dignità umana.


Alla luce dell’aggressione israeliana in corso nella Striscia di Gaza e nella Cisgiordania, e mentre il nostro popolo continua la sua battaglia per l’indipendenza, la dignità e la liberazione dalla più lunga occupazione mai esistita, durante la quale ha dato le migliori dimostrazioni di coraggio ed eroismo nell’affrontare la macchina omicida e l’aggressione israeliana, vorremmo chiarire al nostro popolo e ai popoli liberi del mondo la realtà di ciò che è accaduto il 7 ottobre, le motivazioni che ne sono alla base, il suo contesto generale relativo alla causa palestinese, nonché una confutazione delle accuse israeliane al fine di mettere i fatti in prospettiva.

Contenuti

Primo: Perché l’operazione Al-Aqsa Flood?                                                                                   

Secondo: Gli eventi dell’operazione Al-Aqsa Flood e le risposte alle accuse israeliane  

Terzo: Verso un’indagine internazionale trasparente

Quarto: Un promemoria per il mondo: chi è Hamas?                                                                      

Quinto: Cosa è necessario fare?   

                                                                                                   

Primo: Perché l’operazione Al-Aqsa Flood?

1. La battaglia del popolo palestinese contro l’occupazione e il colonialismo non è iniziata il 7 ottobre, ma è iniziata 105 anni fa, considerando 30 anni di colonialismo britannico e 75 anni di occupazione sionista. Nel 1918, il popolo palestinese possedeva il 98,5% della terra di Palestina e rappresentava il 92% della popolazione nella terra di Palestina. Mentre gli ebrei, portati in Palestina con campagne di immigrazione di massa in coordinamento tra le autorità coloniali britanniche e il Movimento Sionista, riuscirono a prendere il controllo di non più del 6% delle terre della Palestina e ad essere il 31% della popolazione prima del 1948, quando l’entità sionista fu annunciata nella terra storica della Palestina. A quel punto, al popolo palestinese fu negato il diritto all’autodeterminazione e le bande sioniste si impegnarono in una campagna di pulizia etnica contro il popolo palestinese con l’obiettivo di espellerlo dalle sue terre e dalle sue aree. Di conseguenza, le bande sioniste si impadronirono con la forza del 77% della terra di Palestina, dove espulsero il 57% del popolo palestinese, distrussero più di 500 villaggi e città palestinesi e commisero decine di massacri contro i palestinesi, che culminarono con la creazione dell’entità sionista nel 1948. Inoltre,  continuando la loro aggressione, nel 1967 le forze israeliane occuparono il resto della Palestina, tra cui la Cisgiordania, la Striscia di Gaza e Gerusalemme, oltre ai territori arabi intorno alla Palestina.

2. In questi lunghi decenni, il popolo palestinese ha subito ogni tipo di oppressione, ingiustizia, espropriazione dei suoi diritti fondamentali e politiche di apartheid. La Striscia di Gaza, ad esempio, ha sofferto per 17 anni, a partire dal 2007, di un blocco soffocante che l’ha trasformata nella più grande prigione a cielo aperto del mondo. Il popolo palestinese di Gaza ha subito anche cinque aggressioni belliche distruttive, in cui “Israele” era l’aggressore. Nel 2018 la popolazione di Gaza ha anche dato vita alle manifestazioni della Grande Marcia del Ritorno, per protestare pacificamente contro il blocco israeliano, le proprie miserevoli condizioni umanitarie e per chiedere il diritto al ritorno. Tuttavia, le forze di occupazione israeliane hanno risposto a queste proteste con la forza brutale, uccidendo 360 palestinesi e ferendone altri 19.000, tra cui oltre 5.000 minori, nel giro di pochi mesi.

3. Secondo i dati ufficiali, nel periodo compreso tra gennaio 2000 e settembre 2023, l’occupazione israeliana ha ucciso 11.299 palestinesi e ne ha feriti altri 156.768, la maggior parte dei quali erano civili. Purtroppo, l’amministrazione statunitense e i suoi alleati non hanno prestato attenzione alle sofferenze del popolo palestinese negli ultimi anni, ma hanno fornito copertura all’aggressione israeliana. Si sono limitati a deplorare l’uccisione di soldati israeliani  avvenuta il 7 ottobre, senza cercare la verità su quanto accaduto, e si sono ingiustamente schierati dietro la narrazione israeliana nel condannare un presunto attacco ai civili israeliani. L’amministrazione statunitense ha fornito il sostegno finanziario e militare ai massacri dell’occupazione israeliana contro i civili palestinesi e alla brutale aggressione alla Striscia di Gaza; i funzionari statunitensi continuano ancora a ignorare ciò che le forze di occupazione israeliane stanno commettendo a Gaza con uccisioni di massa.

4. Le violazioni e le brutalità israeliane sono state documentate da molte organizzazioni delle Nazioni Unite e da gruppi internazionali per i diritti umani, tra cui Amnesty International e Human Rights Watch, e sono state documentate anche da gruppi israeliani per i diritti umani. Tuttavia, questi rapporti e testimonianze sono stati ignorati e l’occupazione israeliana non è ancora stata chiamata a risponderne. Ad esempio, il 29 ottobre 2021, l’ambasciatore israeliano all’ONU Gilad Erdan ha insultato il sistema delle Nazioni Unite strappando un rapporto per il Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU durante un discorso all’Assemblea Generale e gettandolo in una pattumiera prima di lasciare il podio. Eppure, l’anno successivo – 2022 – è stato nominato vicepresidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

5. L’amministrazione statunitense e i suoi alleati occidentali hanno sempre trattato Israele come uno stato al di sopra della legge; gli forniscono la copertura necessaria per continuare a prolungare l’occupazione e a reprimere il popolo palestinese, permettendo inoltre a “Israele” di sfruttare questa situazione per espropriare altre terre dei palestinesi e per giudaizzare i loro simboli sacri e i loro luoghi santi. Nonostante le Nazioni Unite abbiano emesso più di 900 risoluzioni negli ultimi 75 anni a favore del popolo palestinese, “Israele” si è rifiutato di rispettare una qualsiasi di queste risoluzioni e il VETO degli Stati Uniti è sempre stato presente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per impedire qualsiasi condanna alle politiche e alle violazioni di “Israele”. Ecco perché consideriamo gli Stati Uniti e altri paesi occidentali complici e partner dell’occupazione israeliana nei suoi crimini e nella continua sofferenza del popolo palestinese.

6. Consideriamo ora il cosiddetto “processo di insediamento pacifico”. Nonostante gli accordi di Oslo firmati nel 1993 con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) prevedessero la creazione di uno Stato palestinese indipendente in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, “Israele” ha sistematicamente distrutto ogni possibilità di istituire lo Stato palestinese, attraverso un’ampia campagna di costruzione di insediamenti e di ebraicizzazione delle terre palestinesi nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme. Dopo 30 anni, i sostenitori del processo di pace si sono resi conto di aver raggiunto un’impasse e che tale processo aveva avuto risultati catastrofici per il popolo palestinese.

I funzionari israeliani hanno confermato in diverse occasioni il loro assoluto rifiuto alla creazione di uno stato palestinese. Appena un mese prima dell’Operazione Al-Aqsa Flood, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha presentato una mappa del cosiddetto “Nuovo Medio Oriente”, raffigurante “Israele” che si estende dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo, comprese la Cisgiordania e Gaza. Il mondo intero, dalla tribuna dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha assistito in silenzio al suo discorso pieno di arroganza e di ignoranza nei confronti dei diritti del popolo palestinese.

7. Dopo 75 anni di implacabile occupazione e sofferenza, e dopo il fallimento di tutte le iniziative per la liberazione e la restituzione al nostro popolo, e anche dopo i risultati disastrosi del cosiddetto processo di pace, cosa si aspettava il mondo dal popolo palestinese riguardo a quanto segue?:

♦ I piani di Israele per ebraicizzare la santa Moschea di Al-Aqsa, i suoi tentativi di divisione temporale e spaziale, nonché l’intensificarsi delle incursioni dei coloni israeliani nella santa moschea;

♦ Le pratiche del governo israeliano estremista e di destra, che sta praticamente compiendo passi verso l’annessione dell’intera Cisgiordania e di Gerusalemme alla cosiddetta “sovranità di Israele”, mentre i piani ufficiali israeliani prevedono l’espulsione dei palestinesi dalle loro case e aree;

♦ Le migliaia di detenuti palestinesi nelle carceri israeliane che subiscono la privazione dei loro diritti fondamentali, nonché aggressioni e umiliazioni sotto la diretta supervisione del ministro fascista israeliano Itamar Ben-Gvir;

♦ L’ingiusto blocco aereo, marittimo e terrestre imposto alla Striscia di Gaza da 17 anni.

♦ L’espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania a un livello senza precedenti e la violenza quotidiana perpetrata dai coloni contro i palestinesi e le loro proprietà;

♦ I sette milioni di palestinesi che vivono in condizioni estreme nei campi profughi e in altre aree e che desiderano tornare nelle loro terre da cui furono espulsi 75 anni fa;

♦ La bancarotta della comunità internazionale e la complicità delle superpotenze dimostrata nell’impedire la creazione di uno stato palestinese;

Cosa ci si aspettava dal popolo palestinese dopo tutto questo? Che continuasse ad aspettare e a contare sull’impotenza delle Nazioni Unite? Oppure che prendesse l’iniziativa di difendere il popolo, le terre, i diritti e le sacralità palestinesi, sapendo che l’azione di difesa è un diritto sancito da leggi, norme e convenzioni internazionali!

Sulla base di quanto detto, l’Operazione Al-Aqsa Flood del 7 ottobre è stata un passo necessario e una risposta normale per affrontare tutte le cospirazioni israeliane contro il popolo palestinese e la sua causa. È stato un atto difensivo nel quadro della liberazione dall’occupazione israeliana, della rivendicazione dei diritti dei palestinesi e del cammino verso la liberazione e l’indipendenza, come hanno fatto tutti i popoli del mondo.


Secondo: Gli eventi dell’Operazione Al-Aqsa Flood e le risposte alle accuse israeliane

Alla luce delle accuse e delle affermazioni inventate da “Israele” sull’Operazione Al-Aqsa Flood del 7 ottobre e sulle sue ripercussioni, noi del Movimento di Resistenza Islamica – Hamas chiariamo quanto segue:

1. L’operazione Al-Aqsa Flood del 7 ottobre ha preso di mira i siti militari israeliani e ha cercato di arrestare i soldati del nemico per fare pressione sulle autorità israeliane affinché rilasciassero le migliaia di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane attraverso un accordo di scambio di prigionieri. Pertanto, l’operazione si è concentrata sulla distruzione della Divisione Gaza dell’esercito israeliano e i siti militari israeliani di stanza vicino agli insediamenti israeliani intorno a Gaza.

2. Evitare di fare del male ai civili, specialmente ai bambini, alle donne e agli anziani, è un impegno religioso e morale di tutti i combattenti delle Brigate Al-Qassam. Ribadiamo che la resistenza palestinese è stata del tutto disciplinata e impegnata nei valori islamici durante l’operazione e che i combattenti palestinesi hanno preso di mira solo i soldati dell’occupazione e coloro che portavano armi contro il nostro popolo. Allo stesso tempo, i combattenti palestinesi hanno cercato di evitare di danneggiare i civili, nonostante il fatto che la resistenza non possieda armi precise. Inoltre, se c’è stato qualche caso di attacco ai civili, è avvenuto accidentalmente e nel corso del confronto con le forze di occupazione.

Sin dalla sua fondazione nel 1987, il Movimento Hamas si è impegnato ad evitare danni ai civili. Dopo che il criminale sionista Baruch Goldstein, nel 1994, commise un massacro contro i fedeli palestinesi nella moschea di Abramo, nella città occupata di Hebron, il Movimento Hamas ha annunciato un’iniziativa per evitare che i civili fossero il bersaglio dei combattimenti da parte di tutte le parti, ma l’occupazione israeliana l’ha respinta e non ha rilasciato alcun commento in merito. Il Movimento Hamas ha anche ripetuto più volte questi appelli, ma l’occupazione israeliana è rimasta sorda e ha continuato a colpire e uccidere deliberatamente i civili palestinesi.

3. Forse si sono verificati alcuni errori durante l’attuazione dell’Operazione Al-Aqsa Flood, a causa del rapido collasso del sistema di sicurezza e militare israeliano e del caos provocato lungo le zone di confine con Gaza.

Come riferito da molti testimoni, il Movimento Hamas ha trattato in modo positivo e gentile tutti i civili che sono stati trattenuti a Gaza, e ha cercato fin dai primi giorni dell’aggressione di rilasciarli, come è avvenuto durante la tregua umanitaria di una settimana, in cui questi civili sono stati rilasciati in cambio della liberazione di donne e minori palestinesi dalle carceri israeliane.

4. Le affermazioni promosse dall’occupazione israeliana, secondo cui le Brigate Al-Qassam il 7 ottobre avrebbero preso di mira i civili israeliani, non sono altro che bugie e falsificazioni. La fonte di queste affermazioni è la narrazione ufficiale israeliana e nessuna fonte indipendente le ha provate. È noto che la narrazione ufficiale israeliana ha sempre cercato di demonizzare la resistenza palestinese, legalizzando al contempo la sua brutale aggressione a Gaza.

Ecco alcuni dettagli che vanno contro le accuse israeliane:

♦ I filmati girati quel giorno – il 7 ottobre – insieme alle testimonianze degli stessi israeliani che sono state rilasciate in seguito, hanno dimostrato che i combattenti delle Brigate Al-Qassam non hanno preso di mira i civili e che molti israeliani sono stati uccisi dall’esercito e dalla polizia israeliana a causa della loro confusione.

♦ È stata anche fermamente smentita la menzogna dei “40 bambini decapitati” dai combattenti palestinesi, e anche fonti israeliane hanno smentito questa menzogna. Purtroppo molte agenzie di stampa occidentali hanno fatto propria questa affermazione e l’hanno diffusa.

♦ L’ipotesi che i combattenti palestinesi abbiano commesso stupri ai danni di donne israeliane è stata pienamente smentita anche dal Movimento Hamas. Un rapporto del sito web Mondoweiss del 1° dicembre 2023, tra l’altro, ha affermato che non esistono prove di “stupri di massa” presumibilmente perpetrati da membri di Hamas il 7 ottobre e che Israele ha usato tale accusa “per soffiare sul fuoco del genocidio in corso a Gaza”.

♦ Secondo due rapporti del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth del 10 ottobre e del quotidiano Haaretz del 18 novembre, molti civili israeliani sono stati uccisi da un elicottero militare israeliano, in particolare quelli che si trovavano al festival musicale Nova vicino a Gaza, dove sono stati uccisi 364 civili israeliani. I due rapporti affermano che i combattenti di Hamas hanno raggiunto l’area del raduno senza alcuna conoscenza preventiva del festival, mentre l’elicottero israeliano ha aperto il fuoco sia sui combattenti di Hamas che sui partecipanti al festival. Lo Yedioth Ahronoth ha anche affermato che l’esercito israeliano, per prevenire ulteriori infiltrazioni da Gaza e per evitare la possibilità che degli israeliani venissero arrestati dai combattenti palestinesi, ha colpito oltre 300 obiettivi nelle aree circostanti la Striscia di Gaza.

♦ Altre testimonianze israeliane hanno confermato che i raid dell’esercito israeliano e le operazioni dei suoi soldati hanno ucciso molti prigionieri israeliani insieme ai loro carcerieri. L’esercito di occupazione israeliano ha bombardato le case degli insediamenti israeliani in cui si trovavano combattenti palestinesi e israeliani, in una chiara applicazione della famigerata “direttiva Hannibal” dell’esercito israeliano, che dice chiaramente “meglio un ostaggio civile o un soldato morto, piuttosto che uno preso vivo” per evitare di impegnarsi in uno scambio di prigionieri con la resistenza palestinese.

♦ Inoltre, le autorità di occupazione hanno rivisto il numero dei loro soldati e civili uccisi da 1.400 a 1.200, dopo aver scoperto che 200 cadaveri bruciati appartenevano ai combattenti palestinesi uccisi e mescolati con i cadaveri israeliani. Ciò significa che chi ha ucciso i combattenti è lo stesso che ha ucciso gli israeliani, sapendo che solo l’esercito israeliano possiede gli aerei militari che hanno ucciso, bruciato e distrutto le aree israeliane il 7 ottobre.

♦ I pesanti raid aerei israeliani su Gaza, che hanno portato alla morte di quasi 60 prigionieri israeliani, dimostrano anche che l’occupazione israeliana non si preoccupa della vita dei propri prigionieri a Gaza.

5. È anche un dato di fatto che alcuni coloni israeliani negli insediamenti intorno a Gaza erano armati e si sono scontrati con i combattenti palestinesi il 7 ottobre. Questi coloni sono stati registrati come civili, mentre in realtà erano uomini armati che combattevano a fianco dell’esercito israeliano.

6. Quando si parla di civili israeliani, bisogna sapere che la coscrizione si applica a tutti gli israeliani al di sopra dei 18 anni – i maschi che hanno prestato 32 mesi di servizio militare e le femmine che ne hanno prestati 24 – dove tutti possono portare e usare armi. Ciò si basa sulla teoria della sicurezza israeliana di un “popolo armato” che ha trasformato l’entità israeliana in “un esercito con annesso un paese”.

7. L’uccisione brutale di civili è un approccio sistematico dell’entità israeliana e uno dei mezzi per umiliare il popolo palestinese. L’uccisione di massa dei palestinesi a Gaza è una chiara prova di tale approccio.

8. Il canale di notizie Al Jazeera ha dichiarato in un documentario che in un mese di aggressione israeliana a Gaza, la media giornaliera di uccisioni di minori palestinesi a Gaza è stata di 136, mentre la media di minori uccisi in Ucraina – nel corso della guerra russo-ucraina – è stata di uno al giorno.

9. Coloro che difendono l’aggressione israeliana non guardano agli eventi in modo obiettivo, ma cercano di giustificare l’uccisione di massa dei palestinesi da parte di Israele dicendo che ci sarebbero state vittime tra i civili durante gli attacchi contro i combattenti di Hamas. Tuttavia, non userebbero tale ipotesi quando parlando dell’Al-Aqsa Flood del 7 ottobre.

10. Siamo fiduciosi che qualsiasi indagine equa e indipendente dimostrerà la verità della nostra narrazione e dimostrerà la portata delle bugie e delle informazioni fuorvianti da parte israeliana. Questo include anche le accuse israeliane relative agli ospedali di Gaza, secondo cui la resistenza palestinese li avrebbe usati come centri di comando; un’accusa che non è stata provata ed è stata smentita dai rapporti di molte agenzie di stampa occidentali.


Terzo: Verso un’indagine internazionale trasparente

1. La Palestina è uno Stato membro della Corte Penale Internazionale (CPI) e ha aderito allo Statuto di Roma nel 2015. Quando la Palestina ha chiesto di indagare sui crimini di guerra israeliani commessi nei suoi territori, si è trovata di fronte all’intransigenza e al rifiuto israeliano e alle minacce di punire i palestinesi per la richiesta alla CPI. È anche spiacevole menzionare che alcune grandi potenze, che affermano di essere portatrici di valori di giustizia, si sono completamente schierate con la narrativa dell’occupazione e si sono opposte alle mosse dei palestinesi nel sistema di giustizia internazionale. Queste potenze vogliono mantenere “Israele” come uno stato al di sopra della legge e vogliono assicurarsi che sfugga alle sue responsabilità.

2. Esortiamo questi Paesi, in particolare l’amministrazione statunitense, la Germania, il Canada e il Regno Unito, se intendono far prevalere la giustizia come sostengono, ad annunciare il loro sostegno al corso delle indagini su tutti i crimini commessi nella Palestina occupata e a dare pieno appoggio ai tribunali internazionali affinché svolgano efficacemente il loro lavoro.

3. Anche se è dubbio che questi Paesi vogliano dare il loro sostegno alla giustizia, esortiamo ancora il Procuratore della CPI e la sua équipe a recarsi immediatamente e con urgenza nella Palestina occupata per indagare sui crimini e le violazioni commessi in quel luogo, anziché limitarsi a osservare la situazione a distanza o a essere vincolati dalle restrizioni israeliane.

4. Nel dicembre 2022, quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiedeva il parere della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) sulle conseguenze legali dell’occupazione illegale dei territori palestinesi da parte di “Israele”, quei (pochi) Paesi che sostengono “Israele” hanno annunciato il loro rifiuto alla mossa che veniva invece approvata da quasi 100 Paesi. E quando il nostro popolo – e i suoi gruppi legali e per i diritti – hanno cercato di perseguire i criminali di guerra israeliani davanti ai tribunali dei paesi europei – attraverso il sistema della giurisdizione universale – i regimi europei hanno ostacolato queste mosse, preferendo che i criminali di guerra israeliani restassero liberi di muoversi.

5. Gli eventi del 7 ottobre devono essere inseriti in un contesto più ampio, ricordando tutti i casi di lotta contro il colonialismo e l’occupazione avvenuti nella nostra epoca. Queste esperienze di lotta dimostrano che allo stesso livello di oppressione commesso dall’occupante, corrisponde una risposta equivalente da parte del popolo occupato.

6. Il popolo palestinese e i popoli di tutto il mondo si rendono conto della portata delle menzogne e degli inganni che i governi che sostengono la narrazione israeliana praticano nel tentativo di giustificare la loro cieca parzialità e di coprire i crimini israeliani. Questi paesi conoscono le cause profonde del conflitto, che sono l’occupazione e la negazione del diritto del popolo palestinese a vivere dignitosamente nelle proprie terre. Questi paesi non mostrano alcuna preoccupazione per la continuazione dell’ingiusto blocco su milioni di palestinesi a Gaza, né per le migliaia di detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, tenuti in condizioni in cui i loro diritti fondamentali sono per lo più negati.

7. Salutiamo le persone libere del mondo, di tutte le religioni, etnie e origini, che si riuniscono in tutte le capitali e città del mondo per esprimere il loro rifiuto ai crimini e ai massacri israeliani e per mostrare il loro sostegno ai diritti del popolo palestinese e alla sua giusta causa.


Quarto: un promemoria per il mondo: chi è Hamas?

1. Il Movimento di Resistenza Islamica “Hamas” è un movimento islamico di liberazione nazionale e di resistenza palestinese. Il suo obiettivo è liberare la Palestina e affrontare il progetto sionista. Il suo quadro di riferimento è l’Islam, che ne determina i principi, gli obiettivi e i mezzi. Hamas rifiuta la persecuzione di qualsiasi essere umano o la compromissione dei suoi diritti per motivi nazionalistici, religiosi o settari.

2. Hamas afferma che il suo conflitto è con il progetto sionista e non con gli ebrei a causa della loro religione. Hamas non lotta contro gli ebrei perché sono ebrei, ma lotta contro i sionisti che occupano la Palestina. Tuttavia, sono i sionisti che identificano costantemente l’ebraismo e gli ebrei con il loro progetto coloniale e la loro entità illegale.

3. Il popolo palestinese si è sempre opposto all’oppressione, all’ingiustizia e ai massacri contro i civili, indipendentemente da chi li commette. E sulla base dei nostri valori religiosi e morali, abbiamo chiaramente pronunciata la nostra condanna di ciò a cui gli ebrei sono stati esposti dalla Germania nazista. Ricordiamo che il problema ebraico era essenzialmente un problema europeo, mentre l’ambiente arabo e islamico è stato – nel corso della storia – un rifugio sicuro per il popolo ebraico e per altri popoli di altre credenze ed etnie. L’ambiente arabo e islamico è stato un esempio di coesistenza, interazione culturale e libertà religiosa. Il conflitto attuale è causato dal comportamento aggressivo del sionismo e dalla sua alleanza con le potenze coloniali occidentali; pertanto, condanniamo chi sfrutta la sofferenza degli ebrei in Europa per giustificare l’oppressione contro il nostro popolo in Palestina.

4. Il Movimento Hamas, secondo le leggi e le norme internazionali, è un movimento di liberazione nazionale che ha chiari obiettivi e missione. La sua legittimazione a resistere all’occupazione deriva dal diritto palestinese all’autodifesa, alla liberazione e all’autodeterminazione. Hamas ha sempre voluto limitare la sua lotta e la sua resistenza all’occupazione israeliana nei territori palestinesi occupati, ma l’occupazione israeliana non ha rispettato lo stesso principio e ha commesso massacri e uccisioni contro i palestinesi al di fuori della Palestina.

5. Sottolineiamo che resistere all’occupazione con tutti i mezzi, compresa la resistenza armata, è un diritto legittimato da tutte le norme, dalle religioni divine, dalle leggi internazionali, comprese le Convenzioni di Ginevra con il primo protocollo aggiuntivo, e dalle relative risoluzioni delle Nazioni Unite, come la Risoluzione 3236 dell’Assemblea Generale ONU, adottata dalla 29a sessione dell’Assemblea Generale il 22 novembre 1974, che afferma i diritti inalienabili del popolo palestinese in Palestina, tra cui il diritto all’autodeterminazione e il diritto al ritorno alle “loro case e proprietà da dove sono stati espulsi, sfollati e sradicati”.

6. Il nostro tenace popolo palestinese e la sua resistenza stanno conducendo una battaglia eroica per difendere la loro terra e i loro diritti nazionali contro la più lunga e brutale occupazione coloniale. Il popolo palestinese sta affrontando un’aggressione israeliana senza precedenti che ha commesso atroci massacri contro i civili palestinesi, la maggior parte dei quali erano minori e donne. Nel corso dell’aggressione a Gaza, l’occupazione israeliana ha privato il nostro popolo di Gaza di cibo, acqua, medicine e carburante, sottraendogli così ogni mezzo di sopravvivenza. Nel frattempo, gli aerei da guerra israeliani hanno colpito selvaggiamente tutte le infrastrutture e gli edifici pubblici di Gaza, tra cui scuole, università, moschee, chiese e ospedali, in un chiaro segno di pulizia etnica volta a espellere il popolo palestinese da Gaza. Eppure, i sostenitori dell’occupazione israeliana non hanno fatto nulla, ma hanno lasciato che continuasse il genocidio contro il nostro popolo.

7. L’uso da parte dell’occupazione israeliana del pretesto dell’”autodifesa” per giustificare l’oppressione contro il popolo palestinese è un processo di menzogna, inganno e capovolgimento dei fatti. L’entità israeliana non ha il diritto di difendere i suoi crimini e la sua occupazione, ma è il popolo palestinese che ha il diritto di obbligare l’occupante a porre fine all’occupazione. Nel 2004, la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha emesso un parere consultivo nel caso riguardante le “Conseguenze Legali della Costruzione di un Muro nei Territori Palestinesi Occupati”, in cui si affermava che “Israele” – la brutale forza di occupazione – “non può invocare il diritto di autodifesa per costruire tale muro sul territorio palestinese”. Inoltre, Gaza, secondo il diritto internazionale, è ancora una terra occupata; quindi, le giustificazioni per l’aggressione a Gaza sono prive di fondamento e di capacità giuridica, e non hanno nulla a che vedere con l’idea dell’autodifesa.


Quinto: cosa serve?

L’occupazione è occupazione, indipendentemente da come si auto-descrive o si chiama, e rimane uno strumento per spezzare la volontà dei popoli e continuare a opprimerli. D’altra parte, le esperienze nella storia dei popoli e delle nazioni su come liberarsi dall’occupazione e dal colonialismo confermano che la resistenza è l’approccio strategico e l’unica via per la liberazione e la fine dell’occupazione. C’è mai stata una nazione che si è liberata dall’occupazione senza lottare, resistere o sacrificarsi?

Gli imperativi umanitari, etici e legali impongono a tutti i paesi del mondo di sostenere la resistenza del popolo palestinese e non di prestarsi contro di essa. Devono affrontare i crimini e le aggressioni dell’occupazione e sostenere la lotta del popolo palestinese per liberare le sue terre e praticare il suo diritto all’autodeterminazione come tutti i popoli del mondo. Su questa base chiediamo quanto segue:

1. La cessazione immediata dell’aggressione israeliana a Gaza, dei crimini e della pulizia etnica commessi contro l’intera popolazione di Gaza; l’apertura dei valichi e l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza, compresi gli strumenti per una ricostruzione.

2. Ritenere l’occupazione israeliana legalmente responsabile per ciò che ha causato di sofferenza umana nei confronti del popolo palestinese, e condannarla per i suoi crimini contro i civili, le infrastrutture, gli ospedali, le strutture educative, le moschee e le chiese.

3. Il sostegno della resistenza palestinese di fronte all’occupazione israeliana con tutti i mezzi possibili, come diritto legittimato dalle leggi e dalle norme internazionali.

4. Invitiamo i popoli liberi di tutto il mondo, in particolare quelle nazioni che sono state colonizzate e che si rendono conto delle sofferenze del popolo palestinese, a prendere posizioni serie ed efficaci contro le politiche di due pesi e due misure adottate dalle potenze che appoggiano l’occupazione israeliana. Invitiamo queste nazioni ad avviare un movimento di solidarietà globale con il popolo palestinese e a sottolineare i valori di giustizia e uguaglianza e il diritto dei popoli a vivere in libertà e dignità.

5. Le superpotenze, in particolare gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia, tra gli altri, devono smettere di fornire all’entità sionista una copertura dalle responsabilità e di trattare con essa come se fosse un paese al di sopra della legge. Questo comportamento ingiusto da parte di questi paesi ha permesso all’occupazione israeliana di commettere, per oltre 75 anni, i peggiori crimini di sempre contro il popolo, la terra e le cose sante palestinesi. Esortiamo i paesi di tutto il mondo, oggi più che mai, ad assumersi le proprie responsabilità nei confronti del diritto internazionale e delle relative risoluzioni delle Nazioni Unite che chiedono di porre fine all’occupazione.

6. Rifiutiamo categoricamente qualsiasi progetto internazionale o israeliano sul futuro di Gaza che serva solo a prolungare l’occupazione. Sottolineiamo che il popolo palestinese ha la capacità di decidere il proprio futuro e di organizzare i propri affari interni, e quindi nessuna parte del mondo ha il diritto di imporre una qualsiasi forma di tutela al popolo palestinese o di decidere per suo conto.

7. Esortiamo a opporsi ai tentativi israeliani di causare un’altra ondata di espulsioni – o una nuova Nakba – ai palestinesi, soprattutto nelle terre occupate nel 1948 e in Cisgiordania. Sottolineiamo che non ci sarà alcuna espulsione verso il Sinai o la Giordania o qualsiasi altro luogo, e se ci sarà un trasferimento dei palestinesi, sarà verso le loro case e le aree da cui sono stati espulsi nel 1948, come affermato da molte risoluzioni delle Nazioni Unite.

8. Chiediamo di mantenere la pressione popolare in tutto il mondo fino alla fine dell’occupazione; chiediamo di opporsi ai tentativi di normalizzazione con l’entità israeliana e di boicottare completamente l’occupazione israeliana e i suoi sostenitori.


HAMAS, Uffico Stampa

21 gennaio, 2024


Traduzione a cura di ASSOPACE PALESTINA

fonte: https://www.assopacepalestina.org/2024/01/22/il-documento-politico-ideologico-pubblicato-da-hamas-la-nostra-posizione-loperazione-al-aqsa-flood/ - 22 gen. 2024

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